Originale: Chicago Sun Times

http://znetitaly.altervista.org/

17 giugno 2017

 

Trump torna indietro riguardo a Cuba 

di Jesse Jackson

Traduzione di Maria Chiara Starace

                    

Nella sua perversa fissazione di capovolgere tutte le cose fatte da Barack Obama,  il Presidente Donald Trump volge ora la sua attenzione verso Cuba, l’isola situata a 90 miglia al largo della nostra costa. I resoconti dicono che il presidente progetta di andare in Florida ad annunciare che ribalterà l’apertura di Obama nei confronti di Cuba, ripristinerà le sanzioni sul diritto dei cittadini statunitensi di andare a Cuba e ridurrà le opportunità commerciali che Obama aveva aperto con un ordine esecutivo.

Questo è, in una parola, ridicolo. Gli Stati Uniti hanno mantenuto un embargo economico su Cuba per più di 50 anni. Hanno complottato ripetutamente per assassinare Fidel Castro e per rovesciare il suo regime. Hanno rappresentato Cuba come una nazione terrorista per il suo appoggio a Nelson Mandela nella lotta contro l’apartheid. Per più di 50 anni, una serie di presidenti degli Stati Uniti –intimiditi  dalla comunità cubana di destra che vive in Florida, hanno messo in atto un embargo economico anche se la politica ha isolato sempre di più gli Stati Uniti dai suoi vicini nell’emisfero, e i suoi alleati in tutto il mondo. Quando Obama è andato avanti con un’apertura limitata, faceva di più per porre fine all’isolamento degli Stati Uniti che a quello di Cuba.

Ora Castro, il leader della rivoluzione cubana, è morto. Suo fratello Raul ha annunciato che lascerà l’incarico. L’Unione Sovietica non c’è più, la Guerra Fredda è finita. Una nuova generazione sta andando al potere a Cuba e una nuova generazione di  Cubani Americani  sta crescendo in Florida. La vasta maggioranza degli Americani e la vasta maggioranza dei Cubani-Americani sostengono la libertà di visitare Cuba.

E quindi, perché Trump vorrebbe ripristinare le politiche fallite del passato? I motivi vanno dalla meschinità all’ostinazione. L’odio di Trump per Obama è evidente. Dalla riforma Obamacare alla politica per il clima e a Cuba, sembra determinato a capovolgere qualunque cosa ha fatto Obama, indipendentemente da quanto grande è il  costo per gli Americani.

Durante la sua campagna elettorale, Trump in Florida ha promesso di ribaltare l’apertura di Obama. I legislatori di destra cubani-americani, cioè il Senatore Repubblicano Marco Rubio della  Florida, il Senatore Democratico Bob Menendez del New Jersey, e il Rappresentante Repubblicano della Florida, Mario Diaz-Balart, hanno fatto dure pressioni su Trump per fargli ripristinare il divieto di viaggi a Cuba e l’embargo. Secondo il New York Times,  Diaz-Balart, ha preteso da Trump un prezzo per il suo voto a favore della Trumpcare (la riforma sanitaria di Trump). Ha dato il  consenso a privare 23  milioni di Americani della copertura sanitaria per operare un giro di vite a Cuba.

La politica di Obama del coinvolgimento, seppure incerta, ha già mostrato dei risultati. Engage Cuba, un gruppo americano di lobby imprenditoriali, ha pubblicato un’analisi dell’impatto economico sui costi del ribaltamento della politica di Obama. Ha posto i costi a 3,5 miliardi di entrate perdute  e a  10.000 posti di lavoro perduti nell’industria dei viaggi nei prossimi 4 anni. I contratti commerciali che creeranno esportazioni  per un valore  di 1,2 miliardi degli Stati Uniti a Cuba nei prossimi 5 anni sarebbero rescissi e costeranno più di 1.000 posti di lavoro all’anno.

Ancora una volta sarebbe sacrificato il diritto degli Americani di viaggiare, in nome di che? Irascibilità? Ostinazione? Odio eterno? L’amministrazione Trump ha chiarito che nella sua politica estera “L’America prima di tutto”, le preoccupazioni dell’America per l’economia e la sicurezza non saranno sacrificate in nome dei diritti umani ma razionalizza la sua inversione riguardo a Cuba con  il motivo di difendere i diritti umani e di diffondere la democrazia. Questo è, nella migliore delle ipotesi, ciò che l’ex consigliere di Obama, Ben Rhodes, ha chiamato una “tragica ironia”, data la “completa mancanza di interesse per i diritti umani in tutto il mondo” che dimostra l’amministrazione Trump.

Sicuramente, dopo più di 50 anni abbiamo imparato che i Cubani, orgogliosi della loro rivoluzione e della loro indipendenza, si opporranno alla coercizione economica o militare. Si penserebbe che Trump, che pubblicizza il suo background commerciale, comprenda che rapporti aperti con Cuba: commerciali, di viaggi, umani e culturali, avrebbero molto più impatto nel produrre pressione per un cambiamento in confronto al ritorno all’embargo fallito.

