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martedì 24 ottobre 2017 

 

Corea del Nord, Trump allerta i bombardieri

di Elena Molinari 

 

L'ordine del presidente: i B-52, in grado di trasportare ordigni nucleari, siano pronti ad agire «in 24 ore». È la prima volta dalla fine della Guerra Fredda

 

La tensione fra Stati Uniti e Corea del Nord passa dalla retorica ai fatti. Per la prima volta dopo la fine della Guerra fredda, nel 1991, Donald Trump ha messo in preallarme la flotta di B-52, chiedendo alle forze armate di prepararsi ad avere i bombardieri nucleari pronti ad agire «in 24 ore». D’ora in poi basterà un semplice ordine perché nel giro di pochi minuti l’aviazione militare Usa posizioni una quarantina di B-52 Stratofortress, in grado di trasportare ordigni nucleari e con un’autonomia fino a 14mila chilometri, su piazzole di cemento alla fine della pista della base di Barksdale, nel nord-ovest della Louisiana, pronti al decollo. L’ordine deve essere dal comandante delle forze strategiche, generale John Hyten, responsabile delle forze nucleari, o dal comandante del comando nord degli Stati Uniti, Lori Robinson, responsabile della difesa del territorio americano, su indicazione del presidente americano . 

 

La notizia non è stata ancora confermata dal Pentagono, ma proviene dal generale David Goldfein, ex vice capo del personale dell’Air Force, che l’ha comunicata alla Fox News, emittente vicina all’Amministrazione repubblicana. «Questa è la dimostrazione che abbiamo fatto un altro passo in avanti nel prepararci a ogni evenienza – ha dichiarato Goldfein – non c’è’ nulla di pianificato, non c’è un allarme specifico, ma la situazione è quella che è: dobbiamo tenerci pronti». Alcuni osservatori hanno letto il preallerta come un’ulteriore dimostrazione di forza del tycoon nei confronti di Pyongyang, anche se questa volta il capo della Casa Bianca è andato oltre la retorica di “fuoco e furia” minacciati dal miliardario nei confronti di Kim Jong-un. Trump ad esempio ha già firmato un ordine che richiama in servizio un migliaio di piloti militari per i B-52 e altri velivoli da guerra. 

E nella base di Barksdale, in Louisiana, si sta ristrutturando un vecchio edificio in cemento dove saranno alloggiati a tempo indeterminato, a turno, un centinaio di piloti e avieri per volta che dovranno restare pronti per un eventuale ordine di attacco. Ad aver alzato il livello della preoccupazione è anche la conferma da parte della Casa Bianca che Trump non ha in programma di recarsi nella zona demilitarizzata al confine tra Corea del Sud e Corea del Nord durante la sua prossima visita nella regione. Un funzionario dello staff presidenziale, in forma anonima, ha però precisato che il presidente parlerà alle truppe americane a Camp Humphrey, che si trova a sud di Seul, e sottolineato che «non è una questione di sicurezza». 

 

Resta il fatto che Trump sarebbe il primo presidente in 60 anni a non approfittare di un viaggio in Corea del Sud per recarsi nella striscia di terra che attraversa la Penisola istituita dopo l’armistizio tra Seul e Pyongyang nel 1953. Il segretario di Stato, Rex Tillerson, e il presidente sudcoreano Moon Jae-In, avrebbero però espresso il timore che la visita possa portare a un’ulteriore escalation della guerra di parole di Trump con il dittatore Kim Jong-un. Altri fanno però notare che sono necessari atti ben più significativi per raffreddare una situazione sempre più tesa. Leon Panetta, ex capo della Cia e del Pentagono, ha ad esempio lanciato un monito a Trump invitandolo a non fare altri passi di tipo militare che potrebbero sfuggire di mano: «Certo, con Pyongyang bisogna essere preparati a tutto, ma bisogna continuare a spingere sulla collaborazione con la Cina, lavorare con gli alleati, aumentare la pressione diplomatica ed attuare le sanzioni», ha spiegato in un convegno a Washington dell’Hudson Institute sull’estremismo in Medio Oriente. La retorica e i gesti degli ultimi mesi, ha aggiunto Panetta senza nominare direttamente Trump, rischiano invece di aggravare la situazione.

 

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