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01-09-2017

 

Big Pharma e la Fondazione Gates: «Cavie per le industrie farmaceutiche»

di Sonia Savioli  

 

Nonostante i profitti annuali si aggirino intorno ai mille miliardi di dollari, l’industria farmaceutica mondiale ultimamente ha avuto un declino critico della quantità dei profitti, e di questo declino ritiene colpevoli le leggi che regolano le sue attività.

 

Vi proponiamo la traduzione integrale, a cura di Sonia Savioli, dell'articolo comparso su Global Research qualche tempo fa.

 

Nonostante i profitti annuali si aggirino intorno ai mille miliardi di dollari, l’industria farmaceutica mondiale ultimamente ha avuto un declino critico della quantità dei profitti, e di questo declino ritiene colpevoli le leggi che regolano le sue attività. Un gruppo di esperti USA ha calcolato che il costo di realizzazione di una nuova medicina si aggira sui 5.8 miliardi di dollari, il 90 per cento dei quali sono utilizzati per la Fase III della sperimentazione clinica richiesta dalla US Food and Drug Administration e dalle corrispondenti agenzie europee (si tratta di test condotti su ampi gruppi di soggetti umani al fine di confermare i risultati e gli effetti collaterali di nuovi vaccini e altre medicine). La multinazionale di consulenza di affari Mc Kinsey & Company ha definito la situazione “drammatica” e ha chiesto con forza ai dirigenti di Big Pharma di prendere in considerazione soluzioni che vadano oltre il semplice rimaneggiare i costi  di base. In primo luogo la delocalizzazione delle sperimentazioni nei mercati emergenti, dove i test di controllo dei medicinali sono a buon mercato, facili e veloci.

E’ in questo specifico contesto che bisogna guardare all’intervento della fondazione Gates nella fornitura di vaccini e contraccettivi. Pesantemente coinvolta negli interessi di Big Pharma, la fondazione Gates per la sua posizione è in grado di facilitare strategie farmaceutiche studiate appositamente per il terzo mondo, dove “per accelerare le trasformazioni degli studi scientifici in soluzioni utilizzabili, noi cerchiamo la strada migliore per valutare e definire potenziali interventi –come, per esempio, candidati per i vaccini- prima che si inizino dispendiosi e lunghi test clinici.”

In un linguaggio chiaro la Fondazione Bill e Melinda Gates promette di dare la sua assistenza a Big Pharma per eludere i regolamenti in vigore in Occidente, proponendo sperimentazioni brevi e a basso costo nelle periferie.

Gli strumenti di questa assistenza sono le istituzioni create dalla Fondazione Gates, come la GAVI Alliance, il Global Health Innovative Technologyes Fund, e il Program for Innovative Technology in Health (PATH), partner pubblico-privati che dichiarano di volersi dedicare a salvare vite nel terzo mondo. Ufficialmente indipendenti ma finanziate largamente da Gates per funzionare come strumenti della Fondazione, queste organizzazioni cominciarono a condurre sperimentazioni cliniche su larga scala in Africa e nel sud dell’Asia verso la metà dell’anno 2000.

L’Africa presto sperimentò  “un incremento senza precedenti della ricerca sanitaria coinvolgente esseri umani”, in particolare di quelli “afflitti dalla povertà e senza istruzione”. I risultati, come si poteva prevedere, furono letali. Nel 2010 la Fondazione Gates finanziò la Fase III della sperimentazione di un vaccino per la malaria della GlaxoSmithKline, somministrando il trattamento sperimentale a migliaia di bambini in sette paesi africani. Ansiosi di assicurarsi l’approvazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, necessaria per ottenere l’autorizzazione a distribuire il vaccino in tutto il mondo, Glaxo e BMGF (Bill e Melinda Gates Foundation) dichiararono che la sperimentazione aveva avuto un successo strepitoso e la stampa riportò acriticamente la pubblicità. Pochi si presero la briga di dare un’occhiata più da vicino ai documenti riguardanti lo studio clinico, che rivelavano che i risultati della sperimentazione erano di 151 morti e avevano causato “seri effetti collaterali” (paralisi, epilessia, convulsioni) in 1048 dei 5949 bambini tra i 5 e i 17 mesi. Storie simili emergono nell’ambito della campagna finanziata da Gates in Ciad con il vaccino MenAfriVac, dove rapporti non confermati riferiscono che tra i 50 e i 500 bambini vaccinati a forza contro la meningite hanno sviluppato paralisi. Citando altri abusi un giornale sudafricano dichiarò “Siamo cavie per i fabbricanti di medicinali”.

E’ stato in India però che il coinvolgimento della BMGF nella collaborazione con Big Pharma per la prima volta è balzato alla pubblica attenzione. Nel 2010 sette ragazzine tribali in Gujarat e Andhra Pradesh morirono dopo le iniezioni di HPV           (vaccino contro il Papillomavirus), facevano parte di uno studio su larga scala finanziato dalla Fondazione Gates e amministrato da PATH. I vaccini, sviluppati da Glaxo e Merck furono somministrati a circa 23.000 ragazzine tra i 10 e i 14 anni, con il pretesto di salvaguardarle dal cancro della cervice che avrebbero potuto sviluppare in tarda età.

