Originale: Foreign Policy in Focus

http://znetitaly.altervista.org/

31 marzo  2017

 

Iniziare una Guerra 

di John Feffer

direttore di Foreign Policy In Focus

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Vediamo, quindi se ci ho azzeccato.

La Corea del Nord ha spinto il suo alleato, la Cina, a tenere a freno gli Stati Uniti. Pyongyang è preoccupata che Washington stia per lanciare un attacco preventivo, cosicché ha cercato di usare qualunque minima quantità della sua influenza per convincere la Cina a usare il suo notevole potere economica con gli Stati Uniti per riuscire a far sentire la ragione a quegli zucconi che sono all’interno della Beltway.

Oppure ho capito male il resoconto alla radio.

Che ne dite di questo: quando era candidato alla presidenza, Donald Trump ha promesso di smettere con gli sconsiderati interventi militari americani oltremare, come quello che detestava così tanto (dopo che era fallito) in Iraq. E così, da presidente, sta ritirando tutte le truppe dalla Siria, sta riducendo la presenza militare degli Stati Uniti in Asia, e sta facendo uscire gli Stati Unito dalla NATO. Ah, e sta riducendo le forze armate come parte della sua promessa complessiva di ridimensionare il governo.

Forse ho capito male anche quel resoconto.

Durante l’amministrazione Obama, il duo comico di Key e Peel, come è noto, ha introdotto il personaggio del “traduttore arrabbiato” che poteva dare voce a quello che il Presidente Obama stava pensando davvero mentre forniva risposte misurate a tutti i tipi di sciocchezze lanciati nella sua direzione. Ah,  quello era un periodo d’oro quando prendevamo in giro il presidente americano perché non dava voce ai suoi veri sentimenti.

Quale tipo di traduttore è necessario per l’era Trump? Forse un “traduttore della realtà” che riveli le semplici intenzioni dietro le invettive su Tweet   e le proposte politiche dell’attuale presidente.

Inserite: “Obama ha installato microspie nella Trump Tower e viene fuori: “Ehi, ehi, smettetela di guardare i miei link con la Russia, ok!?”  Digitate  proposta di bilancio e viene fuori: “Distruggerò qualunque potenziale fonte di opposizione a me e alle mie ambizioni.” Digitate   Trumpcare  e viene fuori “ruberò al Piero povero per pagare il  possidente Paul.” (Per citare soltanto un esempio: la riforma sanitaria Trumpcare incoraggerebbe le compagnie del settore sanitario a pagare ancora di più i loro amministratori delegati strapagati!)

Sono arrivato alla conclusione, dopo circa 60 giorni di buffonate  presidenziali, che il problema non è quello delle “notizie false”. Il problema è un’amministrazione falsa.

Non sorprende che, come presidente, Donald Trump si inventi le cose. Lo ha fatto in tutta la sua carriera. Ora, però, un intero governo viene riconfigurato intorno alla disonestà patologica del dirigente e dei suoi consiglieri. Questo è un inganno a un livello mai visto prima negli Stati Uniti.

Sarebbe tutto alquanto divertente se non ci fossero in gioco milioni di vite, sia a livello nazionale, tramite l’autodistruzione del governo federale che a livello internazionale tramite prospettive di guerra molto reali.

Il presidente, con la sua insuperabile  ambizione di segnare delle “vincite,”  è alla ricerca di alcune missioni da dichiarare compiute. La Corea del Nord e lo Stato Islamico sono in cima alla lista. Ma non meravigliatevi che i 54 miliardi di dollari che Trump vuole aggiungere come un’enorme ciliegia sulla coppa di gelato  ultra-ricca del Pentagono, si tradurrà in ulteriori conflitti in tutto il mondo.

 

Andiamo ai numeri

Se il proposto aumento di Trump di 54 miliardi per il Pentagono fosse il bilancio militare di una singola nazione, sarebbe il quinto sulla lista delle spese militari globali. Fondamentalmente, Trump vuole aggiungere un intero bilancio militare annuale della Gran Bretagna in cima a quello che gli Stati Uniti spendono di già, e questo svetta al di sopra qualunque immaginaria coalizione di probabili rivali.

Con il resto della  sua  deplorevole richiesta di bilancio, Trump troverà un rifiuto da parte del Congresso e delle città e da importanti gruppi di elettori, come quello degli ultra sessantacinquenni. Alcuni dei suoi elettori potrebbero finalmente rinsavire quando si renderanno conto che Trump il Grande sta agitando la sua mano magica nell’aria per distrarli e non far loro vedere l’altra mano che ruba nelle loro tasche.

