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12/12/2016

 

L'esercito di Assad controlla Aleppo, lo Stato islamico riprende Palmira

 

Recuperato il 90% dei territori del settore orientale. In meno di un mese l’offensiva governativa ha annichilito la resistenza dei ribelli. Centinaia i civili uccisi, oltre 130mila gli sfollati. Sulla città patrimonio Unesco torna la minaccia jihadista. Inutile finora la risposta di Mosca e Damasco. 

 

Questa mattina l’esercito siriano ha strappato alle opposizioni un altro grande quartiere del settore orientale di Aleppo, nella zona a sud-est della metropoli; con questo successo i soldati lealisti hanno recuperato ormai circa il 90% dei territori a est, per anni nelle mani delle milizie ribelli e della galassia jihadista. Come riferiscono fonti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani (Osdh), ong con base a Londra e una fitta rete di informatori sul territorio, le forze fedeli al presidente Bashar al Assad hanno annesso anche il quartiere di Cheikh Saïd al termine di una giornata di feroci combattimenti. 

In meno di un mese, l’offensiva lanciata dall’esercito governativo, sostenuto dai raid aerei russi e da combattenti sciiti iraniani e libanesi di Hezbollah, ha annichilito la resistenza delle forze ribelli. 

Prima della guerra Aleppo era la seconda città per importanza della Siria, oltre che il suo principale motore economico e commerciale. Dal 2012 era divisa in due settori: occidentale, dove vivono 1,2 milioni di persone, sotto il controllo del governo; la zona orientale, circa 250mila persone, nelle mani delle milizie ribelli e di gruppi jihadisti.

Per tutta la notte missili e razzi hanno colpito i quartieri ribelli, provocando vittime anche fra la popolazione. Da 15 novembre scorso, data di inizio dell’offensiva ad Aleppo est, sono morti 413 civili; di contro, il lancio di razzi e mortai da parte dei ribelli sul settore occidentale ha ucciso 139 persone, anch’esse in larga maggioranza civili. 

L’escalation dei combattimenti rischia di trasformare la città in un “gigantesco cimitero” e ha originato una fuga di massa della popolazione. Solo nelle ultime 24 ore almeno 10mila civili hanno abbandonato il settore orientale della metropoli, portando a circa 130mila il numero degli sfollati complessivi dall’inizio dell’offensiva governativa. 

Se, ad Aleppo, i lealisti sembrano ormai avviati alla riunificazione della città sotto la bandiera del presidente Assad, a Palmira - uno dei simboli della devastazione jihadista in Siria - dopo nove mesi fanno di nuovo capolino le milizie dello Stato islamico. I jihadisti hanno ripreso il controllo dell’antica città, mentre le truppe governative si stanno radunando in periferia per preparare la controffensiva.

Talal Barazi, governatore di Homs, riferisce che i soldati “stanno facendo di tutto per impedire ai terroristi di riorganizzarsi” e stabilire un controllo duraturo sull’area. Tuttavia, secondo diversi esperti e analisti gli uomini del Califfato avrebbero approfittato dell’offensiva su Aleppo per guadagnare terreno a Palmira, tanto in città quanto nelle vicine rovine patrimonio Unesco, battendo casa per casa alla ricerca di persone legale al presidente Assad. 

Il 10 dicembre scorso i jihadisti hanno riassunto il controllo dell’area e a poco sono serviti i bombardamenti delle ultime ore, lanciati dai caccia russi a sostegno dell’esercito siriano. Lo SI ha risposto con fuoco di artiglieria e attacchi suicidi compiuti da kamikaze. Nei 10 mesi di occupazione del sito di Palmira, patrimonio Unesco con duemila anni di storia alle spalle, Daesh [acronimo arabo per lo SI] ha distrutto molti monumenti e antichità e giustiziato il direttore delle antichità. La zona riveste un’importanza strategica per i miliziani a causa dei numerosi giacimenti di petrolio presenti nel sottosuolo.

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