Con Castro,  l’istruzione e l’assistenza sanitaria erano diventate l’invidia dell’America Latina. Una generazione istruita ora sale al potere con l’ambizione di fare di più. Gli Stati Uniti dovrebbero coinvolgerla, non cercare di isolarla.

 

 


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znet-article/trump-turns-back-on-cuba/

 

Originale: Governo di Cuba

http://znetitaly.altervista.org/

22 giugno 2017 

 

Dichiarazione del governo di Cuba

traduzione di Giuseppe Volpe

 

Il 16 giugno 2017 il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha tenuto in un teatro di Miami un discorso pieno di retorica ostile anticubana evocativo dei tempi dello scontro diretto con il nostro paese. Ha annunciato la politica del suo governo nei confronti di Cuba, che cancella i progressi realizzati negli ultimi due anni dal 17 dicembre 2014 quando i presidenti Raul Castro e Barack Obama hanno annunciato la decisione di ripristinare relazioni diplomatiche e di impegnarsi in un processo di normalizzazione delle relazioni bilaterali.

In quella che costituisce una battuta d’arresto nelle relazioni tra entrambi i paesi, il presidente Trump ha tenuto un discorso e firmato una direttiva politica intitolata “Memorandum Presidenziale sulla Sicurezza Nazionale”, che prevede l’eliminazione degli scambi privati d’istruzione “da persona a persona” e un maggiore controllo su tutti coloro che si recano a Cuba nonché il divieto di transazioni d’affari, commerciali e finanziarie tra società statunitensi e determinate società cubane collegate alle Forze Armate Rivoluzionarie e ai servizi segreti e di sicurezza, con il presunto obiettivo di privarci di entrate. Il presidente statunitense ha giustificato questa politica con asserite preoccupazioni per la situazione dei diritti umani a Cuba e con la necessità di far valere con rigore le leggi statunitensi sull’embargo, condizionandone la revoca, così come ogni miglioramento nelle relazioni bilaterali USA-Cuba, a cambiamenti da parte del nostro paese del proprio ordine costituzionale.

Trump ha anche abrogato la Direttiva Politica Presidenziale “Normalizzazione delle Relazioni tra gli Stati Uniti e Cuba” promulgata dal presidente Obama il 14 ottobre 2016. Anche se tale Direttiva non celava il carattere interventista della politica statunitense né il fatto che il suo principale proposito consisteva nel promuovere interessi statunitensi al fine di realizzare cambiamenti dei sistemi economico, politico e sociale del nostro paese, in effetti riconosceva l’indipendenza, la sovranità e l’autodeterminazione di Cuba e il governo cubano come interlocutore legittimo e alla pari, nonché i benefici che una coesistenza civile avrebbe arrecato a entrambi i paesi nonostante le grandi differenze che esistono tra i due governi. La Direttiva ammetteva anche che l’embargo è una politica obsoleta e dovrebbe essere cancellato.

Ancora una volta il governo statunitense ricorre a metodi coercitivi del passato quando adotta misure mirate a rafforzare l’embargo, in vigore dal febbraio 1962, che non solo causa sofferenze e privazioni al popolo cubano ed è il maggiore ostacolo al nostro sviluppo economico, ma colpisce anche la sovranità e gli interessi di altri paesi, il che genera un rifiuto internazionale.

Le misure annunciate impongono ostacoli aggiuntivi alle opportunità già molto limitate delle imprese statunitensi di fare affari e investire a Cuba.

Analogamente tali misure limitano ancor di più il diritto dei cittadini statunitensi di visitare il nostro paese, diritto già limitato dall’obbligo di utilizzare permessi discriminatori, in un momento in cui il Congresso statunitense, facendo eco a sentimenti di vasti settori di quella società, sollecita non solo la fine del divieto di viaggio ma anche l’eliminazione delle restrizioni al commercio con Cuba.

Le misure annunciate dal presidente Trump vanno contro il sostegno della maggioranza dell’opinione pubblica statunitense, compresa l’emigrazione cubana in tale paese, alla totale revoca dell’embargo e all’instaurazione di relazioni normali tra Cuba e gli Stati Uniti.

Il presidente statunitense, invece, che è stato ancora una volta mal consigliato, sta assumendo decisioni che favoriscono gli interessi politici di una minoranza irrazionale di origine cubana nello stato della Florida che, per motivi meschini, non rinuncia alla sua intenzione di punire Cuba e il suo popolo per l’esercizio del diritto legittimo e sovrano di essere liberi e di aver preso in mano le redini del proprio destino.

In seguito condurremo un’analisi più approfondita della portata e delle implicazioni dell’annuncio.

Il governo di Cuba condanna le nuove misure per rafforzare l’embargo, che sono condannate al fallimento, come è stato più volte dimostrato in passato, poiché non riusciranno nel loro proposito di indebolire la Rivoluzione o di piegare il popolo cubano la cui resistenza ad aggressioni di ogni genere e origine è stata messa alla prova nel corso di quasi sei decenni.

