Originale: The Guardian

http://znetitaly.altervista.org/

7 febbraio 2017

 

I consiglieri di Trump vogliono una nuova guerra civile: non dobbiamo permettere che ci riescano

di Paul Mason

giornalista britannico e broadcaster

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

E’ stato eletto un presidente degli Stati Uniti discusso e controverso. I governi dello stato si oppongono alla sua volontà. Lo scontento popolare esplode in violenza di basso livello in vari stati. E poi?

Ci siamo già trovati in questa situazione. Nel 1861 il presidente eletto da poco, Abraham Lincoln, si era dovuto portare via passando da Baltimora, su un treno segreto diretto a Washington D.C., per sventare un sospetto complotto per assassinarlo. Non molto  tempo dopo che aveva preso il potere, iniziò una guerra civile di 5 anni.

Anche se aveva ampiamente perduto la guerra civile americana, la destra razzista negli Stati Uniti si è consolata per decenni leggendo folli romanzi di “storia alternativa” in cui le cose finiscono in maniera diversa.  Ora, la rivista Time, ha rivelato che Steve Bannon, il capo dell’entourage   della Casa Bianca e  assistente più fidato di Donald Trump, crede che la prossima fase della storia americana dovrebbe essere così catastrofica e drammatica come il conflitto del 1861-65.

Le storie “Supponiamo che…” sulla guerra civile sono entrate nella letteratura negli anni ’50, nell’epoca in cui il sistema di apartheid denominato Jim Crow,* veniva contestato dai dimostranti neri. Nel romanzo di Ward Moore del 1953, Bring the Jubilee, vediamo la Confederazione che vince la guerra ma libera gli schiavi. Questo si trova anche in: If the South Had Won the Civil War una storia immaginaria dello scrittore di sinistra McKinlay Kantor, pubblicata nel 1960. In questi e in altre ricerche del XX secolo della storia fantastica della vittoria dei Confederati, il sud vince, ma è costretto a porre fine alla schiavitù allo scopo di scatenare il capitalismo industriale. Il significato sottinteso non è difficile da decifrare: la guerra tra i fratelli bianchi americani è stata inutile, dato che lo sviluppo economico avrebbe risolto comunque il problema della schiavitù.

Tuttavia, dopo gli anni ’80, la nuova destra americana vedeva le cose in maniera diversa. Newt Gingrich che allora era presidente della Camera dei Rappresentanti e ora è sostenitore di Trump, si era preso una pausa nella sua opera  di impeachment di Bill Clinton, per scrivere insieme ad altri tre romanzi di storia alternativa atrocemente catastrofici, riguardanti la guerra civile. In Never Call Retreat, il romanzo finale della trilogia, scritto da Gingrich insieme a  William Forstchen e ad Albert Hanser, gli Unionisti vincono la guerra, ma, di conseguenza, il sud ottiene la pace. Con l’esercito dell’Unione  del generale Sherman, pronto a distruggere Atlanta, il comandante dei Confederati, Robert E. Lee, convince il sud ad arrendersi. “La pazienza dei nostri oppositori è alla fine,” questo Lee inventato dice al governo Confederato.  “Otterremo  un terribile  vortice  che lascerà il segno sulla nostra nazione per le generazioni future.” Lincoln poi pronuncia il discorso di Gettysburg a una nazione che ha, di conseguenza, fatto pace con i proprietari degli schiavi e con l’ideologia della supremazia bianca della quale avevano vissuto.

Mentre si riflette sui parallelismi con oggi, considerate questa affermazione di Bannon, fatta durante il suo programma radiofonico nel 2015, per spiegare la visione del mondo del suo sito Breitbart: “E’ la guerra. E’ la guerra. Ogni giorno pubblichiamo:  l’America è in guerra, l’America è in guerra. Noi siamo in guerra.”

Per Bannon, il nemico n.1 in questa “guerra” è l’Islam, e la Cina è il n. 2. C’è, però, anche una Quinta Colonna in America di cui ci si deve occupare, in quanto parte di una “guerra esistenziale globale”. Per Bannon questa rientra in una teoria generazionale del potere americano per la quale la nazione realizza il suo destino attraverso un ciclo di crisi catastrofiche: prima, la rivoluzione del 1776, poi la guerra civile, poi l’intervento nella seconda guerra mondiale e infine la crisi che Bannon intende provocare per mezzo di Trump.

Bannon e Gingrich: ecco due uomini che influenzano la carica più importante del mondo le cui convinzioni circa la dinamica della storia statunitense potrebbero essere meglio definite: cazzate pericolose.  Bannon  fantastica sulla trasformazione della guerra culturale in guerra reale; Gingrich fantastica sulla sopravvivenza di un sud non distrutto. Paragonato a loro, Trump, le cui fantasie sembra ruotino intorno alle donne, all’oro e ai grattacieli, ha un’immaginazione molto meno pericolosa.

Data la lezione nella sede di Berkeley dell’Università della California, durante dei disordini, inflitta  alla star di Breitbart, Milo Yiannopolous, e i ripetuti scontri fisici tra i fautori della supremazia della razza bianca e i dimostranti contrari a Trump, è chiaro il potenziale per l’escalation. Dan Adamini, un funzionario del Michigan del Partito Repubblicano, ha twittato che una soluzione come quella della “Kent State”, si dovrebbe applicare ai dimostranti di sinistra, cioè: ucciderli sparando, come ha fatto la Guardia Nazionale dell’Ohio nel 1970.

Per una nuova generazione di dimostranti cresciuti con i miti del periodo post-1968, vale la pena far notare una sola grossa differenza. Questa volta non dobbiamo affrontare dei conservatori spietati che difendono un ordine esistente per i quali l’uccisione di 4 studenti alla Kent State University, in Ohio, (nel 1970) aveva provocato una crisi politica. Questa volta affrontiamo persone che vogliono che le istituzioni statunitensi esplodano. Questo è ciò che accade nella teoria del “Fourth Turning” (Il quarto punto di svolta)** in cui credono personaggi come Bannon.

E’ agghiacciante riconoscerlo, ma dobbiamo farlo: larghi settori della destra americana vogliono un’altra guerra civile. Hanno trascorso anni accumulando gli armamenti a questo scopo e anche il loro indicatore preferito – il camuffamento da cacciatori – fornisce un importante indizio riguardo a che cosa pensano adesso. In questa situazione, la scelta della sinistra americana, delle minoranze, delle donne dovrebbe essere: opporsi, ma non dare al nemico quello che vogliono.

L’urlo più forte arrivato la settimana scorsa dal campo di Trump, è stato provocato  dalla sospensione da parte della magistratura del bando  anti-musulmano per i visti.  Urla ancora più forti saranno provocate se gli stati e le città governati dai progressisti,   cominceranno a esercitare i loro diritti di  contestare Trump, come ha fatto la polizia di San Francisco, sospendendo la collaborazione ai tentativi di contro-terrorismo dell’FBI.

La disobbedienza pacifica di massa contro Trump, è una realtà. Unita alla difesa giudiziale della costituzione  e alla decisa opposizione del Congresso, può assicurare che la Casa Bianca diventi un cella imbottita per questi visionari e non il bunker del comando della guerra civile americana 2.0.

 

note

*https://it.wikipedia.org/wiki/Leggi_Jim_Crow

**https://forum.termometropolitico.it/699947-la-teoria-generazionale-di-william-strauss-e-neil-howe.html (nell’ultima parte dell’articolo c’è un sunto in italiano, n.d.t.)

 


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/trumps-advisers-want-a-new-civil-war-we-must-not-let-them-have-it

top