In seguito, esaminando i dati della sperimentazione, i medici indiani valutarono che almeno 1200 ragazzine avevano subito gravi effetti collaterali o sviluppato patologie autoimmuni come risultato delle somministrazioni. Nessun ulteriore controllo o cura medica fu offerta alle vittime. Le seguenti inchieste rivelarono diffuse violazioni delle norme etiche. Inermi bambine dei villaggi furono spinte a gruppi nella sperimentazione, i loro genitori messi sotto pressione dai rappresentanti di PATH perché firmassero il consenso su documenti che non erano in grado di leggere, vantando falsamente la sicurezza e l’efficacia della medicina. In molti casi le firme furono semplicemente falsificate.

Una commissione parlamentare indiana appurò che la campagna vaccinale finanziata da Gates era in realtà una sperimentazione su larga scala, condotta su iniziativa delle aziende farmaceutiche e mascherata da “studio di controllo” allo scopo di aggirare le regole legislative.

La Commissione stabilì che PATH aveva “violato tutte le leggi e i regolamenti governativi sulle sperimentazioni cliniche” con una “evidente violazione dei diritti umani e con l’abuso di bambini”.

La Fondazione Gates non si scomodò a rispondere alle accuse ma nella sua “lettera annuale” auspicò ancora più Ricerca e Sviluppo nell’ambito medico nei paesi poveri, e riaffermò la propria fede nel “valore di ciascuna vita umana”.

 

Creare mercati

Sperimentando il vaccino per il Papillomavirus in India la Fondazione Gates non stava soltanto facilitando i test clinici a basso costo ma stava anche fornendo assistenza nella creazione di nuovi mercati per un prodotto insicuro e inefficace. La versione della Merck del vaccino, chiamata Gardasil, fu introdotta nel 2006 assieme a una poderosa campagna di marketing che produsse vendite annuali per 1.5 miliardi di dollari. Il vaccino fu proclamato “il prodotto dell’anno” da Pharmaceutical Executive, per “aver costruito un mercato sul nulla”. Aiutata dagli entusiastici consensi dei vertici medici, Merck infine convinse gli americani che il Gardasil avrebbe protetto le loro figlie dal cancro della cervice.

In realtà il vaccino è di dubbia efficacia: “la relazione tra infezione da papillomavirus in giovane età e sviluppo del cancro 20 o 40 anni dopo non è provata… Il virus non sembra particolarmente dannoso, dato che quasi tutte le infezioni da papillomavirus vengono risolte spontaneamente dal sistema immunitario. Alcune donne possono sviluppare lesioni cervicali precancerose e forse cancri della cervice. E’ impossibile al momento prevedere in quali donne e perché possa succedere”

Il prestigioso Journal of American Medical Association pose apertamente la domanda se i rischi del vaccino non superassero i potenziali benefici. Man mano che emergevano gli inconvenienti del Gardasil, le donne americane ed europee cominciarono a rifiutare il vaccino; nel 2010 la rivista Fortune dichiarò il Gardasil un “bidone” dal punto di vista economico, dato che le vendite scendevano del 18 per cento all’anno. Il vaccino identico della Glaxo, Cervarix, subiva un identico declino. Miliardi di introiti e di profitti erano bloccati. A questo punto entrò in campo la Fondazione Gates. Il suo principale strumento era la GAVI Alliance, lanciata nel 2000 dalla BMFG (Bill and Melinda Gates Foundation) con “lo scopo dichiarato di alzare il livello del mercato dei vaccini”. La Gavi ebbe i fondi dagli acquisti co-finanziati di vaccini da parte dei Ministri della Sanità del terzo mondo, nell’attesa di trovare “fondi su larga scala necessari per sostenere programmi a lungo termine di immunizzazione” e di “porre le basi che permetteranno ai governi di continuare i programmi di immunizzazione per lungo tempo anche dopo la fine del sostegno di GAVI”. In soldoni: BMGF compra gli stock di medicinali che non hanno incontrato una sufficiente domanda in Occidente, li spedisce nelle periferie a prezzo scontato e porta a casa accordi a lungo termine di forniture ai governi del Terzo Mondo.

