"La nonviolenza e' in cammino" (anno XVIII) Numero 32

del 21 febbraio 2017

 

Discorso di Papa Francesco ai partecipanti al Forum Internazionale "Migrazioni e Pace" del 21 febbraio 2017

 

Gentili Signori e Signore,

rivolgo a ciascuno di voi il mio cordiale saluto, con sentita riconoscenza per il vostro prezioso lavoro. Ringrazio Monsignor Tomasi per le sue cortesi parole e il Dottor Poettering per il suo intervento; come pure sono grato per le tre testimonianze, che rappresentano dal vivo il tema di questo Forum: "Integrazione e sviluppo: dalla reazione all'azione". In effetti, non e' possibile leggere le attuali sfide dei movimenti migratori contemporanei e della costruzione della pace senza includere il binomio "sviluppo e integrazione": a tal fine ho voluto istituire il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, all'interno del quale una Sezione si occupa specificamente di quanto concerne i migranti, i rifugiati e le vittime della tratta.

Le migrazioni, nelle loro diverse forme, non rappresentano certo un fenomeno nuovo nella storia dell'umanita'. Esse hanno marcato profondamente ogni epoca, favorendo l'incontro dei popoli e la nascita di nuove civilta'. Nella sua essenza, migrare e' espressione dell'intrinseco anelito alla felicita' proprio di ogni essere umano, felicita' che va ricercata e perseguita. Per noi cristiani, tutta la vita terrena e' un itinerare verso la patria celeste.

L'inizio di questo terzo millennio e' fortemente caratterizzato da movimenti migratori che, in termini di origine, transito e destinazione, interessano praticamente ogni parte della terra. Purtroppo, in gran parte dei casi, si tratta di spostamenti forzati, causati da conflitti, disastri naturali, persecuzioni, cambiamenti climatici, violenze, poverta' estrema e condizioni di vita indegne: "e' impressionante il numero di persone che migra da un continente all'altro, cosi' come di coloro che si spostano all'interno dei propri Paesi e delle proprie aree geografiche. I flussi migratori contemporanei costituiscono il piu' vasto movimento di persone, se non di popoli, di tutti i tempi" (1).

Davanti a questo complesso scenario, sento di dover esprimere una particolare preoccupazione per la natura forzosa di molti flussi migratori contemporanei, che aumenta le sfide poste alla comunita' politica, alla societa' civile e alla Chiesa e chiede di rispondere ancor piu' urgentemente a tali sfide in modo coordinato ed efficace.

La nostra comune risposta si potrebbe articolare attorno a quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare.

Accogliere. "C'e' un'indole del rifiuto che ci accomuna, che induce a non guardare al prossimo come ad un fratello da accogliere, ma a lasciarlo fuori dal nostro personale orizzonte di vita, a trasformarlo piuttosto in un concorrente, in un suddito da dominare" (2). Di fronte a questa indole del rifiuto, radicata in ultima analisi nell'egoismo e amplificata da demagogie populistiche, urge un cambio di atteggiamento, per superare l'indifferenza e anteporre ai timori un generoso atteggiamento di accoglienza verso coloro che bussano alle nostre porte. Per quanti fuggono da guerre e persecuzioni terribili, spesso intrappolati nelle spire di organizzazioni criminali senza scrupoli, occorre aprire canali umanitari accessibili e sicuri. Un'accoglienza responsabile e dignitosa di questi nostri fratelli e sorelle comincia dalla loro prima sistemazione in spazi adeguati e decorosi. I grandi assembramenti di richiedenti asilo e rifugiati non hanno dato risultati positivi, generando piuttosto nuove situazioni di vulnerabilita' e di disagio. I programmi di accoglienza diffusa, gia' avviati in diverse localita', sembrano invece facilitare l'incontro personale, permettere una migliore qualita' dei servizi e offrire maggiori garanzie di successo.

Proteggere. Il mio predecessore, Papa Benedetto, ha evidenziato che l'esperienza migratoria rende spesso le persone piu' vulnerabili allo sfruttamento, all'abuso e alla violenza (3). Parliamo di milioni di lavoratori e lavoratrici migranti - e tra questi particolarmente quelli in situazione irregolare -, di profughi e richiedenti asilo, di vittime della tratta. La difesa dei loro diritti inalienabili, la garanzia delle liberta' fondamentali e il rispetto della loro dignita' sono compiti da cui nessuno si puo' esimere. Proteggere questi fratelli e sorelle e' un imperativo morale da tradurre adottando strumenti giuridici, internazionali e nazionali, chiari e pertinenti; compiendo scelte politiche giuste e lungimiranti; prediligendo processi costruttivi, forse piu' lenti, ai ritorni di consenso nell'immediato; attuando programmi tempestivi e umanizzanti nella lotta contro i "trafficanti di carne umana" che lucrano sulle sventure altrui; coordinando gli sforzi di tutti gli attori, tra i quali, potete starne certi, ci sara' sempre la Chiesa.

