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7 febbraio 2017

 

La fosca cartografia dello stato pre-fascista

di Richard Falk

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Punti di partenza

L’ascolto del discorso di Trump per l’insediamento, il 20 gennaio, mi ha portato a meditare su che cosa può significare vivere in uno stato pre-fascista. Dopo aver riflettuto sui passaggi fondamentali e sulle conversazioni con amici, sono giunto alla conclusione che tutti gli elementi erano a posto, anche se messi davanti a noi con l’imprecisione di un demagogo.

Non dubito, tuttavia, che ci sono molti ideologi che attendono dietro le quinte,     forse ora sistemati comodamente nell’Ala Ovest, pronti a occuparsi dei  brutti momenti concettuali e a fornire una copertura  ideologica, e ad aggiungere  la parvenza  della coerenza.

Considerando le offese quotidiane che arrivano quotidianamente dalla Casa Bianca fin dalla scossa  dell’insediamento,  gli anni futuri saranno un bel problema per tutti noi, con molte crudeltà che vengono preparate per coloro che sono più vulnerabili.

Naturalmente, la Dimostrazione delle Donne del 21 gennaio è stata temporaneamente salvifica e, se questa energia può essere duratura, è potenzialmente  trasformativa. E’ strano da immaginare, ma ci potrebbe essere proprio una tacita ed effettiva collaborazione tra lo stato profondo della sicurezza nazionale e il populismo progressista che convergono intorno a motivi divergenti per opporsi fortemente alla tecnica dì ‘colpisci e terrorizza’ usata dalla presidenza Trump. Forse Trump può inventare ‘fatti alternativi’ per ripristinare la sua narcisistica autostima, ma quando si arriva a parlare di un programma, finora è stato tristemente fedele alla sua parola! Questo soltanto dovrebbe incoraggiare un’opposizione unificata, vivace e determinata. Se lo ha potuto fare il Tea Party, perché non possiamo farlo noi?

 

Il momento pre-fascista

Per prima cosa, è necessario esporre il caso per cui si osserva il Discoro di insediamento di Trump come una dichiarazione pre-fascista:

1) Porre il potere e la legittimità nelle persone, ma soltanto in coloro il cui appoggio è stato determinante nell’elezione del nuovo presidente; la maggioranza popolare che era contraria si presume sia stata irrilevante, o peggio ancora.

2) Denigrare la classe politica di entrambi i partiti in quanto corrotta e responsabile del declino del paese e delle avversità inflitte ai suoi seguaci;

3) Contare su un’incondizionata fiducia di massa nel grande leader che promette una rottura con il passato e che da solo sarà in grado di superare il vecchio ordine stabilito, e di produrre i cambiamenti necessari in patria e all’estero.

4) Rendere credibile la visione del cambiamento, nominando principalmente uomini bianchi, la maggior parte con credenziali della destra alternativa, miliardari o beatamente ignoranti circa i ruoli loro assegnati e circa un curriculum passato di opposizione a una missione burocratica che hanno promesso di compiere (sia ambiente, o energia o istruzione o economia).

5) L’approvazione di un nazionalismo elitista che eleva ‘America per prima’ allo status di Primo Principio,  erige un muro contro i vicini ispanici, adotta una posizione crudele e punitiva verso i Musulmani e gli immigrati senza documenti, mostra ostilità per i diritti delle donne, il matrimonio dei gay, e la dignità dei trans, minaccia anche le minoranze non-bianche, i residenti dei quartieri poveri, e le voci indipendenti nei media e altrove.

6) Elogia i militari e la polizia come la spina dorsale del carattere nazionale, allenta la protezione per la violenza civile o militare, il che aiuta a comprendere la scelta di una serie di generali che servono in ruoli civili delicati,  il rinnovamento di Guantanamo e l’indebolimento delle politiche anti-tortura.

7) L’inquietante assenza di un movimento di opposizione anti-fascista sufficientemente mobilitato, di una leadership e di un programma. Il Partito Democratico non ha colto l’attimo con vigore e creatività; la leadership progressista populista deve ancora emergere e ispirare fiducia e speranza; finora ci sono scintille, ma non un fuoco.

