Originale: The Independent

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2 febbraio  2016

 

La guerra civile siriana: la Turchia potrebbe puntare su un’invasione?

di Patrick Cockburn

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Un mese prima che la Turchia abbattesse un bombardiere russo che è accusato di essere entrato nel suo spazio aereo, l’intelligence militare russa aveva avvertito il Presidente Vladimir Putin che questo era un piano turco. Dei diplomatici esperti di quegli avvenimenti dicono che Putin abbia ignorato l’avvertimento, probabilmente perché non credeva che la Turchia avrebbe rischiato di provocare la Russia affinché assumesse  un impegno più intenso nella guerra siriana.

In quel caso, il 24 novembre dello scorso anno, un F-16 turco ha abbattuto un bombardiere russo, uccidendo uno dei piloti, in un attacco che aveva tutte i segnali di essere un tranello ben pianificato. La Turchia dichiarò che stava reagendo all’aereo russo che era entrato nel suo spazio aereo per 17 secondi, ma che i caccia turchi fecero tutti gli sforzi di nascondersi volando a bassa quota, e sembra che fossero in missione speciale per distruggere il velivolo russo.

L’abbattimento –il primo di un aereo russo a opera di una potenza della NATO fin dalla  Guerra di Corea – è importante perché mostra quanto lontano si spingerà la Turchia per mantenere la sua posizione nella guerra che sta infuriando sul lato meridionale del suo confine con la Siria, lungo 885 chilometri. E’ un  avvenimento molto notevole oggi, perché, fra due mesi, la Turchia affronterà sviluppi militari nella Siria settentrionale che pongono una minaccia molo più grave per i suoi interessi che la breve incursione nel suo spazio aereo, anche se Ankara ha rinnovato le sue rimostranze per una nuova violazione russa avvenuta venerdì.

La guerra siriana è in una fase cruciale. Nello scorso anno, i Curdi siriani e il loro esercito molto valido, le Unità di Protezione del Popolo (YPG), hanno conquistato oltre metà della frontiera con la Turchia. La principale linea di rifornimenti per lo Stato Islamico (Isis) attraverso il passaggio di confine di Tal Abyad a nord di Raqqa, è stato preso dalle YPG lo scorso giugno. Appoggiati  da intensi bombardamenti dell’aviazione militare statunitense, i Curdi hanno continuato ad avanzare in tutte le direzioni, isolando la Siria settentrionale dalla Turchia nella striscia di territorio tra il Tigri e l’Eufrate.

Le YPG devono percorrere ancora circa 95 km., a ovest di Jarabulus, sull’Eufrate, per isolare le linee di rifornimento dell’Isis e quelle dell’opposizione non armata all’Isis, attraverso Azzaz, fino ad Aleppo. La Turchia aveva detto che la sua “linea rossa” è che non ci dovrebbe essere nessun attraversamento per le YPG a ovest del fiume Eufrate, anche se non ha reagito quando il “delegato”  arabo delle YPG, cioè le Forze Democratiche Siriane (SFD) hanno preso la diga a Tishrin sull’Eufrate, e hanno minacciato la roccaforte dell’IS a Manbij. I Curdi siriani  stano ora considerando se osare di prendere il territorio strategico a nord di Aleppo e collegarlo con un’ enclave turca ad Afrin.

Gli sviluppi nei prossimi mesi forse determineranno chi saranno nel lungo termine, i vincitori e i perdenti nella regione per decenni. Le forze del Presidente Bashar al-Assad stanno avanzando su vari fronti sotto l’ombrello della Russia. La campagna di Damasco durata 5 anni, del presidente della Turchia Erdogan, per rovesciare Assada a Damasco, appoggiando l’opposizione armata, sembra  essere vicina alla sconfitta.

La Turchia potrebbe rispondere  a questo accettando il fatto compiuto, ammettendo che per lei è difficile mandare il suo esercito nella Siria settentrionale di fronte alle forti obiezioni da parte degli Stati Uniti e della Russia. Se, però, l’alternativa è il fallimento e l’umiliazione, allora potrebbe proprio farlo. Gerard Chaliand, l’esperto francese di guerre irregolari e di politica del Medio Oriente, parlando la settimana scorsa a Erbil, ha detto che “se non ci fosse  Erdogan come leader, direi che i turchi non interverrebbero militarmente [nella Siria settentrionale], ma dato che Erdogan è il capo, penso che interverranno.”