Ma, dal lato militare, Trump ha fatto, semmai, un’offerta sottocosto. I falchi del Congresso si stanno lamentando che Trump non sta impiegando sufficiente denaro per migliorare il Pentagono. Dicono che sta soltanto offrendo un aumento del 3%  rispetto a quello che l’amministrazione Obama aveva stimato per il 2018, e che Trump, da candidato, aveva fatto promesse anche più grandiose e che il Pentagono dovrebbe ottenere almeno altri 37 miliardi. Se il Congresso replica con questa cifra, incrementerebbe l’aumento a 91 miliardi di dollari. Il solo incremento di Trump sarebbe al terzo posto nella lista degli spendaccioni globali, dopo gli Stati Uniti e la Cina.

Per che cosa Trump vuole spendere tutto questo denaro extra? Vuole una marina di 350 navi, anche se la Marina attuale sta già intraprendendo un programma trentennale per aumentare il numero delle navi dalle attuali 272 a 308. Ha accennato a uscire dal trattato  New START*  con la Russia – dopo aver scoperto che cosa era – in modo che potrebbe costruire altre testate nucleari. Ci sarebbero più soldati , compresi altri 60.000 nell’Esercito.

Ma tutto questo serve soltanto a evitare il vero problema. Donald Trump vuole spendere più denaro per le forze armate perché vuole andare in guerra.

 

Prima cosa: lo Stato Islamico

Quando era candidato, Donald Trump ha incentrato la sua furia bellica per lo più

sullo Stato Islamico. Ha promesso di scatenare l’inferno contro l’ISIS e, dopo 30 giorni dal suo insediamento, si è inventato in piano per sconfiggere quell’organizzazione. Quando è stato eletto, presumibilmente gli jihadisti estremisti hanno gioito: fatti sotto! hanno effettivamente detto.

Nel giro di 30 giorni, Trump ha davvero pubblicato un memorandum per la sconfitta dell’ISIS. Morale della favola: dobbiamo inventarci un piano.

In assenza di una strategia, quello che ha fatto Trump è sufficientemente raggelante. Ha scatenato la CIA a condurre attacchi con i droni, ribaltando un ordine dell’amministrazione Obama. Ha continuato ad autorizzare gli attacchi con i B-52, come quello di questo mese al villaggio siriano di Al Jinah in Siria che ha ucciso moltissimi civili. Trump sta per mandare 1.000 soldati a unirsi alla lotta contro l’ISIS in Siria. Vuole fare maggiore affidamento sulle Forze Speciali per gli attacchi come quello in Yemen in gennaio che è stato così sensazionalmente sbagliato e che ha ucciso un Navy SEAL **e parecchi civili.

In qualche modo Trump sta semplicemente continuando le pratiche dell’era di Obama, che però  promettono di essere una versione senza restrizioni del programma di strategia antiterroristica della scorsa amministrazione.

Perfino i nostri alleati nella regione si stanno preoccupando. Questa settimana Trump si è incontrato con il Primo Ministro iracheno Haider al-Abadi, impegnandosi a stare fianco a fianco dell’Iraq nella campagna per sconfiggere l’ISIS.

Dopo l’incontro, però, Abadi apparentemente ha avuto dei ripensamenti. Far impegnare le truppe è una cosa. Combattere il terrorismo è un’altra,” ha detto all’Istituto statunitense per la  Pace. “Non si sconfigge il terrorismo combattendolo militarmente. Ci sono modi migliori di farlo.” Forse Abadi pensava all’iniziale inclusione dell’Iraq tra i sette paesi inserti nella lista del “veto di viaggio per i musulmani.” Oppure pensava forse all’allarmante promessa di Trump di prendersi il petrolio iracheno che è ora sotto il controllo dell’ISIS.

O forse i “modi migliori” si riferivano semplicemente a tutte le parti non militari della politica estera degli Stati Uniti – diplomazia, aiuti alimentari, cooperazione con organizzazioni internazionali – che Trump vuole che vengano tagliati dal bilancio federale. Anche i sostenitori convinti di Trump, come Bob Dole, sono furiosi riguardo ai programmi umanitari, come l’iniziativa Dole-McGovern che fornisce alla scuola pasti per 40 milioni di bambini in tutto il mondo, che sono ora sul ceppo della decapitazione.

Quale miglior modo di creare la nuova generazione di odiatori dell’America?

 

Il successivo: la Corea del Nord

Rex Tillerson, il vestito vuoto che Trump nella posizione ora  che richiede grande zelo, di Segretario di Stato,  sta cercando di tornare in azione.  Durante un recente viaggio in Asia, Tillerson è stato a colloquio con il presidente cinese Xi Jinping per pianificare l’ulteriore isolamento della Corea del Nord.

Tillerson ha fatto notare che l’approccio di “pazienza strategica” verso la Corea del Nord, negli scorsi 8 anni era fallito. Ovviamente, questo è vero. L’alternativa, tutta via, era molto peggiore: Tillerson ha detto che tutte le opzioni, comprese quelle militari, erano oggetto di discussione.

