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Giovedì 17 agosto 2017

 

I kamikaze? Soprattutto donne e bambini

di Marco Cochi

 

Uno studio rivela un drastico cambio di rotta del movimento jihadista nigeriano Boko Haram che negli ultimi tre anni ha spinto un numero sempre maggiore di donne e adolescenti ad immolarsi in attentati suicidi.

 

La maggior parte degli attentatori suicidi utilizzati dai terroristi di Boko Haram sono donne e bambini, lo rivela un nuovo report realizzato dal Combating Terrorism Center dell’Accademia militare di West Point.

Jason Warner e Hilary Matfess, i due ricercatori che hanno condotto lo studio, hanno esaminato i 238 attacchi suicidi effettuati dal gruppo estremista nigeriano dall’11 aprile 2011 al 30 giugno 2017, scoprendo che nel compimento di tutte queste azioni sono stati impiegati 434 kamikaze, che hanno colpito 247 obiettivi.

Secondo la relazione, Boko Haram ha infranto gli stereotipi demografici che caratterizzano un kamikaze, diventando il primo gruppo terroristico della storia ad usare più donne (il 56%) che uomini nei suoi attentati suicidi.

Una serie di dati significativi emerge dai 134 attentatori per i quali è stato possibile stimare l’età: 53 sono stati identificati come adulti, 53 come adolescenti e 28 come bambini, testimoniando come il gruppo affiliato allo Stato islamico sia «tragicamente all’avanguardia nell’uso dei giovanissimi come attentatori suicidi».

Tradotti in percentuale, gli attentatori sucidi non adulti utilizzati da Boko Haram in 238 attentati, corrispondono al 60,4% del totale complessivo. C’è inoltre da considerare che non è stato possibile stimare l’età per 300 dei 434 kamikaze impiegati negli ultimi sei anni.

 

 

Dietro le motivazioni che inducono i jihadisti nigeriani a utilizzare adolescenti e bambini per compiere sanguinosi attentati, la ricerca individua il profondo shock prodotto dal sacrifico di fanciulli in azioni terroristiche.

Il ricorso a minori per compiere attentati può essere interpretato come un segnale per dimostrare l’estremo potenziale di brutalità di Boko Haram, che agendo in questo modo viola tutte le Convenzioni di Ginevra sul diritto umanitario, che tutelano i bambini in situazioni di conflitto armato.

Il ricorrente impiego di teenager in azioni suicide potrebbe inoltre essere giustamente considerato come la massima trasgressione sociale, che si compie nell’estremo sacrifico dei membri più vulnerabili della società, che hanno limitata consapevolezza delle loro azioni.

Senza contare che l’uso dei baby-attentatori da parte di Boko Haram sta avendo un effetto sociale negativo nelle comunità, che iniziano a vederli come minacce e rifiutano il reintegro di quelli che vengono rapiti e abusati dai militanti del gruppo.

Un altro dei principali vantaggi nell’uso di bambini come attentatori suicidi è riconducibile al fatto che sono difficili da individuare e quindi adatti per penetrare aree fortemente protette.

Senza contare che un rapporto pubblicato dall’Unicef lo scorso aprile, ha rilevato che alcuni bambini sono stati drogati prima di essere stati utilizzati come kamikaze. E al di là della loro suscettibilità alla manipolazione fisica, gli adolescenti sono anche vulnerabili alla manipolazione psicologica.

Infine, l’approfondita disamina ha riscontrato che la maggior parte dei bambini impiegati in attentati erano stati rapiti da Boko Haram. Mentre molti altri si sono uniti all’organizzazione terroristica per emulare i loro amici o perché sono rimasti orfani.

C’è anche una circostanza opposta, per molti versi ancora più tragica, quella in cui i genitori hanno offerto il sacrificio dei loro figli per dimostrare la loro fedeltà alla setta islamista. 

 


Vedi anche:

http://www.newyorker.com/news/news-desk/the-women-fighting-boko-haram

 

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