Fonte: Paolo Becchi

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04/01/2017

 

Il destino dell’Ue si decide a Parigi

di Paolo Becchi e Cesare Sacchetti

 

Qualche anno fa chi si chiedeva se i destini dell’euro e dell’Ue sarebbero stati messi in discussione, si trovava di fronte al teorema dell’irreversibilità dell’eurozona sostenuto pubblicamente da Mario Draghi, il quale utilizzava l’espressione “whatever it takes”, per indicare che la moneta unica era intoccabile. Ora non solo l’esistenza della moneta unica è messa in discussione, ma la stessa sopravvivenza dell’UE. Il 23 giugno 2016 si è messo in moto un meccanismo irreversibile che potrebbe portare presto alla fine del mercato unico e dell’unione monetaria. La Brexit è stato il segnale che da tempo esiste una profonda frattura tra i popoli europei e le élite eurocratiche, rinchiuse ormai nelle fortezze delle istituzione europee di Bruxelles.

Un altro colpo tremendo all’Ue è giunto dalla vittoria dell’8 novembre di Donald Trump alle presidenziali americane. Trump non è mai stato amico dell’Ue e dei suoi rappresentanti, ha più volte invitato negli Stati Uniti il nemico per antonomasia di Bruxelles, Nigel Farage tra i più fieri sostenitori della Brexit. Il presidente eletto non ha mai nascosto di considerare l’esperimento dell’euro fallito e ha criticato la politica delle porte aperte intrapresa dall’Ue sulla questione dell’immigrazione. Una volta insediatosi alla Casa Bianca e avviata la politica di disgelo con la Russia, l’Ue si troverà isolata e priva di grandi referenti internazionali. Fino ad ora sono stati gli Usa l’interlocutore privilegiato dell’Unione, e senza il sostegno di Washington viene a mancare l’attore tradizionale che ha garantito e sostenuto da sempre la costruzione dell’Ue. Il 2017 è quindi segnato da appuntamenti cruciali che potrebbero cambiare il destino dell’Europa.

Le elezioni in primavera di Francia e Olanda vedono favoriti nei rispettivi paesi il Fronte Nazionale di Marine Le Pen e il Partito di Geert Wilders, recentemente condannato per discriminazione razziale da un tribunale olandese. Non solo la condanna giudiziaria non ha danneggiato Wilders, ma il consenso si è accresciuto e radicalizzato ancora di più, stando al sondaggio dell’istituto di sondaggi olandese di Maurice de Honde.

Da par suo Le Pen si trova a guidare il primo partito di Francia e l’anno appena trascorso, segnato dall’attentato di Nizza, ha dato un’ulteriore spinta alla leader del Fronte Nazionale da sempre contraria alla politica delle frontiere aperte volute dal trattato di Schengen. L’ostacolo più duro per lei verrà con ogni probabilità dal suo sfidante al ballottaggio, Francois Fillon, candidato critico dell’attuale assetto dell’UE che potrebbe rappresentare un fattore di disturbo nella lotta per conquistare l’Eliseo.

C’è da dire che Le Pen potrebbe conquistare una parte dei voti del partito socialista, proprio sul punto delle politiche sociali. Il Fronte Nazionale è un partito fortemente trasversale e in economia sostiene una linea “interventista”, mentre sul tema della sicurezza e del controllo dell’immigrazione, mostra un approccio fortemente centrato sugli interessi dei cittadini francesi. Potrebbe essere questa la chiave di lettura in grado di permettere alla Le Pen di aggiudicarsi la partita, se si considera che buona parte dell’elettorato del partito socialista ha manifestato contro il Jobs Act alla francese approvato da Hollande e fortemente osteggiato dai sindacati transalpini.

Il sistema elettorale francese premia il partito che al secondo turno è in grado di conquistare i voti del terzo classificato e sarà il bacino elettorale socialista a decidere la partita.

In Olanda viceversa la partita si gioca al primo turno e attualmente il partito della Libertà di Wilders resta nei sondaggi il primo incontrastato. Le elezioni di Francia e Olanda quindi potrebbero aprire la strada alla fine dell’euro e assestare un altro colpo mortale alla tenuta dell’UE, dal momento che oramai i destini di UE e euro appaiono legati l’uno all’altro.

La Germania voterà nel mese di ottobre e potrebbe comunque già trovarsi di fronte ad uno scenario completamente cambiato, priva del suo tradizionale alleato, la Francia, e con all’interno il partito euroscettico Alternativa per la Germania in forte ascesa di consensi. Anche se la “grande coalizione” dovesse resistere diventerà sempre più chiaro che l’Ue e l’euro si identificano con la Germania. Peccato che in questo contesto resti assente nel nostro Paese una forza politica autenticamente sovranista-identitaria.

Quello spazio resta occupato da un M5s con una linea politica ondivaga e da una Lega Nord ancora confinata in una dimensione regionale. Difficile dire quando ci saranno le elezioni politiche nel nostro Paese e gli scenari che si apriranno, ma è certo che una eventuale vittoria di Le Pen in Francia avrà un effetto domino su tutta l’Europa.

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