New Eastern Outlook

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20/12/2016

 

L’omicidio dell’Ambasciatore russo: una rappresaglia

di Tony Cartalucci 

Traduzione di Alessandro Lattanzio

 

Pochi giorni dopo la liberazione di Aleppo, l’ambasciatore russo in Turchia Andrej Karlov veniva assassinato mentre parlava a una galleria d’arte nella capitale turca Ankara. Il bandito, identificato come un ex-poliziotto, ha fatto il gesto familiare usato dalle organizzazioni terroristiche che operano in Siria, Jabhat al-Nusra e autoproclamato “Stato islamico”, gridando, secondo il Guardian: “Non dimenticate Aleppo. Non dimenticate la Siria. A meno che le nostre città siano sicure, non sarà possibile avere sicurezza. Solo la morte mi può prendere. Tutti i coinvolti in questa sofferenza la pagheranno”. L’omicidio coincideva con un presunto incidente presso l’ambasciata USA ad Ankara, spiegata dall’ambasciata come “sparo”, forse in riferimento all’assassinio. I giornali occidentali, tuttavia, come Daily Mail, UK Express e The Sun hanno tentato di ritrarre lo sparo come un altro incidente. Sarebbe un deliberato tentativo di ritrarre gli Stati Uniti vittima assieme alla Russia, per sviare i sospetti dagli Stati Uniti. L’assassinio avviene giorni dopo che gli Stati Uniti avevano promesso una “rappresaglia” contro la Russia. Il presidente Barack Obama, politici ed esperti, così come senatori degli Stati Uniti, la settimana passata promisero la “rappresaglia” contro la Russia per il presunto “pirataggio” delle elezioni presidenziali degli Stati Uniti. Tali minacce hanno luogo tra le sempre più ampie accuse sgangherate di politici ed esperti occidentali frustrati nell’attuare la propria agenda globale contro una Russia che riemerge e una Cina in ascesa. The Guardian nell’articolo pubblicato questa settimana, “Barack Obama promette ritorsioni contro la Russia per l’hackeraggio nelle elezioni degli Stati Uniti“, dice: “Barack Obama avverte che gli Stati Uniti si vendicheranno degli attacchi informatici russi durante le elezioni presidenziali. In un’intervista alla National Public Radio, il presidente degli Stati Uniti ha detto che attende la relazione finale ordinata su una serie di attacchi hacker russi, promettendo una risposta. “Credo che non vi sia alcun dubbio che quando qualsiasi governo straniero cerca d’influenzare l’integrità delle nostre elezioni… dobbiamo agire“, ha detto Obama. “E lo faremo, nel momento e nel luogo di nostra scelta. “Alcuni saranno espliciti e pubblicizzati; altri no”. Articoli come quello dell’International Business Times, “Quali saranno le ritorsioni degli USA contro l’hackeraggio della Russia? Vi sono 6 mosse possibili”, riassumono l’elenco delle possibili ritorsioni, tra cui: “Attacco informatico a reti o infrastrutture russe; diffondere informazioni dannose su Vladimir Putin; colpire conti offshore; diffondere malware nelle reti spiate dei russi; interferire con sanzioni economiche nella politica russa”. Tuttavia, molti analisti, anche dei circoli della politica estera degli Stati Uniti, notano che la capacità degli Stati Uniti di reagire con “attacchi informatici” contro la Russia sarebbe inutile, arrivando anche a galvanizzare il popolo russo a fianco del Cremlino. Il New York Times, in un articolo intitolato, “Obama affronta la complessità dell’utilizzo del potente cyberarsenale contro la Russia“, nota: “Ma se Obama ha promesso di “mandare un messaggio chiaro alla Russia” quale punizione e deterrente, alcune opzioni sono state respinte come inefficaci, ed altre come troppo rischiose. Se le scelte fossero migliori, osserva uno degli aiutanti coinvolti nel dibattito, il presidente avrebbe agito ora”. Con ogni probabilità, un tentativo di “contrattacco informatico” finirebbe in un’ulteriore umiliazione ed isolamento dei circoli dirigenti degli Stati Uniti.

 

Cui bono?

L’assassinio a sangue freddo dell’ambasciatore russo in Turchia, tuttavia, è una “rappresaglia”, molto efficace non solo del ruolo della Russia nel controbilanciare l’influenza dei media occidentali, minando efficacemente il monopolio occidentale della percezione pubblica globale, ma anche per confondere gli obiettivi geopolitici degli USA nel Medio Oriente, in particolare in Siria e nella liberazione di Aleppo. L’assassinio, un crimine e anche atto di guerra, comunque è stato apparentemente commesso da un militante di organizzazioni terroristiche armate, addestrate e finanziate da Stati Uniti ed alleati regionali come Arabia Saudita, Qatar e Turchia. E nonostante ciò, se gli Stati Uniti ne sono coinvolti, sarà difficile dimostrarlo. Ed anche se viene dimostrato, sarebbe difficile convincere l’opinione pubblica globale che gli Stati Uniti siano passati dal considerare pubblicamente “benigni attacchi informatici”, la settimana passata, ad assassinare un diplomatico straniero. Al di là del semplice “invio del messaggio”, come i politici statunitensi volevano fare, mina anche i presunti progressi compiuti tra Ankara e Mosca sul ruolo turco nella guerra per procura in corso in Siria. L’assassinio blocca tali progressi e minaccia di cancellare quelli faticosamente realizzati dall’abbattimento turco dell’aereo russo sulla Siria nel novembre 2015. Mentre non c’è ancora una prova disponibile sull’assassinio, gli Stati Uniti, con le minacce pubbliche e ripetute a Mosca di ritorsioni, di per sé diventano uno dei sospetti principali del brutale assassinio. Considerando il ruolo degli Stati Uniti nel creare, armare, finanziare e dirigere i terroristi nella regione, da anni, ne sono responsabili indirettamente per lo meno.

 

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