Fonte: Counterpunch

http://znetitaly.altervista.org/

31 marzo 2017

 

Perché il sogno europeo dell’integrazione non morirà

di John Wight

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Anche se attualmente l’Europa è invischiata in una crisi avvolgente,  con partiti politici centrifughi che crescono di forza in tutti i suoi stati membri, e malgrado la Brexit che ha assestato un colpo ontologico alla stabilità dell’UE, il concetto di un’Europa unita continuerà a essere seducente per motivi sia storici che filosofici.

L’idea di unire l’Europa o di forgiare un’Europa unita, ha tentato per secoli, filosofi, imperatori, rivoluzionari e personaggi sia sulla sinistra che sulla destra dello spettro politico. Avendo così tanti stati-nazione diversi  che occupano una parte relativamente piccola del mondo, ognuna con la sua propria e unica cultura, lingua, storia, l’Europa è stata al centro di eventi storici fin da quando il Rinascimento del 15° secolo innescò l’emergere del continente dai secoli bui del Medioevo che si verificò in seguito al crollo dell’Impero Romano d’Occidente intorno all’anno 500 d.C.

Il primo serio sostenitore di un continente europeo legato da leggi comuni e da un sistema economico uniforme, fu Napoleone Bonaparte, imperatore di Francia e genio militare, il cui tentativo di diffondere le idee e i valori della Rivoluzione Francese, alla fine delle baionette, fu alla fine distrutto nella Battaglia di Waterloo nel 1815.

Napoleone con la sua Grande Armée era impegnato a mettere nella pattumiera della storia i detriti del feudalesimo europeo: autocrazia, aristocrazia e monarchia. Intendeva sostituirli con il Codice Civile Rivoluzionario della Francia (il Codice Napoleonico), un codice legale uniforme costituito con l’obiettivo di sostituire il diritto divino dei re e dei privilegi feudali, entrambi i quali erano molto in atto in tutta Europa in quel tempo. Come  disse,  rammaricandosi,   dopo che il suo tentativo di conquistare l’Europa era fallito: “Desideravo fondare un sistema europeo, un Codice europeo di Leggi, una magistratura europea: ci sarebbe stato un solo popolo in Europa.”

Mezzo secolo dopo la fine delle Guerre Napoleoniche e dopo che la  deindustrializzazione dell’Europa Occidentale aveva dato origine alla moderna età del capitalismo, il grande filosofo, economista, critico sociale e rivoluzionario, Karl Marx, delineò la sua visione di un’Europa e di un mondo in cui lo stato-nazione avrebbe lasciato il passo alla fratellanza internazionale dei lavoratori del mondo. Marx considerava come separazione decisiva durante il capitalismo,  la classe economica e sociale invece che la nazione.

La Rivoluzione russa del 1917, guidata da Lenin e dai suoi Bolscevichi, era impegnata a portare a compimento la visione di Marx. Lo scopo massimo dei Bolscevichi era di diffondere la rivoluzione al di là dei confini della Russia nel  resto

d’Europa dove le condizioni economiche e sociali erano più avanzate e propizie per far attecchire il comunismo. Fallirono in quell’impresa, proprio come aveva fallito Napoleone, fornendo ulteriore evidenza della forza duratura della consapevolezza nazionale tra i più poveri ed emarginati della nazione.

Dopo una Prima Guerra mondiale che era stata così brutale e distruttiva della vita umana da essere considerata ‘la guerra che mette fine a tutte le guerre’, un coro di voci in tutta Europa cominciò  a portare avanti l’idea di un’ Europa unita per impedire la possibilità che c una tale calamità si verificasse di nuovo. Nessuno fu più esplicito a favore di questa causa, che lo scrittore e romanziere austriaco, Stefan Zweig. Nel 1934, nel mezzo della Grande Depressione e con essa, l’ascesa allarmante del nazionalismo estremo e del fascismo in tutta Europa,  Zweig ha scritto: “L’idea europea non è un’emozione elementare come il patriottismo o l’etnicità; non nasce da un istinto primitivo, ma piuttosto dalla percezione; non è il prodotto di fervore spontaneo, ma il frutto maturato lentamente di un modo più elevato di pensare.”

La storia testimonia che gli istinti primitivi che guidano il nazionalismo e il  patriottismo durante gli anni ’30 si sono dimostrati più forti del  “modo più elevato di pensare” di cui parlava Zweig. Tuttavia, la visione di Hitler di un’Europa unita, era di un genere totalmente diverso da quello di Lenin e dei Bolscevichi, o, peraltro di Stefan Zweig.