Erdogan ha la fama di alzare la posta in gioco, come ha fatto l’anno scorso quando non riuscì a ottenere una maggioranza parlamentare nella prima delle due elezioni. Aveva tratto vantaggio da un nuovo scontro con i Curdi turchi e dalla frammentazione dei suoi oppositori per vincere un seconda elezione in novembre. L’intervento militare diretto in Siria sarebbe rischioso, ma il Signor  Challiand crede che la Turchia “sia in grado di farlo militarmente e che non sarà  scoraggiata dalla Russia”. Naturalmente non sarebbe facile. Mosca ha aeroplani in cielo e missili anti-aerei a terra, ma Putin probabilmente ha una chiara idea dei limiti di un impegno militare della Russia in Siria.

Omar Sheikhmous, un anziano leader curdo siriano che vive in Europa, dice che i Curdi siriani dovrebbero rendersi conto che i Russi e il governo siriano non andranno in guerra con l’esercito turco per loro.” Avverte che il partito politico curdo che governa, cioè il PYD, non dovrebbe esagerare la sua forza, perché la reazione del presidente turco Erdogan è imprevedibile.

Altri leader curdi credono che l’intervento turco sia improbabile e che, se  doveva   esserci stato, si sarebbe avuto prima dell’abbattimento del jet russo. Quel fatto ha portato la Russia a rafforzare la sua potenza aerea in Siria e ad assumere un atteggiamento molto più  ostile verso la Turchia, dando pieno appoggio all’avanzata nella zona nord di  Latakia e intorno ad Aleppo.

Per il momento, i Curdi siriani stano ancora decidendo che cosa dovrebbero fare. Sanno che il loro quasi-stato, noto come Rojava, è stato in grado di espandersi a velocità esplosiva perché gli Stati Uniti avevano bisogno di una forza di terra per agire in collaborazione con la sua campagna aera contro l’Isis. I bombardieri russi e americani, in tempi diversi, hanno appoggiato l’avanzata delle SDF verso Manbij. Sulla caotica scacchiera della crisi siriana, in questo momento i Curdi hanno gli stessi nemici che ha l’Esercito siriano, ma sanno che la loro posizione durerà soltanto quanto durerà la guerra.

Se non ci sarà alcun intervento turco di portata significativa, allora Assad e i suoi alleati vinceranno perché l’intervento potenziat russo, iraniano di Hezbollah libanese ha fatto pendere la bilancia in loro favore. La troika degli stati regionali sunniti – Arabia Saudita, Qatar e Turchia, finora non è riuscita a rovesciare Assad appoggiando l’opposizione armata siriana.

Il loro entusiasmo per fare questo è in crisi. L’Arabia Saudita ha una dirigenza volubile, è coinvolta in ina guerra in Yemen, e il prezzo del petrolio può restare a 30 dollari al barile. Le azioni del Qatar in Siria sono ancora più incalcolabili. “Non possiamo mai immaginare le politiche del Qatar,” ha detto un osservatore del Golfo, pieno di frustrazione. Un commentatore più caustico, a Washington, aggiunge che “La politica estera del Qatar è un progetto di vanità,” paragonandolo al desiderio del Qatar di comprare edifici storici  all’estero oppure ospitare la Coppa del Mondo di calcio in patria.

Nella politica siriana e irachena quasi tutti finiscono per sovrastimare la loro forza, confondendo un vantaggio transitorio con un successo irreversibile. Questo è stato vero nel caso di una grande potenza come gli Stati Uniti in Iraq nel 2003, di una mostruosa potenza come Isis nel 2014, e di una piccola potenza come i Curdi siriani nel 2016. Uno dei motivi per cui l’Iran, finora, ne è uscito bene nella lotta per questa parte di Medio Oriente, è che gli iraniani si sono mossi con cautela e passo dopo passo.

La Turchia è l’ultima potenza regionale che potrebbe invertire la tendenza degli eventi in Siria con un aperto intervento militare, uno sviluppo che non può essere    ignorato, dato che il confine tra Siria e Turchia sta venendo progressivamente isolato.      Ma, tranne questo, però, il conflitto è diventato così internazionalizzato che soltanto gli Stati Uniti e la Russia sono in grado di portarlo a una conclusione.

 


Patrick Cockburn è autore di : The Rise of the Islamic State: ISIS and the New Sunni Revolution [L’ascesa dello Stato Islamico: ISIS e la nuova rivoluzione sunnita].


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

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Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/syrian-civil-war-coould-turkey-be-gambling-on-an-invasion

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