Il governo di Cuba respinge le manipolazioni politiche e il doppio metro riguardo ai diritti umani. Il popolo cubano gode di diritti e libertà fondamentali e può orgogliosamente mostrare alcuni successi che sono tuttora una chimera per molti paesi del mondo, tra cui gli Stati Uniti, quali il diritto alla salute, all’istruzione e alla previdenza sociale; uguale remunerazione per uguale lavoro; diritti dei bambini e diritto al cibo, alla pace e allo sviluppo. Cuba, con le sue risorse modeste, ha anche contribuito al miglioramento della situazione dei diritti umani in molti paesi del mondo, nonostante i limiti intrinseci alla sua condizione di paese sotto embargo.

Gli Stati Uniti non sono nella posizione di darci lezioni. Nutriamo gravi preoccupazioni riguardo al rispetto e alle garanzie dei diritti umani in quel paese, dove sono numerosi casi di omicidi, brutalità e abusi da parte della polizia, in particolare contro la popolazione afroamericana; il diritto alla vita è violato in conseguenza delle morti causate dalle armi da fuoco; il lavoro minorile è sfruttato e ci sono gravi manifestazioni di discriminazione razziale; c’è una minaccia di imporre altre restrizioni ai servizi medici, che lasceranno 23 milioni di persone prive di assicurazione sanitaria; c’è differenza di remunerazione tra uomini e donne; i migranti e i rifugiati, particolarmente quelli provenienti da paesi islamici, sono emarginati; c’è un tentativo di erigere muri che discriminano e denigrano paesi vicini e sono abbandonati impegni internazionali per preservare l’ambiente e affrontare il cambiamento climatico.

Motivo di preoccupazione sono anche le violazioni dei diritti umani da parte degli Stati Uniti in altri paesi, quali la detenzione arbitraria di decine di prigionieri nel territorio illegalmente occupata dalla base navale statunitense di Guantánamo, Cuba, dove è stata addirittura praticata la tortura; esecuzioni extragiudiziali e la morte di civili causate da droni; nonché le guerre scatenate contro paesi come l’Iraq, sotto false pretese quali il possesso di armi di distruzione di massa, con conseguenze disastrose per la pace, la sicurezza e la stabilità in Medio Oriente.

Dovrebbe essere ricordato che Cuba è uno stato firmatario di 44 strumenti internazionali per i diritti umani, mentre gli Stati Uniti sono firmatari solo di 18. Perciò abbiamo molto da mostrare, dire e difendere.

Confermando la decisione di ristabilire relazioni diplomatiche, Cuba e gli Stati Uniti hanno ratificato la loro intenzione di sviluppare relazioni rispettose e cooperative sia tra i popoli sia tra i governi, basate su principi e propositi onorati nella Carta dell’ONU. Nella sua Dichiarazione diffusa il 1 luglio 2015 il Governo Rivoluzionario di Cuba ha riaffermato che “queste relazioni devono essere fondate sull’assoluto rispetto della nostra indipendenza e sovranità; sul diritto inalienabile di ogni stato di scegliere il proprio sistema politico, economico, sociale e culturale, senza interferenze di alcun genere; e sull’uguaglianza e reciprocità sovrane che costituiscono principi inalienabili della Legge Internazionale”, come stabilito nella Proclamazione dell’America Latina e dei Caraibi quale Zona di Pace, firmata da capi di stato e di governo della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (CELAC) nel suo secondo vertice tenutosi all’Havana. Cuba non ha mai rinunciato a tali principi, né lo farà mai.

Il Governo di Cuba ripete la sua volontà di proseguire un dialogo rispettoso e cooperativo su temi di reciproco interesse e negoziati su problemi in sospeso con il governo degli Stati Uniti. Nel corso degli ultimi due anni è stato provato che entrambi i paesi, come ripetutamente espresso dal Presidente dei Consigli di Stato e dei Ministri, generale Raùl Castro Ruz, possono collaborare e coesistere in modo civile, rispettando le differenze e promuovendo tutto ciò che avvantaggia entrambe le nazioni e i popoli, ma non ci si dovrebbe aspettare che, al fine di ottenere ciò, Cuba faccia concessioni relative alla sua sovranità e indipendenza, o accetti precondizioni di alcun genere.

Qualsiasi strategia mirata a cambiare il sistema politico, economico e sociale a Cuba, o mediante pressioni e imposizioni o usando mezzi più sottili, sarà condannata al fallimento.

I cambiamenti che devono essere introdotti a Cuba, come quelli che sono stati effettuati dal 1959 e quelli che stiamo introducendo ora come parte del processo di aggiornamento del nostro sistema economico e sociale, continueranno a essere decisi in modo sovrano dal popolo cubano.

Proprio come siamo andati facendo dal trionfo della Rivoluzione il 1 gennaio 1959, assumeremo ogni rischio e continueremo a progredire costantemente e fiduciosamente nella costruzione di una nazione sovrana, indipendente, socialista, democratica, prospera e sostenibile.

 


Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo 

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/statement-by-the-government-of-cuba/

 

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