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Mercoledì 24 maggio 2017

 

Aumentano i popoli in fuga

di Marco Cochi

 

Un recente, autorevole rapporto, fotografa la drammatica situazione degli sfollati nel pianeta, di cui l’Africa detiene il primato mondiale: ogni secondo una persona abbandona la propria casa per cercare rifugio altrove, in fuga da conflitti, persecuzioni o per la mancanza di cibo dovuta ai cambiamenti climatici. Una tendenza, questa, in costante aumento.

 

Il nuovo Rapporto globale sugli sfollati interni (Grid 2017) risultato di uno sforzo congiunto del Centro di monitoraggio dei trasferimenti forzati interni (Idmc) e dal Consiglio norvegese dei rifugiati (Nrc) è un documento che dovrebbe farci riflettere sulla spietatezza e la disperazione del nostro mondo.

I dati e le analisi in esso contenute sono fondamentali per la realizzazione di processi di sviluppo e di politica umanitaria globale e regionale, relativi al contenimento del numero di sfollati interni, che l’ex Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon aveva annunciato di voler ridurre del 50% entro il 2030.

Dai risultati dello studio emergono tutte le enormi difficoltà che rifugiati e sfollati interni devono affrontare e l’enorme massa numerica di persone, che lo scorso anno è stata sradicata dal loro paese d’origine a causa di conflitti e disastri. Più di 31 milioni di persone, praticamente una ogni secondo, un dato destinato a crescere in maniera costante se non verranno affrontate le cause, come il cambiamento climatico e l’instabilità politica, che sono all’origine del fenomeno.

Nel 2016, sono state costrette a fuggire da conflitti e violenze circa 6,9 milioni di persone, riscontrando un calo del 20%, rispetto alle stime 2015. Un decremento riconducibile a un ridotto numero di nuovi trasferimenti interni segnalati in Iraq, Siria e Yemen.

 

Africa in testa 

L’infausto primato del maggior numero di rifugiati quest’anno è detenuto dall’Africa sub-sahariana, dove 2,6 milioni di esseri umani, pari al 38% delle stime totali, hanno dovuto cercare un rifugio di fortuna per sopravvivere.

La dura realtà si è manifestata in maniera accentuata anche in Medio Oriente e Nord Africa, che insieme hanno prodotto 2,1 milioni di rifugiati, pari al 30,7% del totale complessivo.

Dei dieci paesi con il più alto numero di sfollati causati dalle guerre, ben quattro sono africani: Nigeria, Sud Sudan, Sudan e Repubblica democratica del Congo. Quest’ultimo è stato il paese che nel solo 2016 ha registrato un picco di 922.000 nuovi sfollati in fuga dal conflitto nel Nord e nel Sud Kivu e dalla recrudescenza degli scontri nelle province centrali e meridionali di Tanganyika, Kasai, Kasai orientale, Ituri e Uele. Qui, in alcuni casi, le persone sono state costrette a spostarsi più di una volta, provocando un aumento del fenomeno superiore del 50% rispetto alle stime del 2015.

Inoltre, dal 2003, il Congo Kinshasa compare ininterrottamente sulla lista Idmc, insieme a Sud Sudan e Sudan. Una lunga permanenza che evidenzia come in assenza di supporto agli sfollati, il trasferimento tende a trascinarsi per decenni.

Nel corso del 2016, in Nigeria sono stati segnalati più di 500mila nuovi sfollati in fuga dalle violenze commesse dai miliziani radicali islamici di Boko Haram e dalle operazioni militari dell’esercito di Abuja.

In particolar modo, ad essere colpiti prioritariamente dal fenomeno sono gli stati nord-orientali di Borno, Adamawa and Yobe, dove molte persone sono ancora intrappolate negli scontri.

Anche l’aggravarsi della crisi umanitaria in Sud Sudan ha prodotto più di 281mila nuovi trasferimenti, alcuni in aree considerate in precedenza stabili. A dicembre, una persona su quattro è stata costretta a fuggire dalla propria casa, dopo che i nuovi scontri scoppiati nel luglio 2016 hanno provocato un’escalation del conflitto sud-sudanese.

Interessante infine osservare che, a differenza dei rifugiati, che cercano asilo in altri paesi, gli sfollati interni (Idp) che restano nel proprio paese non possono beneficiare di protezione internazionale. Per questo motivo, gli Idp sono spesso trascurati fino a quando le crisi umanitarie si riversano oltre confine.

 

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