Flag of The East India Company

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The East India Company era conosciuta anche come Honourable East India Company. La grande espansione è venuta a partire dal 1750, dopo un secolo e mezzo di attività, quando aveva 3000 truppe regolari. Nel 1763, ne aveva 26.000; Entro il 1778, 67.000; Entro il 1857 fino ad un totale di 280.000 uomini. Il braccio militare della East India Company si sviluppò rapidamente per diventare una forza armata aziendale privata che veniva utilizzata come strumento di potere geo-politico e di espansione … L'azienda, fresca da colossali vittorie e con il sostegno di un esercito privato ben disciplinato e con esperienza, poté affermare i propri interessi fino a monopolizzare i commerci. I tre eserciti indipendenti delle Presidenze dell'azienda, con alcune forze irregolari localizzate, affermarono il sistema di monopolio dell'oppio istituito nel 1799, che continuò con cambiamenti minimi fino al 1947. Poiché commerciare oppio era illegale in Cina.

 

Una nave privata, armata e dotata di capitano ed equipaggio, che operasse con una lettera di corsa, talvolta intestata all'armatore oppure ad un regno di cui otteneva la bandiera, era chiamata una nave corsara. Nel parlare comune, un corsaro agisce al di fuori delle regole, ma non solo per il proprio interesse, in quanto opera per conto di chi rappresenta un'autorità e quindi con una legittimazione da parte di una autorità sovrana, a differenza dei pirati: La pirateria è l'attività illegale di quei marinai, denominati pirati, che, abbandonando per scelta o per costrizione la precedente vita sui mercantili, abbordano, depredano o affondano le altre navi in alto mare, nei porti, sui fiumi e nelle insenature.

 

Secondo buona parte degli storici, la maggioranza delle imprese corsare aveva il solo reale scopo di compiere azioni di pirateria o di predoneria per conto del proprio governo, poiché i bottini ottenibili erano cospicui, talvolta rilevanti sul bilancio della nazione. Le guerre di corsa rappresentano una quasi logica evoluzione della conclusione della stagione delle grandi scoperte, dopo che l'America e l'Oceano Indiano erano stati ormai ben individuati e colonizzati, quando per l'esaurimento di nuove terre ricche da scoprire e colonizzare non restò che aggredire le terre già colonizzate, spostando su questi mari il naviglio precedentemente impiegato in esplorazioni.

L'emissione di lettere di corsa a privati venne vietata dapprima con il trattato di Utrecht del 1713 e fu poi definitivamente bandita per i firmatari della Dichiarazione di Parigi nel 1856. Gli Stati Uniti non furono tra i firmatari e tuttora,  ancora non sono vincolati da quella dichiarazione, tant'è che ancora oggi la Costituzione degli Stati Uniti (Art.1 Sez.8) affida al Congresso il potere di concedere le lettere di corsa.

 

Dal film Pirati dei Caraibi

Allo scopo di porre un tempestivo freno al deterioramento delle condizioni, e per assicure il bene comune in questi territori; viene dichiarato lo Stato di Emergenza, per decreto dal Presidente della Compagnia delle Indie Orientali, legittimo rappresentante di Sua Maestà il Re. Secondo quanto previsto dalla legge marziale i seguenti istituti sono temporaneamente emendati:

Diritto di Assemblea,                                    sospeso

          “      Abeas Corpus                                      “

          “      Assistenza legale                                “

          “      Sentenza da una Giuria di Pari       “

Per decreto, qualunque persona trovata colpevole di pirateria o che assista una persona condannata per pirateria, o che si accompagni con una persona condannata per pirateria, sarà appesa per il collo finchè morte non sopraggiunga.


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1 giugno 2017

 

Francia, stato di emergenza: le manifestazioni vietate con la scusa del terrorismo

 

In nome della lotta al terrorismo il governo francese ha adottato centinaia di provvedimenti ingiustificati allo scopo di limitare la libertà di movimento e il diritto di manifestazione pacifica.

 

In nome della lotta al terrorismo il governo francese ha adottato centinaia di provvedimenti ingiustificati allo scopo di limitare la libertà di movimento e il diritto di manifestazione pacifica.

L’accusa è contenuta in un rapporto di Amnesty International, che conferma come in Francia – così come in modo ancora più evidente in Turchia – gli obiettivi dello stato d’emergenza diventino altri e l’applicazione delle sue norme si presti all’abuso.

Lo stato d’emergenza, introdotto il giorno dopo i terribili attacchi di Parigi del 13 novembre 2015, è stato rinnovato cinque volte. Il nuovo presidente Macron ha annunciato che chiederà al parlamento di prorogarlo per la sesta volta.

Lo stato d’emergenza autorizza i prefetti a vietare lo svolgimento di raduni come misura precauzionale per motivi, estremamente ampi e non meglio definiti, di “minaccia all’ordine pubblico”.

