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Venerdì 10 febbraio 2017

 

La mano di Trump sui minerali insanguinati

di Marta Gatti

 

Il presidente vuole smantellare il Dodd-Frank Act, diretto a colpire le aziende americane che acquistano minerali provenienti dalle zone in conflitto, come nella Repubblica Democratica del Congo, alimentando il sistema economico dei numerosi gruppi armati. La motivazione? Crea troppi danni economici alle compagnie Usa.

 

Mano libera sui minerali di conflitto? Gli Stati Uniti di Donald Trump sono pronti ad approvare un ordine esecutivo che sospende per due anni i controlli sulle aziende che utilizzano minerali come il coltan, il tugsteno, l’oro e il tantalio. Il nuovo ordine è stato pubblicato sul sito del quotidiano inglese The Guardian, che ha riportato il testo originale scritto dall’amministrazione Trump. Si tratta di una revoca temporanea della riforma di Wall Street che contiene il Dodd-Frank Act, approvato nel 2010. L’atto obbliga le compagnie quotate in borsa a garantire che nessun prodotto contenga minerali provenienti dalla Repubblica democratica del Congo o dai paesi vicini.

Ci sono voluti diversi anni per l’approvazione di leggi che avessero l’obiettivo di rompere il legame tra i numerosi gruppi ribelli, che operano nell’est della Rd Congo e il commercio illecito di materie prime, che rappresenta la loro principale fonte di sostentamento economico. Una di queste leggi è proprio il Dodd-Frank Act, diretto a colpire le aziende che acquistano minerali provenienti dalle zone in conflitto, alimentando il sistema economico dei numerosi gruppi armati.

Nel testo del decreto diffuso dal Guardian si legge che dalla sua approvazione il Dodd-Frank Act avrebbe avuto conseguenze negative per le compagnie statunitensi, compresa la perdita di posti di lavoro e maggiori oneri per le aziende a causa delle regole sui minerali di conflitto. Gli interessi nazionali degli Stati Uniti devono venire per primi. L’ordine esecutivo sottolinea le spese per le compagnie, obbligate a tracciare l’origine dei minerali attraverso la loro filiera.

Una filiera molto complessa dato che il luogo dove le materie prime vengono estratte non coincide con quello in cui sono assemblate. Basti pensare alle multinazionali della tecnologia i cui prodotti transitano attraverso diversi continenti prima di arrivare nelle mani del consumatore.

I minerali coinvolti nel commercio illecito, che arricchisce i gruppi armati, sono molto ricercati e sono alla base di prodotti tecnologici come: telefoni cellulari, tablet e computer. La filiera congolese di un minerale come il coltan è molto complessa vista la molteplicità di attori coinvolti: minatori, intermediari, commercianti e venditori. Il minerale estratto nella  Repubblica democratica del Congo può finire facilmente nei comptoir di vendita rwandesi o ugandesi e a quel punto l’origine della materia prima è molto difficile da determinare.

Non si tratta della prima volta in cui il Dodd-Frank Act viene modificato. Già nel 2014 la lobby delle aziende high-tech aveva ottenuto da una corte federale la cancellazione di una norma che prevedeva l’obbligatorietà per le compagnie di indicare sul loro sito web la presenza di minerali di conflitto nei loro prodotti. Secondo la corte, infatti, la norma violava il primo emendamento.

L’ordine esecutivo dell’amministrazione statunitense spiega che, durante i due anni di sospensione della legge, verranno proposte soluzione alternative. L’amministrazione auspica di individuare nuove norme che rompano il legame tra gruppi ribelli e commercio dei minerali. In particolare nell’atto si parla di individuare persone e soggetti che violano la legge o i diritti umani.

Difficile immaginare come sia possibile individuare questi soggetti in un contesto come quello della Rd Congo, in cui si moltiplicano i gruppi che controllano il territorio con la forza e in cui lo stupro viene utilizzato come arma di guerra.

A battersi per la tracciabilità dei minerali sono le organizzazioni della società civile locale, ong internazionali e nazionali in molti paesi, ora preoccupate per le conseguenze di questo ordine esecutivo quando la firma di Donald Trump lo renderà effettivo.

Anche i rappresentanti dell’Unione europea hanno raggiunto, il 15 giugno 2016, un accordo politico sul nuovo regolamento sui minerali dei conflitti. È un accordo parziale (obbligatorietà di due diligence solo per i grandi importatori di metalli e loro materiali grezzi e non mette al centro le persone) che non accontenta del tutto il mondo delle organizzazioni della società civile che da anni si batte per bandire quei minerali e per una trasparenza e tracciabilità totale della filiera.

Nigrizia aveva dedicato l’editoriale di maggio 2016 al tema.

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