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29 aprile 2017 

 

Il Paraguay rinuncia alla modifica costituzionale

di Luca Lezzi

 

In seguito ai gravissimi scontri, causati dall’insolito asse tra i conservatori e le forze di sinistra, il presidente colorado Cartes ha annunciato che la modifica costituzionale non proseguirà e rinuncerà alla ricandidatura per le presidenziali del prossimo anno.

 

Il Paraguay è un piccolo stato sudamericano, senza sbocchi sul mare, dove stando ai dati di pochi anni fa quasi la metà dei sette milioni di abitanti è iscritto ad un partito politico. Come per il vicino Uruguay la storica divisione è quella fra conservatori, rappresentati dal Partido Colorado, e liberali, rappresentati dal Partito Liberale Radicale Autentico. Tornato alla democrazia solo alla soglia degli anni Novanta e dopo trentacinque anni di dittatura del generale Alfredo Stroessner, il Paraguay ha sancito, nella Carta Costituzionale del 1992, l’impossibilità alla ricandidatura per presidenti uscenti ed ex presidenti. L’attuale capo di stato, l’imprenditore colorado Horacio Cartes, insieme alla sua maggioranza, ha provato negli ultimi mesi a far approvare una modifica costituzionale per potersi candidare alle elezioni presidenziali del prossimo anno. Dopo un primo tentativo della sola maggioranza, i conservatori hanno aperto alla coalizione di sinistra per avere i numeri necessari nei due rami del Parlamento. Il Frente Guasù (grande in lingua guaranì) è una coalizione di sinistra creata nel 2013 dall’ex presidente Fernando Lugo, sottoposto ad una velocissima procedura di impeachment nell’ultimo anno del suo mandato. Costretto all’irrilevanza senza la leadership carismatica di Lugo, il Frente Guasù ha accettato l’idea della modifica costituzionale nell’ottica di ricandidare l’ex vescovo. Lugo, eletto nel 2008 a capo di una coalizione di liberali e forze di sinistra, è stato l’unico presidente a non appartenere ad una delle due principali famiglie politiche dal lontano 1936, quando per circa un anno e mezzo vi fu una presidenza del piccolo partito febrerista in seguito ad un golpe basato sulla “vittoria mutilata” della guerra del Chaco contro la Bolivia. I liberali si sono chiaramente posti in antitesi al processo di modifica costituzionale e credono fortemente in una vittoria nel 2018 nel caso in cui né Cartes né Lugo siano ricandidabili.

La situazione è degenerata rapidamente in seguito a due provvedimenti del nuovo asse conservatori-socialisti. La prima ha permesso una modifica dei numeri necessari all’approvazione in Senato per cui si è passati dalla maggioranza di 30 su un totale di 45 alla semplice maggioranza. La seconda ha visto venticinque senatori appartenenti alla maggioranza e alla minoranza di sinistra riunirsi in un ufficio del Senato, all’insaputa degli altri membri, per approvare la contestata riforma. Appena saputa la notizia il Plra ha dato via a proteste di piazza sfociate in un vero e proprio assalto al Parlamento nel corso del quale, dopo aver sfondato le barriere, i manifestanti hanno appiccato il fuoco agli uffici del primo piano del Senato. Gli scontri con le forze dell’ordine hanno causato 30 feriti e a questi è seguita un’irruzione della polizia nella sede del partito liberale. Nel corso dell’irruzione ha perso la vita il venticinquenne Rodrigo Quintana, leader della Gioventù liberale radicale nella piccola cittadina di La Colmena. Quintana, come si può riscontrare dal video, è stato colpito da uno sparo proveniente dalle forze dell’ordine e lasciato a terra senza gli opportuni soccorsi che avrebbero potuto salvargli la vita.

I tragici avvenimenti e la volontà di tenere una nuova mobilitazione contro la modifica della Costituzione da parte dei liberali hanno portato il presidente Cartes ad annunciare ufficialmente che la procedura non sarà portata alla Camera, dove i colorados hanno una maggioranza più ampia, e che l’imprenditore del tabacco espressione del partito conservatore rinuncerà definitivamente alla ricandidatura per la presidenza della Repubblica. La speranza è quella che nei prossimi mesi, in cui inizierà la ricerca dei candidati, la campagna elettorale viri sulle maggiori problematiche della nazione che attende in particolare una riforma agraria, promessa da tutte le forze politiche ma mai attuata. In Paraguay, ancora oggi l’85% delle terre coltivate appartiene ad appena il 2% della popolazionenonostante ben il 26% della forza lavoro sia impegnata nel settore primario. Negli ultimi anni grandi multinazionali come la Monsanto e la Cargill hanno fatto del Paraguay “la Repubblica della soia transgenica”, generando grandi guadagni nel breve periodo ma imponendo i propri semi sterili e danneggiando i terreni con l’utilizzo del glifosato, un diserbante sparso dagli aerei sulle coltivazioni per disinfettarle. Se il Plra aveva già deciso nel corso di una convention interna che sosterrà una coalizione guidata da un proprio candidato sarà interessante osservare le scelte dei colorados e del Frente Guasù che senza Lugo nelle elezioni del 2013, in cui candidò Anibal Carrillo, raggiunse appena il 3,5%.

 

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