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14 Marzo 2016

 

Siria: Putin ritira le truppe, ma le basi restano

 

Mossa a sorpresa del presidente russo mentre a Ginevra riprendono i negoziati.

 

Un'autentica mossa a sorpresa. 

Così Vladimir Putin ha ordinato il ritiro della «maggior parte» delle forze russe dalla Siria, motivando la decisione con l'intento di facilitare i negoziati ripresi a Ginevra tra governo e opposizioni.

Negoziati che l'inviato speciale dell'Onu, Staffan de Mistura, ha definito come «il momento della verità», mentre il cessate il fuoco è arrivato inaspettatamente al 17esimo giorno.

Il ritiro russo comincerà il 15 marzo, quinto anniversario dell'inizio della spaventosa spirale di violenza che ha messo in ginocchio il Paese.

 

«OBIETTIVI RAGGIUNTI».

Il capo del Cremlino, citato dalle agenzie russe, ha detto che «gli obiettivi sono stati raggiunti», le forze russe hanno «creato le condizioni per far iniziare il processo di pace» e ora il loro ritiro può essere «una buona motivazione per dare inizio ai negoziati politici tra le forze del Paese». Putin ha informato della decisione in una conversazione telefonica il presidente siriano Bashar al Assad, il quale gli avrebbe assicurato di «essere pronto a iniziare il processo politico il più presto possibile».

 

RAID CONTRO IL TERRORISMO.

Ma intorno al significato della decisione dello 'zar' rimangono alcuni dubbi. Primo perché Mosca non ha mai ammesso il dispiegamento di truppe sul terreno, bensì solo di forze aree impegnate dal 30 settembre scorso in raid per quello che è stato sempre presentato come l'obiettivo dell'operazione, la lotta al terrorismo. E l'Isis, escluso dal cessate il fuoco in vigore dal 27 febbraio, rimane padrone di vaste regioni, tra cui quella di Palmira, dove le forze governative stanno avanzando proprio con l'appoggio dei bombardamenti russi. In secondo luogo, rimarrà operativo, insieme alla base navale di Tartus, l'aeroporto russo di Hemeimeem, nella provincia di Latakia, da cui partono i raid.

 

NEGOZIATI RIPRESI A GINEVRA.

Intanto una delegazione del regime siriano ha incontrato a Ginevra de Mistura nella prima giornata del nuovo round negoziale. Governo e opposizione sono giunti nella città svizzera per riprendere separatamente con l'inviato dell'Onu le trattative che erano state sospese il 3 febbraio a causa di un'offensiva governativa nel Nord sostenuta da massicci bombardamenti russi. «Non c'è nessun 'piano B'» - ha avvertito de Mistura - «Se falliscono le trattative si torna alla guerra, che sarà peggiore di prima». Ma il percorso da affrontare è lungo e accidentato perché, ha sottolineato ancora de Mistura, «la vera questione da affrontare, la madre di tutte le questioni, è la transizione politica». E su questo le posizioni restano molto distanti.

 

CRUCIALE IL RUOLO DI ASSAD.

Dopo il primo incontro con de Mistura, l'ambasciatore siriano all'Onu Bashar al Jaafari, che guida la delegazione di Damasco, ha detto che il colloquio è stato «positivo e costruttivo» e che le due parti torneranno a vedersi tra due giorni. Prima di allora, il rappresentante dell'Onu incontrerà la delegazione delle opposizioni, denominata Alto consiglio per i negoziati (Hnc). Ma nessuno si nasconde che lo scoglio contro il quale rischiano di infrangersi i negoziati è il ruolo di Assad nel futuro del Paese, di cui non a caso non hanno parlato Putin e il rais nella loro telefonata. De Mistura insiste sulla necessità di tenere elezioni presidenziali entro i prossimi 18 mesi. Le opposizioni pretendono l'uscita di scena del capo del regime, mentre la delegazione governativa ribadisce che le trattative devono procedere senza «precondizioni». Inoltre, a pesare sul percorso negoziale è l'assenza delle forze curde che controllano vaste regioni nel Nord della Siria e che la Russia ha chiesto inutilmente di far sedere al tavolo delle trattative.

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