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19 luglio 2017

 

G8, l’outing di Gabrielli: fu una catastrofe e ci fu tortura

di Ercole Olmi

 

G8, il capo della polizia ruba la scena con un’intervista a Repubblica alla vigilia dell’anniversario dell’omicidio di Carlo Giuliani. Perché lo fa?

 

«Il G8 di Genova fu una catastrofe» , in futuro, «non ci sarà mai più una nuova Genova: questo tempo non è passato invano». Lo assicura il capo della Polizia, Franco Gabrielli in un’intervista a Repubblica nella quale dice chiaramente: «a Bolzaneto ci fu tortura». «A Genova – ricorda Gabrielli pensando a Carlo Giuliani – morì un ragazzo. Ed era la prima volta dopo gli anni della notte della Repubblica che si tornava ad essere ucci in piazza. Un’infinità di persone, incolpevoli, subirono violenze fisiche e psicologiche che hanno segnato le loro vite. E se tutto questo, ancora oggi, è motivo di dolore, rancore, diffidenza, beh allora vuol dire che in questi sedici anni la riflessione non è stata sufficiente. Nè è stato sufficiente chiedere scusa a posteriori. Dopo dieci anni e e dopo le sentenze di condanna definitive per la Diaz e Bolzaneto». Della gestione dell’ordine pubblico a Genova, Gabrielli dice che «fu semplicemente una catastrofe. E per una somma di fattori, se vogliamo dirla tutta. Innanzitutto per la scelta sciagurata da parte del vertice del Dipartimento di pubblica sicurezza di esautorare la struttura locale, la Questura di Genova, dalla gestione dell’ordine pubblico. Quindi, per la scelta infelice della città, che per struttura urbanistica rendeva tutto più complicato. E da ultimo perchè si scommise sulla capacità dei Disobbedienti di Casarini e Agnoletto di poter in qualche modo governare e garantire per l’intera piazza. Capacità che dimostrarono purtroppo di non avere. Insomma, la dico in una battuta. A Genova saltò tutto e saltò tutto da subito. Fino alla scelta esiziale dell’irruzione nella Diaz». Parlando delle condanne per i fatti di Genova, Gabrielli osserva: «abbiamo assistito a condanne esemplari per la Diaz e a condanne modeste per Bolzaneto, dove l’assenza di una norma che configurasse il reato di tortura e l’improvviso evaporare della catena di comando e di responsabilità che aveva posto le premesse per cui una caserma del reparto mobile della polizia si trasformasse in un ‘garage Olimpo’ ha fatto sì che oggi si continui a parlare di Diaz e pochi ricordino Bolzaneto. Dove, lo dico chiaro, ci fu tortura. Tortura». Gabrielli parla da «uomo e capo della Polizia libero». E dice: «Se io fossi stato Gianni De Gennaro (all’epoca del G8 capo della Polizia, ndr) mi sarei assunto le mie responsabilità senza se e senza ma. Mi sarei dimesso. Per il bene della Polizia. Perchè ci sono dei momenti in cui è giusto che il vertice compia un gesto necessario a restituire la necessaria fiducia che un cittadino deve avere nell’istituzione cui è affidato in via esclusiva il monopolio legittimo della forza. E, contemporaneamente, a non fare sentire le migliaia di donne e uomini poliziotto dei ‘fusibili’ sacrificabili per la difesa di dinamiche a assetti interni all’apparato».

Forte dei decreti Minniti-Orlando, di un reato di tortura piuttosto spuntato, in un contesto di repressione fortissima, caratterizzata dalla discrezionalità dilatata per questure, prefetti e polizie, il capo della polizia fa una sorta di outing con sedici anni di ritardo. Un po’ come Woytila con Galileo Galilei. A poche settimane dalla gestione spregiudicata e brusca gestione del G7, il capo della polizia ruba la scena alla vigilia dell’anniversario dell’omicidio di Carlo Giuliani che fu archiviato come uso legittimo delle armi quando in realtà Carlo raccolse l’estintore solo dopo essersi vista una pistola puntata contro e in fondo a due ore di scontri innescati dalle cariche illegittime dei carabinieri. A guidare l’operazione è il giornale più governativo del momento, renzianissima Repubblica, a firma di uno dei tre giornalisti mainstream (gli altri sono di Corriere della sera e La Stampa) che hanno in sorte di raccogliere le volontà dei piani altissimi del Viminale. Il messaggio più chiaro di Gabrielli, che si rivendica il 25 marzo di Roma, è: ora abbiamo le misure di prevenzione, meglio impedire di manifestare piuttosto che fare gli scontri. Il lavoro sporco si fa prima e più discreto.

Gabrielli, in parte parla anche al suo mondo, lo rassicura, dice che sta dalla loro parte che la colpa non è delle guardie che scorazzavano per le strade di Genova ma conferma lo spessore politico esibito a Roma durante la stagione in cui fu prefetto, tutore, quasi supplente, di Marino nello scorcio di consiliatura disgraziato che fece seguito a Mafia Capitale. All’epoca qualcuno si domandò se volesse continuare la sua corsa verso il vertice della polizia o se volesse correre per la poltrona di sindaco di Roma che si stava per liberare. Ora lo sappiamo: se per De Gennaro si sono aperte le porte dei servizi prima e di Finmeccanica poi, Gabrielli potrebbe scendere in campo forte dell’esperienza di commissario a L’Aquila dopo l’infausto Bertolaso e capace di reggere la scena mediatica come ha mostrato di saper fare al tempo del naufragio della Concordia. D’altra parte, nella sua prima vita, Gabrielli è stato democristiano, legato a Letta, Franceschini, Alfano e ora, pare, gradito a Renzi. Ha tutte le carte in regola per sembrare il nuovo che avanza. Infatti trasuda irritazione il senatore Giro di Forza Italia che, col Pd si contende i favori della lobby di polizia: «Sono esterrefatto dall’intervista del capo della polizia Gabrielli. Allibito e amareggiato. È un’intervista destabilizzante. Serviva? E sopratutto a chi e a cosa serve questa intervista sparata nella prima pagina e nelle due successive di Repubblica?». Lo afferma il senatore di Fi Francesco Giro. «Ora si solleverà un inimmaginabile polverone ferragostano e conoscendo la rettitudine di Franco Gabrielli sarà lui il primo a pentirsene anche per il linguaggio, il lessico e le espressioni utilizzate. Esprimo la mia solidarietà a Gianni De Gennaro che io considero un servitore dello Stato. Peraltro la magistratura ha fatto chiarezza sulle responsabilità di ciascuno. Ognuno faccia il suo mestiere diceva mia nonna». Finora nessuna reazione del Coisp che, di solito, tenta di conquistare un titoletto sui giornali, proprio in questi giorni con sparate contro la memoria di Carlo e la vita di chi gli ha voluto bene.

A Genova, intanto, partono oggi le iniziative per gli anniversari: si discuterà della trappola del debito, ad esempio, e della rete europea per il diritto al dissenso.

 

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