Originale: The Independent

http://znetitaly.altervista.org

3 settembre 2016

 

I curdi siriani giurano di combattere fino alla morte per impedire che la Turchia ‘invada’ il loro territorio

di Patrick Cockburn

traduzione di Giuseppe Volpe

 

La dirigenza dei curdi siriani giura di difendere fino alla fine il loro stato de facto nel nord-est della Siria ma teme un crescente accordo tra i governi siriano e turco contro il separatismo curdo in un momento in cui il sostegno statunitense ai curdi sta vacillando.

In un’intervista esclusiva al The Independent un alto dirigente siriano curdo afferma che i curdi combatteranno sino alla morte per impedire alla Turchia di “invadere la regione” e parla di una possibile riconciliazione tra Ankara e Damasco sulla questione curda.

I curdi siriani, che sono stati gli alleati più efficaci degli Stati Uniti nella guerra contro l’ISIS in Siria, ora si vedono possibili vittime di un tradimento internazionale. Il sostegno statunitense all’intervento militare turco in Siria del 24 agosto e la richiesta che le Unità di Protezione Popolare curde siriane (YPG), che avevano appena catturato la città strategica di Manbij dall’ISIS dopo un assedio duramente combattuto, dovessero ritirarsi a est del fiume Eufrate, sono stati colpi duri per i curdi. Senza un sostegno statunitense sincero, sono vulnerabili ad attacchi da parte dei numerosi nemici che li circondano, in particolare la Turchia e forse, in futuro, il governo siriano.

Sihanouk Dibo, alto consigliere del leader curdo siriano Salih Muslim a Qamishli, la capitale curdo-siriana di fatto, afferma in un’intervista via e-mail che considera i combattimenti tra l’YPG e le forze del governo siriano nella capitale provinciale nord-orientale di Hasakah come un segno che Siria e Turchia sono sempre più dalla stessa parte quando si tratta dei curdi. Il 18 agosto l’aviazione siriana ha attaccato obiettivi YPG a Hasakah e dintorni per la prima volta in cinque anni di guerra. “Ciò che è successo a Hasakah non è un semplice conflitto locale, è una partita di potenze regionali”, dice Dibo. “Più precisamente, il governo siriano e la Turchia, anche se attualmente reciprocamente ostili, sono contro [qualsiasi forma di separatismo curdo, compresa l’autonomia locale]. Recentemente la Turchia ha lasciato intendere che potrebbe indirizzarsi a normalizzare le relazioni con [il presidente siriano Bashar al-] Assad. La risposta del governo siriano al suggerimento della Turchia è stata anch’essa un accenno a tornare alle relazioni esistenti prima del 2011, non mediante dichiarazioni bensì attraverso l’azione, cioè bombardando Hasakah”.

Dibo dice di dubitare che la Turchia abbia un piano coerente su come trattare i curdi siriani. Ritiene che un’invasione a tutto campo della regione curda fallirà a causa della resistenza curda e perché la Turchia non ha riflettuto a fondo su ciò che sta facendo e “agisce a casaccio”.

Osservatori stranieri ritengono che al riguardo i curdi siriani stiano individuando una cospirazione coordinata contro di loro che in realtà non esiste. Ma è indubbio che in agosto la dirigenza curdo-siriana, le cui forze hanno compiuto avanzate spettacolari sul campo dopo la vittoria nella battaglia per Kobani contro l’ISIS all’inizio del 2015 e quindi controllano una fascia della Siria settentrionale, erano in difficoltà su diversi fronti. I combattimenti a Hasakah sono arrivati dopo che le Forze Democratiche Siriane (SDF), la cui principale componente è il YPG, avevano catturato il 13 agosto Manbij, una cittadina situata strategicamente nella provincia settentrionale di Aleppo. Quattro giorni prima il presidente turco Recep Tayyip Erdogan aveva incontrato il presidente russo Vladimir Putin e pare avergli fatto accettare la prospettiva di un limitato intervento militare turco.

Nell’evento la Russia è stata sorprendentemente contenuta nelle sue reazioni all’iniziativa turca. Potrebbe essere che lo stesso successo della combinazione militare curdo-statunitense – 50.000 combattenti dell’YPG sul terreno sostenuti dalla massiccia potenza di fuoco dell’aviazione statunitense – abbia alienato la Russia. Il suo precedente motivo per appoggiare i curdi siriani era semplicemente che erano anti-turchi in un periodo di estrema ostilità tra Russia e Turchia dopo l’abbattimento del cacciabombardiere russo da parte di un caccia turco il 24 novembre dell’anno scorso. Una volta che Mosca e Ankara si erano riconciliate, i russi avevano meno bisogno dei curdi.

I curdi possono aver avuto troppo successo per il loro stesso bene. La loro vittoria a Manbij e l’avanzata delle forze guidate dall’YPG a nord in direzione della città di Jarabulus tenuta dall’ISIS sul confine siriano e a ovest verso l’enclave curda di Afrin sono state passi troppo in là per parecchi nella moltitudine di potenze oggi coinvolte nel conflitto siriano. Il complesso mosaico di alleanze traballanti, intese tacite, rivalità profondamente radicate e ostilità di lungo corso ha cominciato ad avere una svolta. Dibo dice che è significativo che l’attacco delle forze armate siriane a Hasakah “sia arrivato dopo la liberazione di Manbij e la riconciliazione tra Turchia e Russia”.

