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Giovedì 09 novembre 2017

 

Contadini senza campi da coltivare

di Marta Gatti

 

Il governo sta favorendo le fattorie commerciali nella speranza di uno sviluppo dell’agricoltura del paese. Il risultato è l’esproprio della terra ai piccoli produttori e colture destinate principalmente all’esportazione.

 

In Zambia il governo favorisce lo sviluppo agricolo delle grandi aziende e lascia i piccoli produttori senza terre. La denuncia arriva da Human Right Watch che alla fine del mese di ottobre ha pubblicato un rapporto dal titolo Forced to leave. Il documento raccoglie le testimonianze di abitanti della provincia centrale di Serenje, una delle più fertili e più ricche d’acqua del paese. Sotto accusa il programma governativo Farm Block Development, che garantisce concessioni terriere vantaggiose alle aziende agricole che decidono di investire. Per ogni area destinata alle fattorie commerciali, inoltre, lo stato ha promesso la realizzazione di strade e di canali d’irrigazione e il collegamento alla rete elettrica.

L’ong accusa il governo di non aver informato la popolazione locale dei nuovi progetti agricoli e di aver permesso che le compagnie sfrattassero le comunità che coltivavano quei campi da generazioni. Le terre dei contadini sono state occupate da grandi estensioni, le cui produzioni sono destinate principalmente all’esportazione. La maggior parte delle aziende che hanno cominciato a operare nella zona centrale del paese, infatti, coltivano mais e soia. Si tratta, in entrambi i casi, di colture da profitto per mercati esteri.

La legge del paese prevede la consultazione dei capi tradizionali, quando si tratta di terre amministrate dal diritto consuetudinario, e della popolazione locale, quando i progetti hanno un impatto diretto sulle comunità. La norma esiste ma non viene rispettata. Il rapporto sottolinea, infatti, come il cambio di status delle terre, interessate dall’installazione delle fattorie commerciali, non sia stato condiviso. Il passaggio da terra comunitaria a terra amministrata dallo stato sarebbe avvenuto senza che le comunità locali e i capi tradizionali ne fossero a conoscenza.

Questo cambiamento nella gestione delle terre ha privato la popolazione locale del diritto di poter decidere e dell’accesso alla risorsa. Alcuni dei contadini intervistati dall’ong hanno raccontato di aver scoperto che i loro campi era stati dati in concessione a una compagnia privata, solo quando le fattorie commerciali si sono installate. In alcuni casi la popolazione sarebbe stata minacciata di vedere distrutti la casa e i campi. Altri testimoni hanno visto i bulldozer abbattere le loro abitazioni e gli alberi da frutto.

Le comunità, inoltre, sarebbero state escluse dalla negoziazione delle compensazioni e dalla politica di ricollocazione forzata. Intere famiglie vivono in alloggi di fortuna, senza accesso all’acqua, dopo aver perso la casa. Nei casi più fortunati hanno ricevuto in compensazione un terreno su cui costruire una nuova casa e coltivare. Alcune testimonianze riportate nel rapporto, però, hanno denunciato la scarsa qualità dei suoli assegnati o la distanza dalle fonti d’acqua. Due fattori che rendono difficile la ripresa dell’attività agricola familiare.

Coloro che sono stati costretti a lasciare i campi si trovano spesso senza alcuna fonte di sostentamento. Questa condizione non si ripercuote solo sull’accesso al cibo ma anche sui servizi essenziali come la scuola, gli ospedali e le fonti d’acqua.

Il programma delle fattorie commerciali, nato con lo scopo di diversificare l’economia e ridurre la povertà, ha avuto l’effetto opposto. Secondo Human Right Watch, infatti, tra le popolazioni rurali private dei campi sono aumentate l’insicurezza alimentare e l’esclusione sociale. 

 

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