Ecco il risultato: tra novembre 2015 e il 5 maggio 2017 le autorità hanno fatto ricorso ai poteri d’emergenza per vietare 155 manifestazioni, senza contare decine di altre occasioni in cui sono state applicate le leggi ordinarie. Nello stesso periodo sono state presi 639 provvedimenti per impedire a singole persone di partecipare a manifestazioni.

Attenzione: 574 di essi hanno riguardato proteste contro la riforma del lavoro.

Queste limitazioni violano il principio del diritto internazionale secondo il quale una manifestazione dovrebbe essere considerata pacifica a meno che le autorità non siano in grado di dimostrare il contrario. Le manifestazioni vengono viste come una potenziale minaccia anziché un diritto fondamentale.

Anche se alcuni dei partecipanti alle manifestazioni hanno preso parte ad azioni violente, centinaia se non migliaia di manifestanti hanno subito le conseguenze dell’operato delle forze di sicurezza, che hanno fatto largo uso di manganelli, proiettili di gomma e gas lacrimogeni. I Medici di strada, un movimento informale di prestatori dei primi soccorsi, stima che solo a Parigi un migliaio di manifestanti siano stati feriti dagli agenti di polizia durante le proteste contro la riforma del lavoro.

Sfidando le limitazioni dello stato d’emergenza, molti continuano comunque a manifestare, fronteggiati da un ampio dispiego di forze di sicurezza.

Questo fa venire qualche dubbio sulla sincerità delle affermazioni delle autorità francesi, secondo le quali non vi sono risorse sufficienti per controllare l’ordine pubblico e la priorità va data al contrasto delle minacce di attacchi violenti.

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19 maggio 2017


Turchia, arresti per i giornalisti del quotidiano Sozcu

di Monica Ricci Sargentini

 

Quattro ordini di arresto sono stati spiccati venerdì mattina nei confronti del proprietario e di altri tre dirigenti del quotidiano di opposizione Sozcu, presso la cui redazione di Istanbul si è presentata  la polizia. L’ accusa per tutti è di far parte dell’organizzazione che farebbe capo all’imam e magnate Fetullah Gulen, ritenuto la mente del colpo di stato fallito lo scorso 15 luglio, attentato alla presidenza della repubblica e di aver agito per istigare a una rivolta armata nei confronti del governo turco.

Immediata è scattata l’ispezione dei locali della redazione del quotidiano e presso le abitazioni dei ricercati, tra cui spiccano i nomi del proprietario Burak Akbay, che si troverebbe attualmente all’estero e della responsabile dell’edizione online, Melda Olgun.

Il procuratore capo di Istanbul, Irfan Fidan, ha dichiarato ai microfoni dell’agenzia Anadolu che Akbay risulta “latitante”. Pronta la replica del diretto interessato, che con un comunicato ha definito “assurdo” parlare di fuga, proprio perché si trovava a Londra già da diversi giorni. L’avvocato di Sozcu ha dichiarato che il computer di Akbay è stato sequestrato dagli agenti, per poi definire “assurdi e privi di logica” i provvedimenti emessi.

Sozcu ha incassato la solidarietà di alcuni parlamentari del principale partito di opposizione, i repubblicani del Chp Baris Yarkadas, Sezgin Tanrikulu ed Eren Erdem. Raggiunto al telefono dall’agenzia Agi, Yarkadas ha dichiarato che l’attacco a Sozcu “mira a colpire uno dei pochi organi di stampa liberi e indipendenti in Turchia”.

“Solidarietà piena” anche da parte dell’Unione dei giornalisti turchi, che con un comunicato ha definito i provvedimenti contro Sozcu, “emblematici di una nuova forma di oppressione rivolta contro i giornalist”», chiedendosi perché, nonostante l’indagine andasse avanti da 10 mesi, gli ordini di arresto siano stati spiccati in un giorno di festa nazionale (Giornata della Gioventù e dello Sport, istituita da Ataturk), mentre nessuno dei destinatari dei provvedimenti sia mai stato convocato in procura

. In base a quanto riferisce il quotidiano Sabah il quotidiano Sozcu è accusato di aver rivelato il nome dell’hotel di Marmaris, località della costa turca, in cui risiedeva il presidente turco Recep Tayyip Erdogan la notte del 15 luglio, durante le fatidiche ore del golpe fallito, esponendosi cosi al tentativo di omicidio che poi quella tragica notte cadde nel vuoto. A partire dalla proclamazione dello stato di emergenza in Turchia, avvenuta lo scorso 22 luglio, risultano essere circa 39 mila le persone in stato di detenzione, mentre circa 130 mila sono quelle che hanno perso il proprio ufficio o posto di lavoro.

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