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26 settembre 2017

 

USA-Corea del Nord, da Mosca il tentativo estremo di evitare la guerra?

 

Pyongyang: 'Trump ci ha dichiarato guerra'; la Casa Bianca: 'Tutto questo è assurdo'. Intanto l'ambasciatrice nordcoreana vola in Russia

 

Se Kim Jong-un fosse un rigorista, sarebbe praticamente infallibile. Con due tiri totalmente differenti ha spiazzato l'improvvisato portiere Donald Trump, ma sul fatto che possa vincere questa partita ci sono molti dubbi. Specialmente se contraddice analisti ed esperti che, in queste settimane di crescente tensione, non lo hanno chiamato 'pazzo', ma al contrario lo hanno definito uno spericolato stratega. Questa strategia però è onestamente incomprensibile: in meno di 24 ore si è passati da una sorta di appello alla comunità internazionale, contenuto in una lettera inviata ad una serie non precisata di governi e parlamenti #Esteri - notizia diffusa dalla KCNA, l'agenzia di stampa del regime - chiamati in causa per fermare Donald Trump "intenzionato a scatenare un olocausto nucleare", alle deliranti dichiarazioni del ministro degli esteri, Ri Yong-ho, secondo le quali gli Stati Uniti avrebbero dichiarato guerra al piccolo Stato comunista.

 

A rifletterci bene, sono la stessa faccia di una medaglia, quella che vuol trasmettere al mondo l'immagine di un Paese minacciato che sta cercando solo di difendersi. Motivo per cui lo stesso ministro nordocoreano si è appellato al 'principio di autodifesa' riconosciuto dalle Nazioni Unite che consente di agire militarmente a protezione della propria sovranità in caso di un attacco. Nessun attacco è stato ancora lanciato dagli Stati Uniti verso la #corea del nord, Washington è certamente tentata di mostrare la sua ben nota potenza di fuoco all'insolente dittatore, ma sa benissimo di avere le mani legate per via della posizione poco prevedibile della Cina che ha lasciato intendere di poter intervenire a sua volta, se il vecchio alleato militare fosse aggredito. In mezzo al caos, è passata quasi inosservata una notizia di grande importanza: Choe Son-hui, direttrice del dipartimento degli affari esteri di Pyongyang, è in visita ufficiale a Mosca dove è previsto un incontro con l'ambasciatore 'plenipotenziario' Oleg Burmistrov.

 

Probabile che il Cremlino, direttamente interessato dalla questione alla luce della vicinanza dei suoi confini orientali con la penisola coreana, possa fare l'ultimo, disperato tentativo di risollevare una situazione che sta visibilmente precipitando.

 

La presunta dichiarazione di guerra

Gli Stati Uniti non hanno fatto alcuna dichiarazione di guerra, anche perché solitamente è un passaggio ufficiale che viene sancito dal presidente in persona. Sebbene Donald Trump non sia stato esattamente tenero nei confronti dela Corea del Nord (la quale a sua volta non ha risparmiato minacce di ogni sorta), non ha mai dichiarato aperte le operazioni belliche nella penisola coreana. Le parole incriminate dal regime sarebbeto state pronunciate da Trump dinanzi all'assemblea generale delle Nazioni Unite. "Trump ha detto che la nostra leadership non sarà in giro ancora a lungo, ha dunque dichiarato guerra al nostro Paese" è quanto detto dal ministro Ri Yong-ho ai giornalisti che lo hanno intervistato a New York, fuori dall'hotel dove alloggia per via dell'assemblea ONU.

 

Ad essere del tutto sinceri, Trump ha citato in più di una circostanza la possibilità di un'opzione militare, ma da qui a definirla 'dichiarazione di guerra' c'è una bella differenza. Ad ogni modo, appellandosi al citato principio di autodifesa, Ri ha puntualizzato che la contraerea nordcoreana da adesso in poi abbatterà ogni velivolo statunitense, anche se non attraverserà il confine del suo Paese. Il riferimento è alla squadriglia di bombardieri che recentemente ha attraversato lo spazio aereo a pochi km dal confine nordcoreano: un chiaro monito verso Pyongyang, ma in fin dei conti c'è un autentico arsenale americano tra la Corea del Sud ed il Mare del Giappone.

 

Lo stupore di Washington

Stupore e sgomento a Washington: la Storia dimostra come gli Stati Uniti siano sempre stati maestri nel creare i presupposti per gli interventi militari, in taluni casi inesistenti (come le armi di distruzione di massa mai trovate nelle disponibilità del regime di Saddam in Iraq, ndr), ma in questo caso i dirigenti militari del Pentagono e, crediamo, lo stesso Donald Trump, sono saltati via dalle rispettive sedie. "Tutto questo è assurdo - ha dichiarato Sarah Sanders, portavoce della Casa Bianca - perché noi non abbiamo dichiarato guerra alla Corea del Nord. Stiamo perseguendo l'obiettivo di giungere alla denuclearizzazione della penisola coreana in maniera pacifica, utilizzando forti pressioni economiche ed affidandoci alla diplomazia". Al Pentagono però c'è anche chi si frega le mani. "Abbiamo un arsenale immenso da fornire al presidente Trump per affrontare la questione della Corea del Nord - ha detto il colonnello Robert Manning, portavoce del dipartimento della difesa statunitense - e gli offriremo tutte le alternative militari necessarie, qualora Pyongyang prosegua la strada delle provocazioni".