Il dittatore fascista salì al potere in Germania, ossessionato dall’ottenere vendetta per un popolo tedesco che era stato “pugnalato alle spalle” durante la Prima Guerra Mondiale. Dava la colpa a una “cospirazione giudaico-bolscevica” che era decisa a distruggere lo stato-nazione e a impadronirsi dell’Europa e del mondo. Unita alla sua convinzione della necessità di un lebensraum (spazio vitale) per la  razza germanica che era superiore a qualsiasi altra, si imbarcò in una campagna per colonizzare l’Europa Orientale in una guerra di annientamento contro gli Slavi, gli Ebrei, gli Zingari e altri – popoli e gruppi considerati Untermenschen (subumani) nella sua perversa visione del mondo.

Stranamente,  Hitler era un ammiratore dell’ Impero Britannico, specificamente del suo successo nel controllare un’estensione così grande del mondo, e nutriva il sogno die emularlo  in Europa. La concezione del dittatore fascista di un’Europa unita in verità era un’Europa schiavizzata e governata da un nuovo ordine germanico/ariano, un Terzo Reich che sarebbe dovuto durare per 1000 anni. E’ durato soltanto 11 prima di venire distrutto.

Dopo la guerra, anche  Winston Churchill, il leggendario Primo Ministro al tempo del conflitto mondiale, discusse della possibilità di un’Europa unita, degli Stati Uniti d’Europa che insieme al Commonwealth Britannico e agli Stati Uniti avrebbe forgiato un mondo sostenuto dalla pace e dalla sicurezza. Delineò questa idea in un discorso pronunciato a Zurigo nel settembre 1946. “La struttura degli Stati Uniti d’Europa, se verrà costruita bene e veramente, sarà tale da rendere meno importante la forza materiale di un singolo stato. Le nazioni piccole conteranno quanto quelle più grandi e otterranno onore con il loro contributo alla causa comune.

Questo ci porta all’organismo che ha preceduto l’Unione Europea di oggi che, come nel caso della visione di Churchill, è nata dalla devastazione della Seconda Guerra Mondiale. Al diplomatico e uomo d’affari francese, Jean Monnet si attribuisce il merito di essere il padre di quella che è diventata l’UE. Ha iniziato a esistere con il Trattato di Roma del 1951, che diede vita alla fondazione di una Comunità europea del carbone e dell’acciaio costituita da Belgio, Francia, Germania Occidentale, Olanda e Lussemburgo.

Come Monnet diceva: “Non ci sarà nessuna pace in Europa se gli stati si ricostruiranno in base alla sovranità nazionale, con le sue implicazioni di politica del prestigio e di protezione economica (…). I paesi d’Europa non sono abbastanza forti individualmente da essere in grado di garantire prosperità e sviluppo sociale per i loro popoli. Gli stati dell’Europa devono quindi formare una federazione o un’entità europea che li trasformerebbe in un’unità economica comuna.”

L’idea di sacrificare un po’ di sovranità nell’interesse della pace e della sicurezza, con l’obiettivo di evitare che capitasse di nuovo qualcosa di simile alle conflagrazioni del 20° secolo delle della Prima e della Seconda Guerra mondiale, è il fondamento filosofico dell’unità europea nel nostro tempo. Tuttavia, questo attuale modello di Europa si è sviluppato nelle limitazioni di un paradigma d guerra fredda, impegnato ideologicamente a isolare la Russia, il più grande paese d’Europa.

La conseguenza, in anni recenti, è stato un incremento invece che una riduzione della tensione in tutta Europa. Unita alla crisi economica e finanziaria del 2008 e all’introduzione da parte dell’UE di rigide misure di austerità, come reazione, ha trasformato proprio il concetto di unità europea in qualcosa di brutto e di sgradito. La recrudescenza del nazionalismo e l’emergere di partiti politici centrifughi impegnati a sgretolare l’UE, ci ha dato un’Europa più divisa che in qualsiasi altro periodo, fin dagli anni ’30.

Un’Europa divisa, come ha dimostrato il secolo scorso, è, in ultima analisi, un’Europa in guerra. Comunque, se un unità europea deve riuscire, deve avvenire sulla base di parità tra gli stati, di rispetto per le differenze culturali e deve essere sorretta da un sistema economico che sia di aiuto alle masse di gente invece che a una piccola élite. Per necessità, deve anche includere e no escludere la Russia.

Ecco perché l’UE nella sua forma attuale non è adatta allo scopo.

 


John Wight è autore di un memoriale su Hollywood, politicamente scorretto e irriverente – Dreams That Die [I sogni che muoiono], pubblicato da Zero Books. Ha anche scritto cinque romanzi che sono disponibili come Kindle eBooks. Potete seguirlo su Twitter: @JohnWight 1. 


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Originale: http://www.counterpunch.org/2017/03/31/why-the-european-dream-of-integration-wont-die

 

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