Il Manifesto

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28 gen 2016

 

Chiesto l’ergastolo per i giornalisti Can Dündar e Erdem Gül

di Chiara Cruciati

 

Questa la pena chiesta dal procuratore di Istanbul. Accusa: spionaggio e tentato golpe. In Siria kurdi estromessi dal negoziato dopo il diktat di Erdogan, mentre le opposizioni prendono tempo.

 

Roma, 28 gennaio 2016, Nena News –

 

Quanto temuto potrebbe diventare realtà: il procuratore del tribunale di Istanbul ha presentato ieri l’incriminazione per i giornalisti turchi Can Dündar e Erdem Gül. Raccolta di documenti segreti per fini di spionaggio militare e politico, tentativo di rovesciare il governo e deliberato sostegno al terrorismo: queste le accuse che pesano sui due reporter. Rischiano il carcere a vita, tanto ha chiesto il procuratore turco.

Rispettivamente direttore del quotidiano Cumhuriyet e caporedattore dell’ufficio di Ankara, la “colpa” di Dündar e Gül è aver fatto il proprio mestiere. A maggio pubblicarono un articolo, corredato di relative prove, nel quale mostravano il tentativo di scambio intercorso tra i servizi segreti turchi e presunti membri dello Stato Islamico. Un camion che sarebbe dovuto passare dalle mani dell’intelligence di Ankara a quelle degli islamisti era stato fermato e perquisito dalla gendarmeria turca a sud del paese all’inizio del 2014 ed era apparentemente pieno di armi.

A denunciare i due giornalisti è stato lo stesso presidente Erdogan: «Chi ha scritto la storia pagherà un prezzo alto». Quel prezzo è stato consegnato ieri, dal secondo braccio del sistema repressivo turco, la magistratura, ai due giornalisti in prigione da fine novembre.

A poco serviranno le proteste delle organizzazioni per i diritti umani, tra cui Human Rights Watch che ieri ha criticato aspramente la decisione del tribunale. Serviranno a poco perché manca la denuncia degli alleati della Turchia, i governi occidentali, che si nascondono dietro deboli condanne per poi stendere tappeti rossi ai piedi di Erdogan. Tappeti foderati con tre miliardi di euro (quelli promessi da Bruxelles ad Ankara perché si tenga i rifugiati siriani) e con l’accettazione a testa bassa dei diktat turchi sul negoziato siriano.

Lo si è visto chiaramente martedì quando l’Onu ha recapitato gli inviti al tavolo previsto per domani a Ginevra: fuori il Pyd, il Partito dell’Unione Democratica rappresentante dei kurdi di Rojava. Ankara aveva minacciato di boicottare il dialogo se i delegati kurdi fossero stati presenti. Poco dopo, arrivava la denuncia di Saleh Muslim, co-presidente del Pyd: «Non abbiamo ricevuto nessun invito».

Ieri in mattinata è giunta la conferma per bocca del ministro degli Esteri francese Fabius: «Il Pyd causava i problemi maggiori e de Mistura mi ha detto di non averli invitati», il laconico commento di Fabius alla radio France Culture. Immediata la reazione kurda: non riconosceremo i risultati del negoziato se non ne saremo parte, ha detto Abd Salam Ali, rappresentante del Pyd in Russia.

Benzina sul fuoco la getta un diplomatico francese rimasto anonimo: i kurdi – ha detto – non sono considerati opposizione ad Assad. Eppure sono la più valida opposizione allo Stato Islamico, relegato in un angolo del negoziato come non fosse una delle ragioni che dovrebbero spingere la Siria alla pacificazione.

A monte sta il rinnovato potere turco, derivante dall’emergenza rifugiati, spauracchio della fortezza-Europa, e dall’uso in chiave anti-Mosca che di Ankara sta facendo la Nato. Suona così ancora più ridicolo il tentativo in calcio d’angolo dell’Onu di spegnere le tensioni: ieri Khawla Mattar, portavoce dell’inviato Onu per la Siria de Mistura, ha detto che solo siriani si siederanno al tavolo, escludendo quindi l’eventuale partecipazione di una delegazione turca come paventato dal ministro degli Esteri di Ankara Cavusoglu. La Turchia ci sarà comunque, dietro le quinte, come ci sarà l’Arabia saudita impegnata in questi giorni a indebolire il negoziato usando a spada tratta le opposizioni al presidente Assad.

