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Lunedì 13 febbraio 2017

 

Diritti umani, l’africa regredisce

di Marco Cochi

 

Garanzie costituzionali ignorate, repressione violenta degli oppositori, impunità crescente e corruzione. L’ultimo rapporto dell’organizzazione Human Rights Watch evidenzia il degrado dello stato di diritto in molti paesi africani, mettendo in guardia il mondo dal pericolo dei populismi.

 

Nella sua lettera introduttiva all’ultimo rapporto annuale di Human Rights Watch (Hrw), il direttore dell’ong newyorchese Kenneth Roth, mette in guardia dal pericolo che l’insorgere di una nuova generazione di populismi autoritari rappresenta per l’assetto mondiale. Specificando che la retorica populista si concentra sui migranti, verso i quali vengono fatte ricadere le colpe di governi presenti e passati.

Lo studio, volto a monitorare la situazione del rispetto dei diritti umani in più di novanta paesi, ovviamente focalizza la disamina anche sulle realtà africane, che negli ultimi trent’anni hanno contribuito in maniera significativa all’accelerazione dei flussi migratori, citati nell’introduzione di Roth.

Hrw rileva che in Africa un preoccupante numero di presidenti hanno esteso o in alcuni casi direttamente rimosso il limite dei mandati governativi. In altri, invece, le proteste sono state represse con il sangue, mentre emerge che i governi africani tendono ad assicurare l’impunità penale di alte autorità ricercate o imputate per crimini contro l’umanità.

Di conseguenza, lo scorso ottobre, tre paesi africani hanno annunciato la volontà di ritirarsi dalla Corte penale internazionale (Cpi). Le tre nazioni in questione: Burundi, Gambia e Sudafrica, sono emblematiche nel fotografare su vari livelli il contesto africano del rispetto dei diritti umani, che troppo spesso è ancora negato, specialmente alle fasce più deboli e più povere della popolazione.

Nel Burundi, la crisi politica innescata nell’aprile 2015 dalla decisione del presidente Pierre Nkurunziza di ricandidarsi, in spregio alla Costituzione, per un terzo mandato, ha scatenato una dura repressione nei confronti degli oppositori.

Le forze di sicurezza e dei servizi segreti, spesso in collaborazione con i membri della Lega giovanile del partito di governo, meglio conosciuti come imbonerakure, si sono resi colpevoli di molti omicidi, sparizioni, abusi, rapimenti, torture, stupri e arresti arbitrari. Mentre i gruppi armati dell’opposizione hanno effettuato numerosi attacchi e ucciso membri del partito di governo.

In Sudafrica, la tutela dei diritti umani è molto più consolidata rispetto a tanti altri Stati africani. Tuttavia, il report sottolinea che si è erosa la fiducia dell’opinione pubblica nella volontà del governo di affrontare le violazioni dei diritti umani, la corruzione e il rispetto dello stato di diritto.

L’esecutivo del presidente Zuma non è riuscito a garantire che mezzo milione di bambini affetti da disabilità abbiano accesso all'istruzione di base. Inoltre, i gruppi per la salvaguardia dei diritti umani hanno espresso preoccupazione per il fallimento del governo nello sviluppo di una strategia nazionale per combattere l’alto tasso di violenza contro le donne e l’elevato tasso di sottostima dei casi di stupro. 

L’insediamento in Gambia del nuovo presidente Adama Barrow, avvenuto lo scorso 26 gennaio dopo che il suo predecessore Yahya Jammeh è stato costretto a lasciare il paese sotto le pressioni dell’Ecowas, ha riportato la speranza per una migliore garanzia del rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto nel piccolissimo paese africano.

Jammeh aveva assunto il potere nel 1994 con un colpo di stato e il suo governo aveva immagazzinato una lunga esperienza nel ricorso a sparizioni forzate, torture, intimidazioni e arresti arbitrari per mettere a tacere le voci di opposizione.

Il nuovo presidente ha dichiarato la volontà di mantenere il Gambia all’interno della Cpi e sarebbe auspicabile che anche il Sudafrica e altri paesi chiave del continente ritornino sulla loro decisione di voler abbandonare il Tribunale dell’Aja.

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