Nel 2011 GAVI tenne un incontro grandemente pubblicizzato a Dhaka, nel quale, con l’approvazione entusiastica del Segretario Generale dell’ONU Ban Ki Moon, annunciò una campagna mondiale per diffondere il vaccino HPV (Papillomavirus) nel Terzo Mondo “se i paesi (in via di sviluppo) dimostreranno la loro capacità di distribuire il vaccino più di due milioni di donne e bambine in nove paesi potranno essere protette dal cancro della cervice entro il 2015”. La Glaxo adottò un “Modello Globale di Disponibilità di Vaccini” che prevedeva aumenti di prezzi scaglionati per “permettere una transizione ai paesi poveri con l’aiuto di partner come l’UNICEF, l’Organizzazione Mondiale della Sanita, e GAVI”. Nel frattempo PATH si precipitava a completare un progetto su larga scala di cinque anni “per produrre e diffondere informazione in ambito pubblico per l’introduzione dei vaccini HPV” in India, Uganda, Perù e Vietnam. Un rapporto del parlamento Indiano osservò: “Tutti questi paesi hanno dei programmi di vaccinazione statali che, se ampliati per includere il Gardasil, significheranno degli enormi benefici finanziari per i… produttori”.

Secondo le dichiarazioni fiscali del 2012 Merck fu in grado di avere un balzo del 35 per cento nelle vendite mondiali di Gardasil, a seguito tra l’altro di “risultati favorevoli in Giappone e nei mercati emergenti” dove “l’aumento delle vendite vede i vaccini al primo posto”. Evidentemente un medicinale che a buona ragione era giudicato con sospetto dagli americani era però buono abbastanza per le donne del terzo mondo.

Altri medicinali pericolosi, che non hanno avuto successo sui mercati occidentali, hanno ricevuto attenzioni simili dalla Gates Foundation. Norplant, un contraccettivo sottocutaneo che sterilizza le donne per cinque anni, fu eliminato dal mercato USA dopo che 36.000 donne accusarono gravi effetti collaterali non rivelati dai produttori, tra  cui eccessive emorragie mestruali, vertigini, depressione, nausea, cefalea. Leggermente modificato e rinominato Jadelle, lo stesso medicinale è ora promosso a tutto spiano in Africa da USAID, dalla Fondazione Gates e dai suoi affiliati. Un recente articolo nel sito collaterale della Fondazione Gates, Impatient Optimist, sorvola sui suoi pericoli e afferma falsamente che il medicinale non ha avuto successo negli USA perché inserire e rimuovere il dispositivo era “scomodo”. Con il sostegno della Fondazione Gates, tuttavia, Jadelle “ha giocato un ruolo fondamentale nel fornire gli impianti al terzo mondo”, e presto sarà completato da un secondo clone del Norplant, , l’Implanon della Merck.

Un contraccettivo ugualmente pericoloso, il Depo-Provera della Pfizer, recentemente ha ricevuto l’imprimatur della Fondazione Gates per la distribuzione alle donne povere di tutto il mondo. Negli USA e in India i gruppi femministi hanno lottato contro l’approvazione di questo farmaco per decenni, vista la lista allarmante di effetti collaterali, che includono “sterilità, emorragie, diminuzione della libido, depressione, ipertensione, aumento di peso, infezioni vaginali, perdita di capelli, offuscamento della vista, dolori delle articolazioni, crescita dei peli facciali, acne, crampi, diarrea, rash cutanei, stanchezza, gonfiori degli arti e potenzialmente irreversibile osteoporosi.

Dopo che la Food and Drug Administration USA cedette alle pressioni dell’industria farmaceutica e approvò il medicinale nel 1992, alcuni studi scoprirono una marcata disparità razziale tra le donne bianche e quelle afro americane nelle prescrizioni di Depo-Provera, che portarono all’accusa che “questa forma di controllo delle nascite a lungo termine è abitualmente prescritta alle donne di colore per privarle della possibilità di controllare autonomamente la loro stessa capacità riproduttiva”. Alle donne americane bianche e alle donne europee, al contrario, questo medicinale viene prescritto solo raramente e il più delle volte come trattamento per l’endometriosi, il che riduce molto il suo potenziale commerciale in occidente.

Perciò la Pfizer avrà un enorme beneficio dal programma portato avanti dalla Fondazione Gates, che annunciava a colpi di grancassa, al summit di Londra per la Pianificazione Familiare del 2012, di voler distribuire il medicinale a milioni di donne nell’Asia del sud e nell’africa subsahariana entro il 2016.

Facciamo i calcoli. Se 120 milioni di donne diventeranno nuove consumatrici di Depo-Provera, a un costo medio stimato tra i 120 e i 300 dollari l’anno a donna, il risultato è tra i 15 e i 36 miliardi di nuove vendite all’anno, un bel guadagno a fronte di una spesa di 4 miliardi in ricerca.

La pubblicità della Fondazione Gates vuole far credere che il suo aggressivo sostegno a questo discreditato medicinale sia semplicemente una risposta alle richieste delle donne povere. “Molte donne africane vorrebbero usare i contraccettivi sottocutanei ma non possono permetterselo” proclama il presidente e manager di PATH, Steve Davies. L’attivista per i diritti riproduttivi Kwame Fasu non è d’accordo: “Nessuna donna africana accetterebbe che le venisse iniettato, se fosse davvero a conoscenza dei pericolosi effetti collaterali di questo contraccettivo”.

 

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