Tutte le opzioni militari implicano inaccettabili rischi di ritorsioni e di escalation verso una guerra totale. Gli Stati Uniti potrebbero tentare di distruggere un lancio di un solo missile, di tirar fuori quanto più possibile del complesso nucleare della Corea del Nord, o di tentare un cambiamento totale di regime come in Iraq. “La Corea del Nord percepirebbe anche un attacco limitato come l’inizio di una guerra,” fa notare Max Fisher sul New York Times, “e reagire con tutto il suo arsenale.”

Data la capacità relativamente grezza dell’ICBM (missile balistico intercontinentale) che possiede attualmente la Corea del Nord, chi soffrirebbe di un’escalation sarebbero i coreani, i giapponesi e i cinesi.

Forse Trump sta semplicemente cercando di persuadere con la paura i cinesi a tenere a freno il loro precedente alleato. La Cina, però, non ha quel tipo di influenza su Pyongyang (proprio come non ha quel tipo di influenza su Washington tale da  cambiare le politiche dell’amministrazione Trump).

O, forse, l’amministrazione Trump andrà in guerra semplicemente a causa di un atteggiamento generale di impazienza non strategica.

 

Oltre l’ISIS e Pyongyang

Costruire una marina di 350 navi e far entrare   60.000 persone nell’esercito, ha poco a che vedere con affrontare l’ISIS o la Corea del Nord, a meno che l’amministrazione Trump preveda di mandare un’altra grande forza di occupazione in Medio Oriente o in Asia. Perfino Trump sa che inviare diecine di migliaia soldati americani in una zona di guerra, è un errore politico.

In parte le mosse di Trump sono fatte per assicurarsi che le forze armate siano dalla sua parte. In parte sono per far allontanare in generale il governo dal soft power *** e per portarlo verso l’hard power****.

In parte si tratta della personale vulnerabilità di Trump rispetto alle faccende nucleari, data la sua decisione di non combattere in Vietnam. Non sarebbe la prima volta che una persona fa scorta di armi come parte di un grande schema di compensazione.

Ci sono state molte congetture sul fatto che Trump stia realmente facendo questi accrescimenti per uno scontro con la Cina. Data la conversazione telefonica di Trump con Taiwan, le sue minacce di imporre   tariffe doganali  sulle importazioni cinesi, e la sua retorica aggressiva circa il ruolo della Cina nella disputa per le isole nel Mar Cinese Meridionale, non sembrano esserci prove positive di questa possibilità. L’amministrazione Trump ha, però di recente  moderato l’ostilità. Lo stesso Trump ha assicurato il leader cinese Xi Jinping circa l’impegno degli Stati Uniti per la politica di “una Cina”. Tillerson ha fatto una visita a Pechino che ha sottolineato il “mutuo rispetto.”

La verità scomoda è che Trump probabilmente non ha nessuno specifico scenario di guerra oltre la devastazione del territorio dell’ISIS e di dichiarare “missione compiuta” sulle rovine fumanti. Invece vuole mettere gli Stati Uniti su un permanente  piede di guerra  come modo di sostenere la sua presidenza impopolare.

Fino a quando non apparirà uno sfidante che può incentrare la sua attenzione sulle preoccupazioni per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Trump farà fuoco  a una varietà  obiettivi come i terroristi, i giornalisti e i tedeschi. Forse la sua retorica e le sua azioni provocatorie, incoraggeranno qualche piccolo paese a opporsi in modo suicida  agli  Stati Uniti e a permettere a Trump di dichiarare una vittoria come quella di Grenada (1983 con George H.W. Bush)  o di Panama (1989 con George H.W. Bush)

Come i 19,5 miliardi di dollari che l’amministrazione Obama sta dando alla NASA per il suo per  Marte, i piani di guerra di Trump sono improbabili. Ai casinò si sa che una volta che il giocatore abbia vinto una mano a poker nonostante le poche probabilità,  andrà in fallimento tentando di replicare quell’evento che succede una sola volta nella vita. Purtroppo, nel caso di Trump, la bancarotta significa la rovina collettiva per tutti noi.

C’è una qualche possibilità che possiamo convincere la NASA a inviare Trump sulla sua prima missione umana su Marte, in modo che possa tornare sul pianeta che lo ha partorito?

 

Guarda i video:

https://it.wikipedia.org/wiki/New_START

** https://it.wikipedia.org/wiki/Navy_SEAL

***https://it.wikipedia.org/wiki/Soft_power

****https://it.wikipedia.org/wiki/Hard_power

 


www.znetitaly.org

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

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Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/i-am-an-enemy-of-the-people

 

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