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venerdì 9 giugno 2017 

 

May è prima ma non ha seggi per governare. Corbyn: si dimetta

di Giorgio Ferrari

 

Il partito conservatore della premier Theresa May ha vinto le elezioni anticipate ma non è riuscito a conquistare la maggioranza assoluta: 315 deputati su 650 (-12). Labour in ascesa con 261 (+29)

 

Con 646 seggi assegnati sul totale di 650, i Tory della premier uscente britannica Theresa May avranno 315 deputati in Parlamento (perdendone 12, mentre per la maggioranza ne servono 326), i laburisti di Jeremy Corbyn ne otterranno 261 (ne guadagnano 29), lo Scottish National Party di Nicola Sturgeon 35 (ne perde 21) e i Lib Dem di Tim Farron 12 (più 4). I partito nordirlandese Dup guidato da Arlene Foster ottiene 20 seggi (+2), mentre Sinn Fein ne ha 7 (+3). Fuori dal Parlamento, secondo le proiezioni di Bbc/Itv/Sky Exit delle elezioni generali anticipate di ieri, resta l'euroscettico Ukip guidato da Paul Nuttall, mentre un brutto colpo incassa il liberaldemocratico Nick Clegg, ex vice premier tra 2010 e 2015 nel governo di coalizione con i conservatori. Si apre quindi lo scenario di un Parlamento "sospeso" (hung). Il leader del Labour, Corbyn, chiede un passo indietro alla premier. May parlerà alle 10 locali (le 11 in Italia).

Dopo la vittoria della Brexit e le traumatiche dimissioni di David Cameron un nuovo tsunami politico scuote il Regno Unito. Non è bastata a Theresa May la vittoria ai punti nella notte di venerdì, perché quella maggioranza relativa guadagnata dai Tories è a tutti gli effetti una sonora sconfitta: le elezioni volute dalla premier per rafforzare il governo e affrontare con maggior sicurezza lo scoglio delle trattative per l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa hanno di fatto privato i conservatori della maggioranza assoluta, rendendo così indispensabile un governo di coalizione. 

La débâcle dei Tories affonda in primo luogo la May stessa, punita da un elettorato che troppo superficialmente aveva stimato dalla propria parte e già fin d’ora al centro di critiche serrate all’interno del partito. «Una catastrofe, la hard Brexit è seppellita», ha sentenziato l’ex ministro Osborne, mentre, puntuale, la sterlina scivolava in basso di due punti. Il ciclone politico colpisce anche gli altri partiti: sparisce l’Ukip di Nigel Farage (vittorioso nel referendum con il 12% dei consensi) e perde un terzo dei seggi lo Scottish National Party di Nicola Sturgeon (e con esso la concreta prospettiva di un secondo referendum sull’indipendenza del Regno Unito), mentre crescono i liberaldemocratici (insieme agli scozzesi fortemente europeisti), che hanno preventivamente annunciato che non faranno alcuna alleanza con la May. 

Sugli scudi va Jeremy Corbyn, con il Labour che guadagna una trentina di deputati e che soprattutto riemerge dalla nebbia dell’irrilevanza. Quell’irrilevanza che ha spinto Theresa May a indire nuove elezioni, forte di un distacco di almeno 20 punti fra i due partiti. L’unica coalizione possibile fino a questo momento parrebbe quella con gli unionisti dell’Irlanda del Nord, forti di una decina di seggi. Quelli che mancano cioè alla May per garantirsi una risicatissima maggioranza di 2 punti.

Ora dunque viene il peggio. Con un leader dimezzato, incerto e propenso a gaffes clamorose come la “dementia tax” (un progetto di legge poi ritirato che contemplava la possibilità di far pagare con l’ipoteca del proprio immobile le cure sanitarie per gli anziani), ma anche con la pericolosa deriva autoritaria che implicava la sospensione di alcuni diritti civili (la famigerata “Sus Law”, il dispositivo che consente alla polizia di fermare, perquisire e arrestare chiunque sulla base del semplice sospetto), le elezioni di giovedì gettano un’ombra di inquietudine anche sull’Europa. 

Chi si presenterà all’appuntamento del 19 giugno con i negoziati per la Brexit? La May o il suo fantasma? Corbyn chiede le dimissioni della premier, ma è soprattutto il rumore di sciabole che s’indovina fra le file dei conservatori a lasciar capire che il futuro della signora dalle ballerine leopardate è quanto mai incerto. Il regolamento di conti di fatto è già iniziato.

 

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