Fonte: Telesur

http://www.lantidiplomatico.it

29/04/2017

 

Quanti morti sono ancora necessari in Venezuela?

di Marco Teruggi

traduzione di Giuseppe Dibello

 

28 morti e 437 feriti è il bilancio delle vittime - in meno di un mese - degli scontri che stanno avendo luogo in Venezuela.

Se a questo numero si aggiungono le 43 persone uccise durante le “guarimbas” [rivolte e barricate colpose condotte per le vie delle città] nel corso del 2014 e i morti dell’11 aprile 2013, questo raggiunge il numero impressionante di 82 vittime. “Nessun braccio di ferro si risolve tagliando il braccio dell'avversario”, scrive lo psicoanalista Alfredo Grande, a meno che non esista un vero e proprio “piano di sterminio”. Qual è dunque il piano previsto dalla destra politica venezuelana?

 

Questi 82 casi sono quelli registrati tra gli episodi di violenza di strada provocati dai dirigenti della destra venezuelana negli ultimi quattro anni.

A ciò non abbiamo aggiunto il numero dei dirigenti politici “chavisti” uccisi nelle loro case, per le strade, nei territori durante la loro vita quotidiana.

Questo scorso 22 aprile, ad esempio, quattro persone hanno sparato a Jacqueline Josefina Ortega. Era una dirigente del PSUV, faceva parte del Consiglio comunale di Miranda e del Comitato locale di approvvigionamento di produzione (CLAP).

Di casi simili se ne sono verificati a decine - o anche più? - negli ultimi anni.

Quasi sempre sono stati presentati - per nasconderli all’opionione pubblica - come reati di tentata rapina, tranne quando, per eccessiva evidenza - o per chi ne era vittima, o per le modalità del crimine - non era permesso mentire.

Non è ancora disponibile la lista completa di queste vittime.

Hanno preparato il terreno per questi crimini da diverso tempo. L’infiltrazione di paramilitari nelle zone di frontiera e nei quartieri poveri non è un’invenzione, e neanche le loro azioni.

Lunedì scorso, per esempio, sono stati individuati e fermati due soggetti in possesso di 3 fucili “FAL” con il marchio della “Forza Armata Nazionale Bolivariana”, 3 caricatori con capacità di 20 cartucce e 899 cartucce di calibro 7,62x51mm nascosti in un vano segreto che si trovava tra il ponte e il motore del camion nel quale erano stoccati.

La lista delle prove è lunga, dai giovani addestrati in Colombia come Lorent Saleh fino agli accampamenti giovanili interamente smantellati, come nello Stato di Tachira a marzo scorso. 
 

Visto dalla storia argentina, si potrebbe pensare di essere nell’anticamera di quello che potrebbe accadere nel caso in cui la destra prendesse il potere.

Vista la situazione dall’attuale Colombia, si può pensare che si progetti qualcosa di simile a quello che sta accadendo in quel Paese, con un futuro fatto di “democrazia formale” e omicidi sistematici dei rappresentanti delle forze popolari, come ad esempio i 156 leader sociali assassinati negli ultimi 14 mesi in Colombia (senza parlare del caso dello sterminio dell'Unione Patriottica, un partito politico colombiano, negli anni 1980/’90).

La domanda allora è: qual è il piano della destra per il Venezuela?

Che lettura ha del cammino fatto finora dal “chavismo”, delle sue radici territoriali, popolari? Come considerano questo momento di conflitto tra governo e “popolo” e come si immaginano in un ipotetico governo in cui potrebbero “affrontare” quegli argomenti che non sono riusciti fin qui a distruggere?
Vorranno forse “tagliare il braccio” con cui stanno facendo a “braccio di ferro”? Quanti morti sono ancora necessari?

La destra dice che la situazione è tutta responsabilità del governo.

Ogni atto di violenza, ogni incendio di autobus, di sedi istituzionali, di ospedali, di aziende sarebbe per essa opera di gruppi “chavisti” che si infiltrano nelle manifestazioni degli oppositori. Ogni morte sarebbe avvenuta “per mano del regime (chavista)".

Di ciò si è discusso per esempio nell'Assemblea Nazionale di martedì scorso: gli oppositori a Maduro hanno puntato il dito contro i "gruppi paramilitari armati dal governo", “simili alle S.S. naziste!”, come ha affermato un deputato durante la sessione parlamentare.

E in questo modo è stato titolato dai mass-media ogni giorno in tutto il mondo, come ad esempio sul quotidiano “El Pais” in Spagna: "I gruppi collettivi (governativi?) seminano il terrore in Venezuela".

Questi gruppi sarebbero autori di omicidi e incendi, la prova della sospensione dello Stato di diritto e l'arma della dittatura “chavista” per le strade.


La base sociale della destra crede che stia accadendo proprio questo.

