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29/12/2016

 

Putin: raggiunto l’accordo per il cessate il fuoco fra Damasco e i ribelli

 

Il presidente russo conferma l’accordo fra il regime siriano e l’opposizione armata. Firmati tre documenti, la tregua parte alla mezzanotte di oggi e riguarda “tutto il territorio”. Esclusi lo Stato islamico e altri gruppi jihadisti. Mosca e Ankara rilanciano i colloqui di pace ad Astana. Ma resta irrisolto il nodo sul futuro politico di Assad.  

 

Il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato oggi il raggiungimento dell’accordo per il cessate il fuoco in Siria fra il governo di Damasco e i gruppi di opposizione armata. “Sono stati firmati tre documenti” ha spiegato il numero uno del Cremlino, il primo dei quali “è fra il governo siriano e l’opposizione armata” e comprende “tutto il territorio siriano”. Il leader russo ha precisato infine che gli altri due documento vertono sui “negoziati di pace” in programma per le prossime settimane. Intanto l’esercito lealista annuncia “una fine totale delle operazioni militari” che dovrebbe entrare in vigore dalla mezzanotte di oggi. Esclusi dalla tregua lo Stato islamico e gli altri gruppi jihadisti, fra cui l’ex Fronte di al Nusra. 

Turchia e Russia lavorano da tempo per il raggiungimento di un cessate il fuoco su scala nazionale in Siria prima dell’inizio del nuovo anno. Lo ha confermato questa mattina il ministro turco degli Esteri Mevlut Cavusoglu, che rilancia gli impegni presi dalle due cancellerie - su fronti opposti nello scacchiere siriano - per la fine del conflitto quinquennale. La tregua potrebbe entrare in vigore “in qualunque momento”, ha aggiunto l’alto funzionario di Ankara, anticipando di qualche ora l’annuncio ufficiale di Putin. 

Ieri l’agenzia di Stato turca Anadolu ha annunciato un accordo fra Ankara e Mosca per una tregua generale in Siria. Il ministro turco ha anche rilanciato, in caso di successo della tregua, l’idea di colloqui di pace ad Astana, in Kazakhstan, fra i rappresentanti del presidente siriano Bashar al-Assad e il fronte dell’opposizione.

Egli ha infine chiarito che questi dialoghi non intendono oscurare o competere con lo sforzo diplomatico delle Nazioni Unite, che prevede per il nuovo anno ulteriori colloqui di pace “indiretti” fra i due fronti a Ginevra, in Svizzera, sotto l’egida Onu. Colloqui che, in passato, non hanno sortito alcun effetto duraturo e non hanno fermato una guerra che ha causato centinaia di migliaia di vittime e milioni di sfollati, generando una gravissima crisi umanitaria.  

“Non è una alternativa a Ginevra - ha dichiarato Cavusoglu - ma un passo complementare. E i colloqui ad Astana saranno la nostra supervisione” anche se, al momento, non vi è una lista ufficiale di Paesi e personalità chiamate a intervenire. Tuttavia, a dispetto delle dichiarazioni di facciata è sempre più evidente il tentativo di spostare il baricentro in cui si gioca la partita siriana dall’Europa (e dagli Stati Uniti) all’Oriente, nel cuore dell’Asia. 

In questo gioco incrociato di colloqui e alleanze, la Russia dovrebbe fungere da “garante” per il governo siriano, così come la Turchia verrebbe a ricoprire il medesimo ruolo per il fronte opposto dei ribelli. Ciò è un ulteriore passo in avanti nelle relazioni diplomatiche e strategiche fra Mosca e Ankara, dopo un periodo di forti tensioni seguite all’abbattimento di un caccia russo al confine fra Turchia e Siria nel novembre dello scorso anno. 

Le condizioni dell’accordo per il cessate il fuoco dovranno essere sottoposte alle parti in guerra; inoltre, secondo l’agenzia turca sarebbero esclusi i “gruppi terroristi”. Dal fronte russo viene confermata l’intenzione di collaborare con le autorità di Ankara per una pace duratura in Siria, i cui dettagli dovrebbero essere discussi durante l’incontro ad Astana. 

Ai colloqui è prevista anche la partecipazione dell’Iran, alleato del presidente siriano Assad; di contro, Teheran ha posto il veto alla partecipazione di Arabia Saudita e Qatar (vicini all’opposizione e ai gruppi ribelli, comprese alcune milizie jihadiste), caldeggiata in queste ore dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Secondo il presidente turco i due Paesi hanno dato prova di “buona volontà e sostegno” nei confronti della Siria.  

Secondo il ministro iraniano della Difesa Hossein Dehghan, Riyadh va esclusa dai negoziati per la sua insistenza [in analogia con la posizione turca] nel chiedere la cacciata di Assad, che andrebbe escluso dal futuro processo di transizione politica del Paese. Per Teheran, invece, Assad è il legittimo presidente e deve poter partecipare alle prossime elezioni se intende candidarsi. 

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