Fortunatamente, ci sono alcune altre tendenze più incoraggianti che potrebbero  preparare sfide anti-fasciste dall’interno e dal basso:

1) Trump ha perduto il voto  popolare , gettando un’ombra sul suo mandato rivendicato di essere il veicolo del ‘popolo’; inoltre, il suoi indice di gradimento continua a diminuire ed è ora al di sotto del 40%, secondo sondaggi attendibili;

2) I segnali di intensa insoddisfazione stanno provocando attività di protesta che sono massicce e che sembrano profondamente radicate in convinzioni e impegni di cittadini comuni, specialmente di donne e di giovani;

3) La società americana non è in crisi e gli appelli degli estremisti di destra sono costretti a dipendere da una descrizione molto esagerata e ingannevole di emergenza nell’economia americana, dai mali della globalizzazione economica e da ingiuste relazioni commerciali che è sottinteso siano  in gran parte  ‘false’;

4) Ci  sono delle spaccature all’interno del Partito Repubblicano e delle fondazioni di ricerca governative, specialmente riguardo ala politica economica e internazionale e alla sicurezza, che potrebbero provocare  un’intensificazione di tensioni interne e contestazioni nei riguardi della leadership di Trump;

5) C’è una crescente insoddisfazione all’interno dell’intelligence bipartisan e delle burocrazie della sicurezza nazionale su fatto che Trump e il trumpismo possano essere domate prima che  sfasci l’ordine internazionale post -1945 che dipende dalla presenza militare globale dell’America, da una rete di alleanze e da una inclinazione  verso una seconda guerra fredda incentrata sull’ostilità verso la Russia; se non viene domata, presto emergeranno scenari di impeachment basati non su preoccupazioni reali, ma costruite attorno a conflitti economici di interessi, compensi e transazioni illegali.

Certamente, nella mia esistenza, con la probabile eccezione della Grande Depressione, l’America non è stata messa alla prova come  adesso. Forse non fin dalla Guerra Civile americana tanto è stato in gioco e messo in pericolo.

Il tradizionale affidamento fatto sui partiti politici e le elezioni, non sarà utile fino a quando il clima politico sarà radicalmente alterato da forze dal basso e senza o dall’alto e dall’interno. E’ strano, ma le due principali forze di opposizione alla realtà pre-fascista che minacciano il futuro del paese e del mondo sono: il populismo progressista, come è evidente nel diffuso movimento di protesta della base  che ha preso forma immediatamente dopo l’ascesa di Trump alla presidenza, e lo stato profondo (cioè uno stato nello stato)  come manifestato dalla defezione anti-Trump dell’intelligence e degli specialisti della sicurezza nazionale sia dei ranghi Repubblicani che di quelli Democratici , durante e dopo la recente campagna presidenziale.

Infine la descrizione dell’attuale realtà politica come ‘pre-fascista’, invece che ‘fascista’, è fondamentale per questo tentativo di rappresentare accuratamente il momento storico associato all’assunzione formale di Donald Trump come 45° presidente degli Stati Uniti.

Parlare degli Stati Uniti come se fossero uno stato fascista, vuol dire falsificare la natura del fascismo, e screditare il discorso critico, facendolo sembrare isterico. Non c’è dubbio che ci sono già tutti i tasselli al loro posto che potrebbero facilitare un’orrenda transizione dal pre-fascismo al fascismo, e questo potrebbe avvenire con la velocità della luce. E’ anche tristemente vero che l’elezione di Donald Trump rende il fascismo una spada di Damocle appesa con un filo logoro sul corpo elettorale   americano.

Tuttavia, non dovremmo trascurare le realtà molto divere che riguardano il pre-fascismo.

Negli Stati Uniti resta possibile organizzarsi, protestare e opporsi senza seri timori di rappresaglie o di detenzioni. I media possono rivelare, mettere in ridicolo e criticare senza chiusure o azioni punitive, affrontando soltanto i tweet rabbiosi e offensivi di Trump, anche se una tale reazione non dovrebbe essere minimizzata, dato che potrebbe avere un dannoso impatto intimidatorio sul modo in cui la notizia viene riportata.

Siamo in una situazione in cui l’essenziale sfida politica è quella di radunare le energie e la creatività per costruire   intorno alla democrazia costituzionale nella sua forma attuale negli Stati Uniti, e sperare che un umore politico più sensato, più umano, porti rapidamente a ripudiare quelle politiche e quegli atteggiamenti che derivano da questo insieme pre-fascista di circostanze.

 


Richard Falk è un Professore Emeritus americano di Legge Internazionale all’Università di Princeton. Ha appena completato un mandato di sei anni come Inviato Speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani dei palestinesi. Falk è socio della Fondazione per la ricerca futura, dove questo saggio è stato originariamente pubblicato.


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

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Fonte: http://www.counterpunch.org/2017/02/07/the-dismal-cartography-of-the-pre-fascist-state

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