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12 maggio 2017

 

La lezione della Francia

di Giorgio Cremaschi

 

Il ballottaggio presidenziale francese fotografa una profonda regressione del quadro politico e culturale di quel paese e di tutta l'Europa. Non c'è proprio nulla da festeggiare. Ha vinto il peggior rappresentante di quel potere europeo che sta distruggendo tutte le conquiste sociali del continente e lo ha fatto contro un avversario reazionario, che non ha mai avuto la possibilità di vincere, ma che era il miglior spauracchio possibile per far passare l'uomo delle banche. 

A coloro che salutano in Macron lo scampato rischio fascismo, va ricordato che in Europa c'è un solo governo con ministri dichiaratamente nazifascisti, con tutto ciò che questo comporta. Questo governo è quello dell'Ucraina e sta in piedi per il sostegno della UE e in particolare di Merkel, Hollande, Rajoy, Gentiloni ed ora Macron. 

In Italia da decenni non compariva misura più liberticida ed intrinsecamente razzista e autoritaria del “decreto Minniti”, eppure chi quel decreto sostiene, oggi festeggia la vittoria antifascista in Francia. 

Frontex, che chiede di indagare sulle ONG che salvano le persone in mare, è strumento delle autorità di QUESTA Europa, che parlano in tv di accoglienza e poi danno soldi a tiranni e signori della guerra affinché impediscano, coi loro mezzi, ai migranti di imbarcarsi. 

Festeggia Macron QUESTA Europa, che con le sue politiche di austerità sta realizzando la più gigantesca redistribuzione di reddito a favore dei ricchi da più di un secolo a oggi. 

Che bisogno c'è di aggiungere un fascismo esplicito a tutto questo? Funziona meglio l'ipocrisia liberale per coprire le politiche economiche di destra estrema che governano tutti i principali paesi d'Europa, e le loro colonie come la Grecia. 

Certo i fascisti e i razzisti ci sono e bisogna combatterli, ma al potere non arriveranno certo oggi. Chi teme questo ha troppa paura o cattiva memoria storica, tendenzialmente revisionista. Fascismo e nazismo non sono arrivati al potere con la loro violenza o il loro consenso, è il sistema di potere che li ha assunti in sé, per conservare se stesso. 

Oggi il sistema di potere ha istituzioni e strumenti che gli permettono di fare a meno del fascismo per realizzare le politiche sociali più ingiuste degli ultimi centocinquant'anni. Le spinte reazionarie nella società e nella pubblica opinione vengono alimentate dalla crisi e dalle tre forme d'odio prodotte dalla ideologia liberista dominante. L'odio verso il “pubblico” e le tasse considerati sempre spreco e furto, quello verso i diritti del lavoro apostrofati come privilegi, e quello verso i poveri che alla fine finiscono per essere considerati tali per colpa loro. 

Quest'odio alimenta la guerra tra i poveri ed alla fine la paura e l'ostilità per i migranti. Le Pen, Wilder, Salvini non inventano nulla, semplicemente raccolgono sentimenti e paure che chi governa l'Unione Europea, i socialisti i liberali e i conservatori, diffondono ogni giorno. Tutti i mass media fanno da cassa di amplificazione di questi odi e paure; le organizzazioni politiche di estrema destra non devono far altro che muoversi in esse. E queste destre sono l'avversario migliore per il potere, che fa il possibile affinché siano esse a rappresentare chi si oppone ad esso. 

Le Pen proponeva la pensione a 60 anni e l'abolizione della Loi Travail, ma questi suoi obiettivi, per i quali si battono da tempo tutto il mondo del lavoro e gran parte dei giovani, sono stati oscurati dal suo messaggio xenofobo e reazionario. Perfetto per Macron, allora, offrirsi come campione democratico e nel frattempo aggiungere che nel nome della libera Europa è giusto andare in pensione dopo i settanta anni. 

Solo di fronte a Marine Le Pen un politico fabbricato da quelle elites finanziarie che considerano le costituzioni antifasciste un ostacolo da abbattere per lo sviluppo del libero mercato, solo contro quel tipo di avversario Emmanuel Macron e quelli come lui possono stravincere. Così è stato in Olanda e così avverrebbe in Italia se qualche folle sistema elettorale o un impazzimento generale ci costringessero a scegliere tra Renzi e Salvini. Dio ce ne scampi e liberi.

Dopo la Brexit ed il no alla controriforma costituzionale di Renzi, le fondamenta della costruzione liberista europea davano segnali di affaticamento, ma il sistema politico dominante è riuscito a correre ai ripari. Ovunque, tutto ciò che resta dei vecchi centrosinistra e centrodestra si è messo assieme e assieme, grazie anche ad avversari impresentabili, è riuscito a consolidare la costruzione europea. 

