Originale: Politics for the Prople

http://znetitaly.altervista.org/

24 agosto 2017

 

Tenere in ostaggio il mondo

di Ramzy Baroud

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Non troppo lontano da Seattle, nello Stato di Washington, ci sono otto sottomarini con missili balistici che trasportano i più grossi carichi del mondo di armi nucleari.

I sottomarini lunghi circa 170 m. sono ormeggiati nella base navale Kitsap-Bangor,

e trasportano ciò che è descritto da Rick Anderson in un recente articolo sul Los Angeles Times come “la più grande concentrazione di armi nucleari dislocate negli Stati Uniti.”

“Se fossimo una nazione sovrana,” ha scritto Anderson, citando le stime del governo, “lo Stato di Washington sarebbe la terza maggiore potenza del mondo per armi nucleari.”

Spesso siamo perseguitati  da questa  ovvia realtà, specialmente ogni volta che divampa  una crisi nucleare tra Stati Uniti e Corea del Nord, come quella iniziata alla fine di luglio. All’epoca il Presidente degli Stati Uniti  Donald Trump ha minacciato Pyongyang  di  “fuoco e furia come il mondo non ha mai visto prima”, mentre Kim Jong-un sembrava impassibile.

 

Gli Americani sono assicurati dalla loro potenza militare, sia convenzionale che nucleare. La maggior parte delle persone, qui, sono o inconsapevoli o semplicemente non si  preoccupano, della disparità tra le possibilità nucleari del paese e il minuscolo programma di armi  nucleari operato dalla Corea del Nord.

 

Durante un viaggio a Kitsap-Bangor all’inizio di Agosto, il Segretario alla  Difesa degli Stati Uniti, James N. Mattis, ha visitato  il sottomarino balistico a propulsione nucleare, USS Kentucky  e ha dichiarato che è  pronto all’azione, nel caso sia necessario.

Il carico nucleare che il solo USS Kentucky trasporta, equivale a 1.400 bombe, della dimensione di quelle che gli Stati Uniti hanno fatto cadere e che successivamente hanno distrutto Hiroshima, in Giappone, nel 1945.

 

Le minacce di azioni militari  da parte della Corea del Nord nelle scorse settimane, che sono una replica di episodi precedenti, come nell’aprile di quest’ anno e due volte l’anno scorso – dovrebbero provocare un allarme. E’, però, ancora più allarmante il fatto che le intere scorte nucleari della Corea del Nord consistono di 60 armi nucleari, in confronto alle 6.970 in possesso degli Stati Uniti, delle quali 1.750 sono operative.  Per mettere queste cifre in una prospettiva globale: in tutto il mondo si stima che ci siano 15.000 armi nucleari.

 

Mentre i Nordcoreani hanno bisogno di un sesto test ben riuscito per mettere una testa nucleare sui missili balistici intercontinentali, gli Stati Uniti ne hanno effettuati 1030, a cominciare dal luglio 1945.

Certamente non si può scusare il comportamento sciocco e disperato di Pyongyang e del suo ‘amato leader’. La verità, però, è che Kim Jong-un si sta comportando in modo coerente con l’eredità dei suoi antenati: dittatori paranoici che volevano disperatamente sopravvivere tra le rivalità del globo e una vecchia guerra ragionale che non è mai realmente finita.

 

Infatti c’è di più in questa crisi  che Kim Jong-un e le sue imprevedibili buffonate.

 

Nei media ordinari, ci si riferisce spesso alla Corea del Nord come a una ‘nazione altamente riservata’. Questi riferimenti danno agli esperti e ai politici una piattaforma

indiscussa per fare qualsiasi supposizione che vada loro bene.  L’eredità della Guerra di Corea (1950-53) che ha diviso la Corea e i suoi popoli non è però un segreto. Si stima che 4 milioni di persone, compresi 2 milioni di civili, siano state uccise in quella guerra crudele.

Gli Stati Uniti e i loro alleati hanno combattuto quella guerra sotto la bandiera delle nascenti Nazioni Unite. Non è molto difficile immaginare il motivo per cui i nordcoreani aborriscono gli Stati Uniti, non si fidano degli alleati degli Stati Uniti, detestano l’ONU e le sue ripetute sanzioni, specialmente perché il paese spesso soffre di insicurezza alimentare – tra gli altri problemi.

 

La leadership nord coreana deve anche seguire gli sviluppi tra Iran e Stati Uniti riguardo all’accordo nucleare firmato nel 2015.

Mentre i due argomenti sono spesso discussi separatamente, devono essere collegati per varie ragioni.

Una di queste è che anche la Corea del Nord ha raggiunto varie intese con gli Stati Uniti tramite dei mediatori, tra gli anni ’90 e 2000, per limitare il suo programma nucleare. Nel 2005 ha accettato di lasciar perdere “tutte le armi nucleari e i programmi nucleari esistenti.”

 

L’argomento non è stato mai perseguito con la necessaria serietà, in parte perché gli Stati Uniti hanno bisogno di un qualche genere di minaccia per giustificare la loro presenza militare nell’Asia Orientale, per opporsi alla crescente influenza cinese in quella zona.

