Guarda il video: https://youtu.be/b0ONlzWmm0E


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11 luglio 2017

 

Il fronte unico nato in Brasile contro le politiche liberiste

di Luca Lezzi

 

Il Frente Brasil Popular ha unito sotto un’unica sigla la miriade di associazioni e comitati che si oppongono alle politiche liberiste del presidente Temer

 

In Brasile il mandato di Michel Temer è appeso ad un filo. Il membro del Partito del Movimento Democratico Brasiliano (PMDB) ha superato per un solo voto la procedura di impeachment ai suoi danni e nonostante la mole di accuse e prove nei suoi confronti sta tentando di forzare la mano forte dell’ampio appoggio nei due rami del Parlamento per approvare le contestatissime riforme del lavoro e del sistema pensionistico. Dal suo canto il Partito dei Lavoratori (PT), implicato anch’esso nella vicenda Lava Jato, prova a muoversi su più campi contemporaneamente: in primis proseguendo una lunga marcia elettorale che, salvo condanne, comporterà la ricandidatura dell’ex presidente Lula alle elezioni del prossimo anno e in secundis riorganizzando il partito messo alla dura prova dalle inchieste giudiziarie e uscito ampiamente sconfitto nel corso delle ultime elezioni amministrative. Proprio a tal proposito è stata eletta la nuova guida del partito progressista, la cui scelta è ricaduta su Gleisi Hoffmann. Con il maggior partito anti-Temer già così impegnato la riscossa del popolo brasiliano è affidata al Frente Brasil Popular, una coalizione di ottanta movimenti tra sindacati, comitati e associazioni nata nel settembre 2015.

 

Il grido ‘Fora Temer’ è arrivato anche da uno dei carnevali più importanti e sentiti del paese

 

Guarda il video: Gli indios amazzoni protestano a Brasilia davanti il parlamento https://youtu.be/o3plX2EjTYI

 

Sono proprie le varie componenti del FBP a dare vita, da oltre due mesi, ad imponenti manifestazioni al grido di “Fora Temer” e “per il Paese, contro le riforme”. I settori più colpiti dal governo neoliberista sono quello dei contadini, dei lavoratori dipendenti e degli indigeni. Nel primo caso l’associazione, da sempre vicina alle politiche luliste, di maggior rappresentanza è quella del Movimento Sem Terra (Senza Terra) che dopo aver mosso i primi passi nel 1983 venne fondata l’anno successivo per poi tenere un vero e proprio congresso fondativo nel 1985 a Paranà. I Senza Terra chiedono da decenni l’approvazione di una riforma agraria basata su alcuni punti fondamentali: terra, credito, assistenza tecnica e prezzo. Sebbene nel corso dei mandati presidenziali di Lula e Dilma Rousseff si sia proceduto ad una redistribuzione delle terre che ha interessato 700 000 contadini, ad essa non è mai seguita un’offensiva al grande latifondo. L’unica misura adottata dai governi progressisti è quella relativa ad una quota, pari al 30%, di alimentazione proveniente dalla piccola agricoltura a trazione familiare. Non si è ancora posto un vero progetto di sostegno per la formazione economica delle comunità in modo tale da renderle attrezzate a livello industriale per poter vendere i propri prodotti.

Dal punto di vista sindacale, dopo l’enorme successo del primo sciopero nazionale indetto dopo vent’anni nella nazione verde-oro, il 30 giugno si è tentato di replicare l’astensione dal lavoro come strumento di protesta. Le minori adesioni da parte di alcune sigle sindacali hanno reso il risultato inferiore alle altissime cifre avutesi due mesi prima ma, se necessario, hanno rafforzato il ruolo della Central Única dos Trabalhadores (Centrale Unica dei Lavoratori, CUT). Le manifestazioni organizzate in ventidue città, tra le quali Rio De Janeiro, San Paolo, Belo Horizonte, Salvador, Porto Alegre oltre alla capitale Brasilia, hanno avuto il merito di compattare istanze diverse in un’unica battaglia. Non ultima è la questione indigena. Secondo un rapporto di Survival International si stima che in Brasile vi siano più di 100 tribù incontattate, ben oltre due terzi della popolazione globale di popoli incontattati. Molti di loro vivono all’interno di territori indigeni, per un totale di 54,3 milioni di ettari di foresta pluviale protetta, un’area grande quanto la Francia. Eppure questi numeri non sono valsi a bloccare il taglio del budget previsto dal governo per tutelare le terre amazzoniche anzi, gli attacchi, spesso mortali, per spingere queste popolazioni via da terreni appetibili ai grandi proprietari terrieri sono in deciso aumento nel corso dei primi sei mesi dell’anno e quando alcune migliaia di loro hanno marciato con tamburi e finte bare di cartone fino ad arrivare nella capitale si sono ritrovati ad essere caricati dalle forze di polizia poste a difesa del Parlamento.

Identificato come uno dei pilastri del nuovo mondo multipolare solo pochi anni fa, il Brasile, dopo gli enormi passi avanti in campo economico, produttivo e sociale si trova a fare i conti con il peggior momento del nuovo secolo in cui anche gli storici programmi di assistenza alle fasce più disagiate della popolazione sono sotto attacco. Solamente la capacità di tenere unito un vasto fronte all’interno di un contenitore in grado di formulare proposte concrete da far pervenire al Partito dei Lavoratori nel corso della prossima campagna elettorale e della stesura del nuovo programma di governo, potrebbe permettere a milioni di persone di non scivolare nuovamente nello stato di povertà.

 

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