Per quanto complicato sia tutto ciò, la storia vera di ciò che è avvenuto è persino più confusa. I curdi siriani, i tanto elogiati alleati degli USA e della comunità internazionale contro l’ISIS, non hanno apprezzato – e gli statunitensi probabilmente non hanno chiarito di proposito – che ci fossero limiti alla protezione statunitense dall’intervento turco sul terreno. Così era scritto dalla primavera del 2015, ma è stato ritardato da dubbi statunitensi riguardo al progetto e dalla decisione russa di punire la Turchia alla prima occasione per l’abbattimento del suo aereo.

I combattimenti a Hasakah, una città curdo-araba vicina ai campi petroliferi del nord-est della Siria, sono iniziati per motivi locali. La città è prevalentemente tenuta dall’YPG che ha combattuto l’ISIS in una combinazione con milizie filogovernative siriane e soldati siriani, ma le relazioni tra le due parti erano sempre state tese. Gli scontri sono iniziati tra le milizie e la polizia curda Asayish. L’esercito siriano ha appoggiato le milizie con armi pesanti e l’YPG ha contrattaccato con successo e ha circondato la città. L’aviazione siriana ha allora bombardato obiettivi YPG, uccidendo numero civili curdi mentre altri abbandonavano la città.

Per più di un anno l’esercito siriano aveva collaborato ad Aleppo e altrove contro l’ISIS e l’opposizione siriana armata, ma entrambe le parti hanno ora rapidamente amplificato la loro ostilità profondamente sentita ed eterna. Dibo dice che i curdi vogliono semplicemente un sistema federale decentrato che dia loro autonomia mentre il governo è una “dittatura tradizionale” che ha attuato dozzine di massacri. Dice che i due schieramenti non potranno mai essere alleati, anche se entrambi combattono l’ISIS.

La guerra in Siria è stata piena di “momenti decisivi” e di “eventi di svolta” che risultano essere di significato molto minore di quanto era stato supposto. Il conflitto sanguinario prosegue ininterrotto. Ma l’intervento militare turco di dieci giorni fa sta cambiando i rapporti tra gli antagonisti nella guerra, con l’opposizione ai curdi e l’alleanza curdo-statunitense che hanno un ruolo maggiore.

Shadi Ahmed, un analista politico ed economico di Damasco, concorda che le regole sul campo del conflitto siriano stanno avendo una svolta. Dice: “La Turchia ha ora cominciato a capire di aver adottato e sostenuto l’ISIS al fine di indebolire il governo siriano. Ma ora questo sta avendo un contraccolpo in Turchia perché una Siria più debole significa che i curdi sono più forti”. Egli sostiene che “il fattore curdo” sta riducendo le tensioni tra Russia, Turchia, Iraq e Iran, che credono tutti che qualsiasi cosa dicano i leader curdi in qualsiasi parte della regione riguardo all’autonomia e al federalismo, quello che vogliono in pratica è uno stato indipendente.

Ahmed indica che Turchia e Russia hanno modificato il loro linguaggio reciproco. La Turchia ha sempre affermato che l’YPG e i governanti dell’enclave curda nel nord della Siria sono semplicemente il ramo siriano del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) contro il quale lo stato turco conduce una guerra sin dal 1984. Ma è stato solo di recente che l’esercito siriano si è riferito alle forze curde come al “PKK”. Per parte loro i leader turchi stanno mettendo meno enfasi sull’allontanamento di Assad come precondizione per finire la guerra. Ma Ahmed dice di essere sicuro che Erdogan non smetterà di sostenere e rifornire l’opposizione armata in Siria, circa l’80 per cento della quale è sotto il suo controllo ed è una delle carte principali nel conflitto.

Ci sono così tanti giocatori internazionali nelle molteplici crisi e scontri combattuti in Siria che lo spazio di progresso – e persino di manovra – di ciascuno è limitato. L’ISIS spererà che così tanti paesi e parti nel conflitto perseguano i loro privati interessi, fingendo di combattere i jihadisti, che l’ISIS continuerà a sopravvivere. I curdi siriani non hanno quasi altra scelta che continuare con la loro alleanza con gli USA e sperare che gli statunitensi non li abbandonino del tutto – pur indubbiamente torcendosi parecchio le mani – alla Turchia o a un qualche futuro governo siriano.

Dibo dice che nonostante il sostegno statunitense a un limitato intervento turco e il ritiro dell’YPG a est dell’Eufrate, gli attacchi dell’YPG contro l’ISIS non saranno ridotti. Quanto a un attacco alla capitale siriana dell’ISIS, Raqqa, dice che “liberare Raqqa è un obiettivo strategico del SDF e dei suoi alleati [YPG]” che faranno del loro meglio per conquistare la città, anche se sarebbe più difficile dopo l’intervento turco.

Dibo non lo dice, ma il pericolo per i due milioni di curdi siriani è di essere isolati, a parte l’incostante e largamente militare rapporto con gli USA. Quanto alla Turchia può essersi resa una protagonista importante in Siria mediante il suo intervento militare, ma non ha risolto il suo problema fondamentale. Ha fermato l’espansione curda a ovest, ma nel nord della Siria esiste uno stato curdo de facto che sarà d’ispirazione e rifugio per la minoranza curda sotto attacco in Turchia. Considerato che la Turchia ha scelto una soluzione militare al suo problema curdo in patria, può solo sperare di vincere là sconfiggendo anche i curdi siriani oltre confine. I turchi possono scoprire di essere simili agli statunitensi in Vietnam mezzo secolo fa, che intervennero in Cambogia solo per scoprire di aver esteso la guerra anziché terminarla. Il caleidoscopio politico in Siria muta, ma guardando attraverso esso la prospettiva è ancora di altra guerra.

 


Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/syrian-kurds-vow-to-fight-to-the-death-to-stop-turkey-invading-their-territory/

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