Il primo titolare di questa costruzione, il ministro delle finanze tedesco Schauble, su La Repubblica vanta ora la vittoria. E ne vuol riscuotere subito i dividendi, rivendicando una riforma delle istituzioni europee che dia ancora più potere alla burocrazia, alle banche e agli strumenti del rigore economico, e che parimenti tolga gli ultimi residui poteri ai parlamenti democratici ed alle costituzioni dei singoli paesi. 

L'uomo che ha distrutto la Grecia è il vero vincitore del ballottaggio francese, che segna una svolta a destra concreta e reale, un rilancio di quelle riforme liberiste che sono la causa della regressione sociale e politica che percorre il continente. 

Bene ha fatto Melenchon, allora, a non dichiararsi pro Macron e a rifiutare l'”unione sacra antifascista” assieme a coloro che stanno distruggendo tutte le conquiste antifasciste. I cinque milioni di elettori del primo turno che, al secondo, hanno scelto di rifiutare entrambi i candidati, dimostrano che la sua non è stata una scelta isolata. Ci sono dei momenti nei quali non scegliere è la scelta più giusta. Una scelta giusta perché rifiuta la consolazione del “male minore” e guarda in faccia la realtà: non ci si può sempre sottomettere ad un gioco politico che alla fine permetta di scegliere solo tra due diverse destre. 

La crisi attuale della sinistra europea sta nell'aver lasciato alla vecchia estrema destra il rifiuto e la contestazione della globalizzazione. Solo quindici anni fa essere noglobal era il contenuto di fondo e la scelta militante di un vasto movimento di lotta, di una intera generazione di giovani. E il movimento noglobal di allora con il vocabolario di oggi sarebbe definito come “populismo di sinistra”. 

Poi, un po' alla volta, il rifiuto della globalizzazione – a sinistra – si è perso. Il centrosinistra di governo, nei suoi vari partiti e schieramenti, si è innamorato della globalizzazione ed è diventato liberista. La sinistra rimasta all'opposizione si è diffusa nella rivendicazione di diritti, senza più individuare il nemico che quei diritti cancellava o rifiutava. Così alla fine la globalizzazione – a sinistra – è diventata cosa buona o neutra, il “campo dell'agire”, secondo una immaginifica quanto confusa espressione di alcuni. 

Ma la globalizzazione non è un campo, bensì un potere ed un insieme di poteri. E proprio quando, con la grande crisi, la globalizzazione e i suoi poteri – la UE, il FMI, la NATO – hanno imposto politiche di austerità sociale e spesa militare che hanno fatto dilagare disoccupazione e povertà, proprio allora la sinistra ha abbandonato il campo e la vecchia estrema destra è diventata noglobal, naturalmente con il suo linguaggio ed i suoi fini. Le direzioni dei grandi sindacati confederali, con poche eccezioni, a loro volta sono state completamente assorbite nella cogestione subalterna del massacro sociale e hanno così contribuito alla crisi della democrazia. 

La sinistra deve rioccupare il campo della lotta alla globalizzazione ed alle sue istituzioni, se vuole tornare ad esistere ed essere utile. E deve soprattutto tornare ad individuare il nemico e ad affrontarlo. 

Le destre reazionarie in Europa sono cresciute tra gli operai e nelle periferie solo per le troppe complicità dei grandi sindacati e per la rinuncia della sinistra ad essere se stessa. In Italia il Movimento 5 Stelle, non la sinistra e il sindacalismo confederale, ha impedito con tutte le sue ambiguità il dilagare di queste destre; in Spagna lo stesso ruolo ha assunto in modo più radicale Podemos. 

Le elezioni francesi invece ci hanno delineato uno scenario da incubo, dove le uniche alternative politiche in campo sono la destra estrema neoliberale e l'estrema destra neofascista. Perché questo incubo svanisca ci vuole una sinistra che stia coi poveri e gli sfruttati e che disprezzi il mondo finto “progressista” che paga 850 euro per sentire due chiacchiere di Obama. 

Una sinistra capace di odiare e non di ammirare il capitalismo globalizzato. 

Una sinistra che finalmente si renda conto che la UE è solo quella di Schauble e per che questo abbia il coraggio di lottare per rompere e restituire la democrazia ai popoli. 

Una sinistra che dica no alla Nato e alle spese militari. 

Una sinistra che individui nei Macron e nel loro mondo i principali avversari, che sappia dialogare con – e così condizionare – il populismo che rifiuta il neofascismo e riconquistare il campo popolare oggi occupato dalle destre reazionarie. 

La lezione della Francia è che senza una sinistra vera la democrazia muore e che le sinistre finte sono parte del suo male.

 

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