Grecia: la crisi triplica i senzatetto: https://youtu.be/Q8judDi7g1g

 

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Gen 26, 2017

 

Ad Atene la crisi ha triplicato il numero dei senzatetto

di Giovanni Masini

 

Margarita strabuzza gli occhi senza vedere, poi allunga la mano nel gesto automatico di tutti i mendicanti del mondo. Quando sente la moneta che rimbalza nel bicchiere, apre la bocca senza denti in un ringraziamento muto.

Da anni vive per strada nei dintorni di piazza Omonoia, una delle zone più degradate del centro di Atene.

Con lei sono altri mille e settecento i senzatetto che si trascinano, giorno e notte, per le vie della capitale greca. Ad essi vanno aggiunti gli altri settemila che vivono negli alloggi occupati ma non possiedono una casa né affittano un appartamento. All’inizio della crisi, nel 2010, i senzatetto non erano più di cinquecento.

Basta percorrere una delle arterie principali della città, la via Stadiou, per rendersi conto delle dimensioni del fenomeno. Da piazza Syntagma a piazza Omonoia, i portici che fiancheggiano la strada sono un dormitorio a cielo aperto.

Quasi tutti greci, lasciati senza lavoro dalla crisi e precipitati nella miseria per la mancanza di qualsiasi servizio sociale degno di questo nome.

Vassilis ha cinquant’anni e la barba bianca, chiede la carità nei pressi della prestigiosa via Ermou.

Era impiegato presso la società di trasporto pubblico di Atene, poi ha perso il lavoro ed è finito a vivere per la strada. Cinque o sei anni fa: la data che ricorre nei racconti di tutti.

A partire dal 2011, la crisi ha gettato fuori di casa migliaia di Greci. Ma la defenestrazione è doppia: quasi sempre, chi viene lasciato fuori dalla propria abitazione risulta escluso anche dalla vita civile, con pochissime possibilità di rientrarvi.

Certo, i senza fissa dimora non se la passavano bene nemmeno prima dell’inizio della bufera, ma una ricchezza più diffusa faceva sì che le relazioni sociali supplissero alle mancanze dello Stato. Chi perdeva il lavoro poteva sempre contare su un amico o un parente pronto ad aprire la porta. Ora che la disoccupazione è arrivata al 23% (sono dati ufficiali, ma c’è da temere che le cifre reali siano molto più alte, ndr), anche gli aiuti fra conoscenti sono più difficili.

E per chi scende dalla giostra la vita si fa veramente dura: i senzatetto non possono contare su alcuna struttura pubblica efficiente per trovare una casa o un pasto caldo.

Il Financial Times calcola che un quinto della popolazione non abbia accesso a servizi di base come la linea telefonica o il riscaldamento: la percentuale di popolazione in stato di povertà assoluta, che nel 2009 era del 2%, in appena sei anni è schizzata al 15%. Il sistema sanitario di base, che pure il governo Tsipras ha reso accessibile anche a chi è sprovvisto di assicurazione, stenta.

L’impossibilità di assumere medici e infermieri ha ingolfato gli ospedali e per chi vive sulla strada non c’è alcuna assistenza.

I barboni – clochard si direbbe, nel tentativo di ingentilire una parola così cruda – possono sperare solo nelle associazioni di volontari.

Incontriamo i ragazzi di Steps, che ogni notte organizzano unità di strada per aiutare persone come Margarita e Vassilis.

A guidarli è un assistente sociale quarantenne che ama definirsi “lavoratore della strada”. Occhiali da aviatore inforcati sul naso e borsello a tracolla, Tassos Smetopoulos si aggira per il centro di Atene con la familiarità di chi si muove in un ambiente familiare. Dinoccolato e segaligno, saluta i fagotti di vestiti ammassati sul marciapiede come fossero amici di una vita.

“Christos è anziano e molto malato – Tassos indica una figura informe vicino a Panepistimio – Da mesi ripete che vuole raggiungere le isole, dove ha una figlia, ma non lo fa mai.”

I volontari di Steps passano di giaciglio in giaciglio informandosi sui problemi e sulle necessità di ognuno. Due volte a settimana allestiscono un centro di emergenza serale: un pasto caldo, una doccia, assistenza medica e legale.

Maria ha venticinque anni e una laurea in psicologia: mentre attende di trovare lavoro, è volontaria con i senzatetto: “Non ci limitiamo a portare loro un tè, vogliamo motivarli a riallacciare dei rapporti sociali – spiega in un italiano stentato, imparato durante l’Erasmus a Roma – Ma ad aiutarli siamo soli. La scorsa settimana ha nevicato e il Comune di Atene ha aperto alcuni dormitori alla periferia della città. Certo, erano stanze senza nemmeno una brandina, ma almeno erano al caldo. A mezzanotte però c’era il cambio di turno e siccome un sorvegliante notturno non si è presentato, hanno deciso di chiudere bottega e spedito tutti nella neve, ancora una volta.”

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