 

La missione diplomatica a Mosca

Travolta dagli incessanti venti di guerra, una missione diplomatica può passare in secondo piano, ma quella di Choe Son-hui in Russia può essere di fondamentale importanza. #Vladimir Putin in questo momento è uno dei pochi leader mondiali, forse l'unico tra quelli di maggior spessore ed influenza, che non ha chiuso le porte in faccia al regime nordcoreano e, al contrario, ha spesso ribadito che non bisogna isolare ulteriormente il cosiddetto 'Paese eremita'. Pyongyang intrattiene ottime relazioni diplomatiche con il Cremlino, cosa che non avviene con la Cina nonostante Pechino sia l'unico ed eventuale alleato militare a disposizione di Kim Jong-un. Il 'patto d'acciaio' siglato a suo tempo dal futuro presidente eterno della Corea del Nord, Kim Il-sung, con Mao Tse-tung è ancora in piedi, tuttavia il nipote del vecchio leader, Kim Jong-un, non ha alcun rapporto con il leader cinese Xi Jinping e non lo ha mai incontrato personalmente. La Cina ha inoltre sottoscritto ed attuato le sanzionidecise in sede ONU: chiaro che i rapporti tra i due Paesi sono ai minimi storici, sebbene Kim sia consapevole che il taglio del cordone cinese sarebbe un evento disastroso per la Corea del Nord. In questo momento, la Russia di Putin è probabilmente l'unico partner con cui il giovane leader nordcoreano vuole dialogare e la diplomatica Choe Son-hui è una collaboratrice verso cui il dittatore nutre la massima fiducia. Mosca ha sempre sostenuto la soluzione diplomatica: magari l'intercessione del Cremlino potrebbe portare a risultati sorprendenti. Con la minaccia crescente di una guerra che, per la seconda volta nella Storia, potrebbe essere scandita dall'uso di armi atomiche, ci si aggrappa a qualunque soluzione che possa far vincere la diplomazia, anche a quella del falco Putin nell'inedito ruolo di colomba.

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26 settembre 2017

 

Corea del Nord, tutte le "carte in mano" agli Stati Uniti per risolvere la crisi

 

L'ipotesi militare, con un vero e proprio attacco a Pyongyang, è molto lontana dal concretizzarsi, nonostante gli scontri verbali ormai quotidiani tra Trump e Kim. Gli Usa hanno altre opzioni sul tavolo: sanzioni, strangolamento economico dei porti nordcoreani, attacchi informatici. E poi c'è l'unica vera soluzione: la diplomazia

 

Una crisi di difficilissima soluzione: sono concordi tutti gli analisti di politica internazionale. Alla luce dell'ultimo duello a parole tra Corea del Nord e Stati Uniti, Washington potrebbe apparentemente avere a disposizione solo due opzioni per gestire le provocazioni di una Pyongyang convinta che i recenti commenti del presidente Donald Trump corrispondano a una dichiarazione di guerra: un conflitto militare o la semplice accettazione delle pretese nucleari della nazione più isolata al mondo.

 

Nordcorea, le opzioni sul tavolo

Come spiegato in un'analisi del Wall Street Journal, ci sono in realtà altre opzioni sul tavolo della prima economia al mondo. Si comincia da uno strangolamento economico della Corea del Nord, un percorso già intrapreso dall'amministrazione Trump specialmente con la minaccia di imporre sanzioni a chiunque faciliti i programmi missilistico e nucleare del regime di Kim Jong Un (banche cinesi incluse).

 

Marina militare Usa

La Marina militare americana potrebbe poi pattugliare in modo più intenso le acque che bagnano la Corea del Nord al fine di impedire l'arrivo nei suoi porti delle navi che potrebbero trasportare beni pensati per aiutare il regime. Una mossa simile scoraggerebbe scambi commerciali e di materiale militare con Pyongyang, il cui export è stato punito pesantemente da una serie di sanzioni Onu.

 

Attacchi elettromagnetici o informatici

Tra le misure a disposizione ci sono anche tattiche che non sono pensate per uccidere. E' il caso per esempio di attacchi elettromagnetici o intrusioni informatiche che, se portati a compimento con successo, potrebbero mettere a repentaglio la capacità della Corea del Nord di continuare i suoi programmi nucleare e missilistico. Ci sono poi strumenti per contrastare la propaganda nazionale: facendo arrivare in Corea del Nord cellulari, dvd e flash drive si potrebbero convincere leader politici e civili a staccarsi dal regime, magari in cambio della protezione di Washington; il punto è che difficilmente il regime può essere intaccato.

 

Abbattere i missili di Kim Jong-un

Gli Usa potrebbero poi decidere di abbattere i missili balistici che Pyongyang potrebbe tornare a lanciare. Il Pentagono dispone di radar potenti in Giappone e di un sistema di difesa missilistico sulle navi vicine alla Corea del Nord. Una tale mossa, però, deve avere successo altrimenti il rischio è l'intensificarsi ulteriore delle tensioni.

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