Il costo di quelle politica è, però ad alto prezzo, dato che la minaccia nucleare sta emergendo ancora una volta, ripetendo precedenti scenari e gettando le basi per un conflitto totale.

 

L’Iran non ha armi nucleari. L’accordo nucleare che ha raggiunto con l’Occidente, e ufficialmente denominato Piano di Azione Comprensivo Congiunto, ha richiesto l’abolizione della maggior parte delle sanzioni su Teheran che in cambio ha limitato il suo programma nucleare.

 

Tuttavia, in seguito all’accordo, un periodo di breve durata di relativa calma tra Teheran e Washington è terminato con una rinnovata ostilità. L’Ambasciatrice degli Stati Uniti all’ONU, Nikki Haley, sta sollecitando altre sanzioni contro l’Iran, esortando il Presidente iraniano, Hasan Rouhani, ad avvertire che il suo paese è pronto a cancellare il patto nucleare “nel giro di ore” se verranno imposte nuove sanzioni.

 

Rouhani ha soprannominato Washington “non un buon partner.”

Avendo anche raggiunto le loro conclusioni che Washington è “non un buon partner”,  i nordcoreani sembrano determinati ad acquisire i missili balistici della classe ICBM, necessari a miniaturizzare le armi nucleari per adattarvi le testate nucleari. Ma raggiungendo questa inquietante pietra miliare, Pyongyang  penserebbe di avere una buona occasione di raggiungere un accordo più concreto in futuri negoziati con Washington.

 

Quest’ultimo, almeno per ora, sta usando la fase acuta con la Corea del Nord per mandare ulteriormente avanti il suo ‘perno nell’Asia’, un procedimento finora non riuscito che era iniziato durante l’amministrazione di Barack Obama. Il motivo che c’è dietro la linea politica è circondare la Cina con gli alleati degli Stati Uniti e con materiale militare che impedirebbe alle forze armate cinesi di espandere la loro influenza oltre le loro immediate acque territoriali.

Certamente, la Cina per un po’di tempo è stata frustrata dal comportamento della Corea del Nord e si è, di fatto, unita alla Russia per aggiungere altre sanzioni dell’ONU a Pyongyang. Tuttavia, considerando che la Cina comprende pienamente che il comportamento di Washington è in gran parte motivato dal suo desiderio di fermare una Cina espansionista, Pechino sa che la battaglia per la Corea del Nord è anche una battaglia per la leadership regionale della Cina.

 

In un recente editoriale, il ‘Global Times’* pubblicato dal quotidiano ufficiale del Partito Comunista Cinese, cioè il Quotidiano del Popolo,  ha scritto questo messaggio

sia per Washington che per Pyongyang:

“Se la Corea del Nord lancerà dei missili che minacciano prima il suolo statunitense e se gli Stati Uniti reagiranno, la Cina rimarrà neutrale,” ha scritto. Se però gli Stati Uniti e il loro alleato, la Corea del Sud, affrontano Pyongyang e cercano di “rovesciare il regime nord coreano e di cambiare il modello politico della Penisola Coreana, la Cina impedirà loro di farlo.”

 

Mentre molti a Washington si sono concentrati sulla parola ‘neutrale’,  hanno prestato

poca attenzione alla frase “glielo impediremo.” Chiaramente, la Cina sta parlando di un intervento militare, dato che la Cina e la Corea del Nord sono ancora alleate in seguito al trattato che hanno firmato nel 1961.

Sia Trump che Kim sono personaggi discutibili, spinti da ego fragili e da valutazioni dissennate. Entrambi, tuttavia, sono in una posizione che, se non viene controllata presto, potrebbe minacciare la sicurezza globale e le vite di milioni di persone.

Tuttavia il problema è di gran lunga più grande dei due leader pazzoidi. Ci sono altri sette paesi che possiedono armi nucleari e che sono: Russia, India, Pakistan, Israele, Cina e Francia. Queste armi hanno soltanto un uso orribile.

 

Se l’intenzione è davvero quella di rendere il mondo un posto sicuro, non c’è necessità che nessuno le possieda, a scopo di ‘deterrenza’ o per qualsiasi altro motivo. Né  Washington, né  Pyongyang oTel Aviv o nessun altro dovrebbe tenere il mondo in ostaggio, pretendendo un riscatto politico ed economico in cambio di non distruggere il nostro pianeta.

Investire in tale male in un periodo in cui il mondo sta già soffrendo per la guerra, la disuguaglianza economica, la fame e i disastri climatici, è la reale definizione di pazzia.

 

Nota

*https://it.wikipedia.org/wiki/Global_Times

 


Ramzy Baroud è un giornalista, scrittore e direttore di Palestine Chronicle. Il suo prossimo libro è: ‘The Last Earth: A Palestinian Story’ (Pluto Press). Baroud ha u dottorato in Studi Palestinesi dell’Unniversità di Exeter ed è Studioso  Non Residente presso il Centro Orfalea per gli Studi Globali e Internazionali all’Università della California. Visitate il suo sito web: www.ramzybaroud.net.


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/holding-the-world-hostage

 

top