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18 luglio 2016

 

Il mistero del volo notturno di Erdogan

di Luca Peluzzi

 

Nella notte fra venerdì e sabato, fra tutte le notizie che giungevano dalla Turchia, le più incerte riguardavano le intenzioni e gli spostamenti di Erdogan. Il presidente turco infatti, appena appresa la notizia del tentativo di golpe, si è imbarcato sul Gulfstream governativo per scongiurare attacchi diretti da parte dei ribelli. Appena decollato sono però iniziate a rimbalzare notizie che lo vedevano prima in volo verso la Germania, poi verso Londra, ed infine diretto a Teheran o nel Qatar. Quali erano le vere intenzioni di Erdogan?

Quel che è certo è il fatto che l’aereo presidenziale fosse assolutamente rintracciabile sui cieli turchi. Il Gulfstream 4 (numero volo TK8456, sigla di registrazione TC-ATA, mode s-code 4B8681), velivolo del governo turco utilizzato notoriamente da Erdogan, aveva trasponder e GPS accesi, risultando così tracciabile dai radar civili e militari. L’aereo è decollato da Bodrum, località dove si trova una residenza presidenziale di Erdogan, all’1.43 orario turco, ma ha continuato a volare sull’area nord ovest dei cieli turchi per tutta la durata del tentativo di golpe. Ciò è infatti confermato dal tracciato dell’aereo diffuso dal sito Flightradar 24, come si può vedere in questo video del Dailymail.

Il Gulfstream presidenziale ha girato a lungo in tondo sopra Gonen e Biga prima di dirigersi, quando le forze lealiste avevano ripreso il controllo della situazione, verso Istanbul, dove è atterrato acclamato dai suoi sostenitori. Essendo come detto facilmente rintracciabile, è possibile ammettere che i caccia F-16 turchi in mano ai golpisti hanno ignorato deliberatamente il volo, nonostante fossero attivi in altre parti del paese, in particolare sulla capitale Ankara e a Bodrum, dove hanno colpito la residenza presidenziale quando però Erdogan era già fuggito. Probabilmente il Presidente sapeva che, senza una situazione chiara a loro vantaggio, i golpisti non si sarebbero spinti fino al punto di abbattere l’aereo presidenziale, forse nella speranza che Erdogan ammettesse prima la resa o cercasse rifugio in qualche Paese estero. Un’altra ipotesi è poi che l’aereo fosse scortato da velivoli militari rimasti fedeli al Presidente, o addirittura da aerei di Paesi alleati, circostanza che non è stato possibile confermare poiché tutti i caccia operanti sui cieli turchi avevano invece il trasponder spento.

Chiariti perciò i reali spostamenti di Erdogan, cosa è possibile affermare sulle presunte richieste di asilo politico da parte di Erdogan? All’ora turca 1.26, come affermato da iNews24 in questo tweet, fonti del Dipartimento della Difesa Americano avrebbero comunicato che Erdogan, vedendosi negati i diritti per atterrare all’aeroporto Ataturk di Istanbul, avrebbe richiesto asilo politico in Germania.

Nel momento in cui la Germania ha respinto la richiesta, dall’aereo presidenziale sembra sia partita analoga richiesta alla Gran Bretagna, poiché fonti militari del Qatar hanno subito smentito che Erdogan si fosse rivolto al loro Paese. Un’ipotesi assai remota, diffusa da questo tweet di RaiNews, vedeva poi l’aereo in volo verso lo scalo romano di Ciampino.

 

 

Questa notizia non è però stata confermata da nessuna fonte ed è parsa da subito infondata.

Il giallo però si apre guardando ai tempi con cui sono state date queste notizie. Come detto inizialmente, visti i tracciati del Gps, l’aereo presidenziale non sarebbe decollato prima dell’1.43-1.46 (fuso orario turco). Come faceva il Pentagono a segnalare che l’aereo era in volo e a conoscere le intenzioni di Erdogan 20 minuti prima del decollo? Altre fonti parlano poi del fatto che alcune ambasciate fossero state avvertite dell’imminente tentativo di golpe, che anche Erdogan si fosse già preparato a questa evenienza? Certamente il Presidente, vista l’incertezza della situazione, dal suo aereo presidenziale deve avere cercato di contattare alleati e altri Paesi in cerca di rifugio, ma probabilmente non sapremo mai se egli sia stato in qualche modo protetto o aiutato da altri Paesi dell’aerea Nato e dagli Stati Uniti, prima che la mobilitazione popolare ribaltasse l’esito del golpe.

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