L’Hnc, l’Alto Comitato per i Negoziati, ombrello delle opposizioni nato a Riyadh a dicembre, dopo giorni trascorsi a minacciare un boicottaggio del dialogo, ieri ha affondato il colpo: voleremo a Ginevra, hanno detto, solo se saranno rispettate determinate precondizioni. La fine degli assedi governativi e lo stop dei raid russi, che però secondo Mosca hanno come target l’Isis. Diversa l’opinione del fronte anti-Assad che li ritiene diretti ai ribelli. Per questo, in una lettera a de Mistura e al segretario generale Onu Ban Ki-moon, l’Hnc chiede rassicurazioni in merito alla fine dei bombardamenti prima di sciogliere la riserva.

Ginevra traballa ancora. Se anche si arrivasse al dialogo, è difficile immaginare il raggiungimento di un risultato positivo. Damasco, accettato l’invito in Svizzera, non parla finendo per apparire come l’unica interessata alla pace. Nena News

 

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Gen 28th, 2016

 

Chiesto l’ergastolo per i giornalisti che scrissero dei traffici dalla Turchia ai jihadisti siriani

di Emanuel Garavello

 

La Procura di Istanbul ha chiesto la condanna all’ergastolo per il direttore e il caporedattore del quotidiano di opposizione laica Cumhuriyet. Can Dundar ed Erdem Gul sono accusati di aver rivelato segreti di stato in seguito alla pubblicazione di un’inchiesta che fornirebbe le prove di un presunto traffico di armi tra il governo turco e la Siria. Prima di dare inizio al processo, il tribunale dovrà approvare la richiesta della Procura.

Nell’imputazione resa pubblica ieri la Procura chiede la condanna a due ergastoli e 30 anni di reclusione per ciascun giornalista. Una linea dura di solito riservata per i crimini più violenti, come l’omicidio. Tale accusa, oltre a far riflettere sullo stato della libertà d’espressione in Turchia, ha sollevato le critiche della comunità internazionale. “Siamo assolutamente sicuri che Can Dundar ed Erdem Gul, nel pubblicare l’inchiesta, stavano semplicemente svolgendo il loro lavoro di giornalisti” ha commentato la rappresentante turca di Human Rights Watch, Emma Sinclair Webb.

Anche il Vice-Presidente USA, Joe Biden, ha sottolineato come il trattamento “non sia il giusto esempio che deve essere dato”.

Delegati di organizzazioni come l’International Press Institute (Ipi), il Comitato per la Protezione dei Giornalisti (Cpj) e Reporter Senza Frontiere (Rsf) hanno dimostrato la loro solidarietà a Dundar e Gul all’esterno del carcere di Istanbul. Le autorità turche non hanno permesso ai rappresentanti di entrare per far visita ai due giornalisti.

Can Dundar ed Erdem Gul sono stati arrestati il 26 novembre scorso. Dopo 40 giorni di isolamento, sono stati trasferiti entrambi nel carcere Silivri a Istanbul. Pochi mesi prima, il quotidiano Cumhuriyet aveva pubblicato un’inchiesta in cui venivano mostrate alcune foto che dimostrerebbero un consistente scambio di armi alla frontiera tra la Turchia e la Siria. Le foto erano state scattate nel gennaio 2014 da alcuni militari addetti al controllo alle frontiere, e ritraggono un convoglio di camion scortato dai servizi dell’intelligence turca (Mit). Il governo smentì le accuse, sottolineando che i camion non contenessero armi ma piuttosto “aiuti umanitari”. I militari autori delle foto sono stati a loro volta incriminati di spionaggio.

Il governo di Erdogan è stato più volte accusato di fornire armamenti ai gruppi jihadisti attivi in Siria e di lasciare aperte sul proprio territorio le “autostrade della jihad”. Le rivelazioni misero in forte imbarazzo il presidente Recep Tayyp Erdogan, che commentò l’accaduto con una minaccia: “E’ un segreto di stato. Chi ha scritto quest’articolo la pagherà cara”.

Le accuse di oggi dimostrano l’intenzione del presidente turco di voler mantenere la parola data. Secondo la Procura, Dundar e Gul sono incriminati per aver “ottenuto e rivelato segreti di stato ai fini di spionaggio”, con l’intento di rovesciare in modo violento il governo di Ankara, nonché di far parte di una “organizzazione terroristica armata”.

Can Dundar, oggi al suo sessantatreesimo giorno di carcere secondo Cumhuriyet, non ha smesso di scrivere per il suo giornale. Nel suo ultimo editoriale attacca Erdogan di voler sopprimere a tutti i costi i dissidenti, censurando qualsiasi critica alla sua politica.

“Solo al ‘capo’ è permesso parlare, tutti dovrebbero lodarlo e non una singola obiezione dovrebbe essere sollevata”, scrive. “Anche se dovessimo pagare il prezzo più duro, noi continueremo a dire e scrivere la verità”.

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