The Independent

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6 aprile 2016

 

Sono di Palmira e dico che Asad non è meglio dell’Isis

Testimonianza raccolta da Matt Broomfeld

Traduzione di Claudia Avolio

 

Mi chiamo Muhammad al Khatib e sono nato e cresciuto a Palmira. Ho frequentato l’università a Homs, ma quando si è iniziato a vociferare di un movimento rivoluzionario, sapevo che sarei dovuto tornare nella mia città.

All’inizio della rivoluzione con i miei amici abbiamo istituito il Coordinamento di Palmira, in pratica un gruppo che coordinasse e conducesse le manifestazioni pacifiche per la libertà. La situazione però è presto andata fuori controllo. Le forze di sicurezza nella città non erano in grado di tenere a bada la rivoluzione che andava crescendo, né di contenere l’ondata di proteste. Decine di manifestanti sono stati uccisi nel corso dei loro tentativi.

Dopo mesi di proteste il regime di Asad ha dispiegato un enorme arsenale composto da circa 50 carri armati e tremila soldati per prendere il controllo della città. Quando Palmira è stata presa d’assalto dall’Esercito siriano, è stato chiaro per me e alcuni dei miei amici che dovevamo andarcene.

Dopo sei giorni però siamo stati catturati e fatti prigionieri da un gruppo di circa 30 soldati nella campagna circostante.

Inutile dirlo: siamo stati maltrattati da questi soldati. Ci hanno preso a schiaffi e picchiato e poi trasferito in un braccio di sicurezza a Palmira per iniziare il nostro interrogatorio. Il peggio doveva ancora venire.

Durante l’interrogatorio abbiamo assistito a ogni tipo di violenza. Forse il lato più ironico di tutta la storia è che ci hanno accusato di prendere parte a manifestazioni e proteste che erano state esclusivamente pacifiche.

L’interrogatorio non è finito lì. Sono stato mandato alla sezione della Sicurezza n° 291 a Damasco, dove ho visto con i miei occhi una miriade di metodi di tortura. Sembrava una situazione senza scampo. Ma dopo sette mesi, contro ogni aspettativa, il regime mi ha rilasciato.

Quando sono tornato a Palmira era cambiato tutto. Sentivo di non poter restare in città e di non essere più al sicuro ormai. Era impossibile sapere se o quando sarei stato di nuovo messo in prigione dal regime. Alla fine ho deciso di lasciare la città e di partire per la Turchia con dei contrabbandieri.

L’Isis ha preso d’assalto Palmira nel maggio 2015, dopo che me n’ero andato e avevo il cuore a pezzi. Sapevo che ciò avrebbe implicato altra tirannia e altra ingiustizia a scapito della mia gente. Com’era prevedibile, una volta entrato in città, l’Isis ha iniziato ad applicare le sue rigide politiche. Per dirla in poche parole: è proibito tutto. Chiunque violi le regole arbitrarie dell’organizzazione viene severamente punito oppure ucciso.

È dura la vita sotto il controllo dell’Isis ed è diventata ancora più dura quando Asad ha iniziato a bombardare la città. Perché Asad dichiara di bombardare l’Isis, ma in realtà la maggior parte delle sue vittime sono civili. Dopo mesi di bombardamenti, la maggior parte degli abitanti di Palmira era fuggita nel nord e l’est della Siria. Secondo l’Osservatorio siriano, c’erano meno di cento civili ancora nella città quando è stata risottratta all’Isis.

Anche ora che Palmira a quanto pare è stata liberata per mano dei soldati di Asad, c’è poca speranza che i civili sfollati tornino a casa. Hanno troppa paura delle forze di Asad e delle milizie a lui collegate. Molti hanno espresso il timore che i gruppi legati al regime li accusino di aver collaborato con l’Isis e di conseguenza li puniscano, come hanno fatto altrove in Siria.

Asad sostiene di aver lanciato questa campagna per proteggere i siriani e liberare il sito patrimonio dell’umanità dall’Isis, ma le sue bombe hanno distrutto della città e delle sue preziose rovine tanto quanto l’Isis.

Noi, gente di Palmira, consideriamo sia l’Isis che Asad dei criminali. Entrambi compiono crimini contro l’umanità, uccidono innocenti e distruggono città e monumenti storici. Entrambi con il loro operato fanno fuggire centinaia di migliaia di cittadini innocenti. Entrambi imprigionano, torturano e uccidono attivisti politici come me.

Palmira non è stata liberata. È solo passata da una tirannia all’altra.

Il nostro messaggio all’occidente e alla comunità internazionale è questo: non siate ciechi davanti ai crimini di Asad. Così come sanzionate l’Isis, dovete sanzionare in egual misura anche il regime di Asad. È lui il cuore del problema in Siria, e sia lui che l’Isis sono i nemici della gente comune siriana.

 

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