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16 luglio 2016

 

Erdogan e il mistero del volo ignorato dai golpisti

di Claudio Gerino

 

Il presidente, subito dopo la notizia del tentato golpe, s'è imbarcato sul Gulfstream governativo e per ore ha volato nel nord della Turchia prima di tornare a Istanbul. Trasponder acceso, individuabilissimo, ma i caccia degli insorti l'hanno ignorato

 

Altro che fuga verso la Germania, Londra, Teheran o il Qatar. L'aereo presidenziale con a bordo Erdogan, decollato da Bodrum all'1.43, dopo la notizia del tentativo di golpe, ha volato per ore sui cieli a nord ovest della Turchia con tanto di trasponder acceso e identificativo internazionale. A lungo ha girato in tondo sopra Gonen e Biga prima di dirigersi, poco prima delle 3.30, verso Istanbul. E dall'aereo presidenziale Erdogan ha potuto lanciare l'appello via smartphone e FaceTime ai cittadini turchi affinché scendessero in piazza contro i golpisti, dall'aereo presidenziale ha diretto e governato la controffensiva delle forze speciali a lui fedeli. Il tutto con tanto di Gps acceso, confermando appunto che si trovava proprio a bordo del suo Gulfstream 4 (numero volo TK8456, sigla di registrazione TC-ATA, mode s-code 4B8681), identificato come velivolo appartenente al governo turco e notoriamente utilizzato da Erdogan. 

 

Certo, non è escluso che durante quelle ore Erdogan abbia tentato di mettersi in contatto con le autorità tedesche o con quelle britanniche per garantirsi comunque un possibile esilio all'estero, ma il dato di fatto è che - contrariamente alle voci diffusesi nella notte - l'aereo presidenziale non ha mai abbandonato i cieli turchi. Ed è stato sempre ben visibile ai radar militari e civili.

 

Eppure, i caccia F-16 turchi in mano ai golpisti e tutta l'aviazione militare di Ankara hanno praticamente "ignorato" il volo, nonostante fossero stati spediti elicotteri e aerei a bombardare la residenza presidenziale a Bodrum, pochi minuti dopo la fuga di Erdogan.

 

Questi particolari, emersi dalle analisi dei tracciati di volo diffusi sul sito "Flightradar 24" - che contemporaneamente confermava la sostanziale chiusura dello spazio aereo turco e la presenza di numerosi velivoli militari in azione sui cieli di Ankara - portano a possibili ipotesi.

 

La prima è che Erdogan, nonostante il golpe in atto, aveva una certa sicurezza di non essere direttamente nel mirino immediato dei militari che hanno organizzato il colpo di stato. La seconda è che - pur essendo l'aviazione militare turca in parte coinvolta nel putsch - non ci sia stata la volontà di colpire direttamente il presidente o quantomeno quella di voler attendere gli sviluppi, forse sperando in una fuga all'estero del leader o in una sua resa.

 

Altro elemento che emerge da questo volo ormai non più misterioso sui cieli turchi è che Erdogan è potuto rientrare a Istanbul in piena sicurezza. Istanbul e non Ankara dove ancora elicotteri e jet militari dei golpisti stavano sparando sulla popolazione scesa in piazza o bombardando il palazzo presidenziale. Dai tracciati radar non emerge se l'aereo presidenziale, ad un certo punto, sia stato scortato da velivoli militari rimasti fedeli a Erdogan (i caccia turchi che operavano nei cieli in quelle ore avevano tutti i trasponder spenti), né che altri aerei di scorta, forse di altre nazionalità, abbiano protetto il presidente in quelle ore trascorse prima di poter affermare che il golpe era fallito.

 

Un dato di fatto è che, dopo quei lunghi cerchi sopra i cieli del nord ovest turco, il Gulfstream 4 ha preso direttamente la rotta verso Istanbul, senza manovre diversive o seguendo corridoi aerei non "segnati" dai radar. C'è stato solo un momento, durante la lenta discesa verso Istanbul, in cui è sembrato che l'aereo presidenziale potesse cambiare rotta, ma non per fuggire all'estero, ma per dirigersi verso Ankara. Poi, mentre seguiva una rotta parallela all'aeroporto di Istanbul sul Mar di Marmora, il velivolo ha effettuato una virata di 90 gradi a sinistra e si è diretto senza esitazioni verso lo scalo della città turca da dove poi Erdogan ha di nuovo parlato, in conferenza stampa, alla popolazione.

 

Sarebbe interessante sapere se in quelle ore sui cieli turchi erano presenti altri aerei militari di nazionalità diverse, anche se gli americani hanno sempre precisato che la base aerea messa a disposizione da Erdogan per i velivoli Usa impegnati nelle operazioni in Siria è

 

rimasta in "stand by" e in "piena sicurezza". Ma probabilmente non si saprà mai se Erdogan sia stato protetto in qualche modo da altri paesi della Nato o dagli Stati Uniti, prima di poter affermare con sicurezza che i golpisti erano stati sconfitti.

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