Tutto quello che sto scrivendo ora sarebbe dunque una bugia. Essi sono convinti che la loro leadership non abbia nulla a che fare con la morte e con la violenza, anche quando vedono in video il loro leader Freddy Guevara guidare i gruppi d’assalto. 
 

Quindi i 27 morti di questa ondata di scontri, le 43 vittime delle “guarimbas” del 2014 e gli 11 morti del 2013, cui vanno sommate le vittime del colpo di Stato del 2002 di cui negano perfino l'esistenza, tutto ciò sarebbe opera del “chavismo”.

I leader dell'opposizione costruiscono le loro menzogne attraverso un'”architettura di comunicazione”.

La sua base, fondata sull'odio verso il “chavismo” e il desiderio di vendetta, non pone in discussione questa narrazione. 


"Dal punto di vista dell’azione politica, l'odio non è sufficiente per sconfiggere l’avversario. La sua voracità necessita che l’avversario sia reso sofferente, umiliato, devastato e ridotto a ‘cosa’, oggetto inanimato”, scrive lo psicologo Jorge Garaventa.

Un oppositore all’attuale governo venezuelano ha scritto quanto segue: "Dopo la caduta di questo governo dobbiamo essere chiari: anche se lo hanno fatto i venezuelani, o il tuo amico o tuo fratello hanno sostenuto tutto questo ‘casino’ in tutti questi anni, non può esserci riconciliazione o perdono o, molto meno, considerazione: i “chavisti” sono come il cancro, e non devono tornare mai più; per rimanere dove siamo oggi dobbiamo sradicare completamente questa piaga, li dobbiamo perseguitare, cercare uno ad uno, portarli nei campi di concentramento e sterminarli nelle camere a gas, come nella migliore tradizione dei nazisti". 


Non tutta la base sociale della destra venezuelana pensa questo.

Tuttavia, la “propaganda” e l’esasperazione che hanno prodotto in più di 18 anni i “media” e i leader dell’opposizione hanno generato un enorme desiderio di vendetta, in particolare tra le classi più alte della società venezuelana.

Essi hanno linciato diversi “chavisti” durante le loro manifestazioni.

"L'odio fa da substrato alla crudeltà, che fa da base invece alla pianificazione sistematica della sofferenza e del dolore", scrive lo psicoanalista Alfredo Grande.
Pianificazione, piano: che cosa ha in mente di fare la destra venezuelana?

 

La destra venezuelana è convinta che questo sia il suo momento.

Sono in mobilitazione dal 6 aprile scorso [2017, ndt], e hanno fatto molti morti, feriti, numerosi danni in manifestazioni durante le quali sono già state arrestate più di 1.289 persone - tra le vittime ci sono anche molti rappresentanti delle forze dell’ordine.

La sua leadership convoca ogni giorno nuove manifestazioni e le persone credono di essere protagoniste di un’epica “battaglia per la libertà”. Dicono e scrivono: "È il momento o mai più".

Nel mezzo, nella zona oscura, ci sono le morti, i gruppi addestrati che operano nel Paese e che cercano di scatenare la “guerra civile”, di accendere tutti i fuochi. Questi episodi di solito accadono durante la notte: poi inizia la moltiplicazione dei messaggi per avvertire, informare, “disarmare le menzogne” o “confermare le verità”. 

Questa guerra ha tra le sue armi la disinformazione e il chiacchiericcio.

La forza che ha accumulato la destra non è cambiata: il numero di persone mobilitate nel tempo resta simile, le convocazioni nei quartieri popolari non diminuiscono e la “Forza Armata Nazionale Bolivariana” non mostra segni di cedimento. Risulta però ancora insufficiente. Aumenta il numero delle vittime. Già lo ha annunciato sabato scorso Ramos Allup, con l'invito a pregare “per i morti che ci saranno ancora sicuramente". È lo scenario di cui la destra ha bisogno per darlo in pasto all’immensa armata dei “mass-media” internazionali. Essa dipende da questo fronte e hanno bisogno di tenere accesa la macchina delle “news”. Non può escludere nessuna azione violenta che possa essere proiettata sul maxi-schermo dei “media” internazionali, che si tratti di violenza reale o solo di una messinscena.

Che Paese desidera la destra? Come immagina si possa concludere questo “tiro alla fune”?

Il governo, in particolare il presidente Nicolás Maduro, ha confermato che le elezioni per i governatori e i sindaci si terranno presto.

I leader dell'opposizione e la loro base invece non le chiedono più: chiedono invece elezioni politiche anticipate. Lo scenario è in pieno rivolgimento.

Ogni giorno ci sono nuovi confronti sui “media”, per strada, che possono generare danni, morti, un ulteriore desiderio di vendetta.

Come valutano i fatti venezuelani gli Stati Uniti? Questa può essere una delle risposte a tutte queste domande. 
 

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