Promuovere. Proteggere non basta, occorre promuovere lo sviluppo umano integrale di migranti, profughi e rifugiati, che "si attua mediante la cura per i beni incommensurabili della giustizia, della pace e della salvaguardia del creato" (4). Lo sviluppo, secondo la dottrina sociale della Chiesa (5), e' un diritto innegabile di ogni essere umano. Come tale, deve essere garantito assicurandone le condizioni necessarie per l'esercizio, tanto nella sfera individuale quanto in quella sociale, dando a tutti un equo accesso ai beni fondamentali e offrendo possibilita' di scelta e di crescita. Anche in questo e' necessaria un'azione coordinata e previdente di tutte le forze in gioco: dalla comunita' politica alla societa' civile, dalle organizzazioni internazionali alle istituzioni religiose. La promozione umana dei migranti e delle loro famiglie comincia dalle comunita' di origine, la' dove deve essere garantito, assieme al diritto di poter emigrare, anche il diritto di non dover emigrare (6), ossia il diritto di trovare in patria condizioni che permettano una dignitosa realizzazione dell'esistenza. A tal fine vanno incoraggiati gli sforzi che portano all'attuazione di programmi di cooperazione internazionale svincolati da interessi di parte e di sviluppo transnazionale in cui i migranti sono coinvolti come protagonisti.

Integrare. L'integrazione, che non e' ne' assimilazione ne' incorporazione, e' un processo bidirezionale, che si fonda essenzialmente sul mutuo riconoscimento della ricchezza culturale dell'altro: non e' appiattimento di una cultura sull'altra, e nemmeno isolamento reciproco, con il rischio di nefaste quanto pericolose "ghettizzazioni". Per quanto concerne chi arriva ed e' tenuto a non chiudersi alla cultura e alle tradizioni del Paese ospitante, rispettandone anzitutto le leggi, non va assolutamente trascurata la dimensione familiare del processo di integrazione: per questo mi sento di dover ribadire la necessita', piu' volte evidenziata dal Magistero (7), di politiche atte a favorire e privilegiare i ricongiungimenti familiari. Per quanto riguarda le popolazioni autoctone, esse vanno aiutate, sensibilizzandole adeguatamente e disponendole positivamente ai processi integrativi, non sempre semplici e immediati, ma sempre essenziali e per l'avvenire imprescindibili. Per questo occorrono anche programmi specifici, che favoriscano l'incontro significativo con l'altro. Per la comunita' cristiana, poi, l'integrazione pacifica di persone di varie culture e', in qualche modo, anche un riflesso della sua cattolicita', giacche' l'unita' che non annulla le diversita' etniche e culturali costituisce una dimensione della vita della Chiesa, che nello Spirito della Pentecoste a tutti e' aperta e tutti desidera abbracciare (8).

Credo che coniugare questi quattro verbi, in prima persona singolare e in prima persona plurale, rappresenti oggi un dovere, un dovere nei confronti di fratelli e sorelle che, per ragioni diverse, sono forzati a lasciare il proprio luogo di origine: un dovere di giustizia, di civilta' e di solidarieta'.

Anzitutto, un dovere di giustizia. Non sono piu' sostenibili le inaccettabili disuguaglianze economiche, che impediscono di mettere in pratica il principio della destinazione universale dei beni della terra. Siamo tutti chiamati a intraprendere processi di condivisione rispettosa, responsabile e ispirata ai dettami della giustizia distributiva. "E' necessario allora trovare i modi affinche' tutti possano beneficiare dei frutti della terra, non soltanto per evitare che si allarghi il divario tra chi piu' ha e chi deve accontentarsi delle briciole, ma anche e soprattutto per un'esigenza di giustizia e di equita' e di rispetto verso ogni essere umano" (9). Non puo' un gruppetto di individui controllare le risorse di mezzo mondo. Non possono persone e popoli interi aver diritto a raccogliere solo le briciole. E nessuno puo' sentirsi tranquillo e dispensato dagli imperativi morali che derivano dalla corresponsabilita' nella gestione del pianeta, una corresponsabilita' piu' volte ribadita dalla comunita' politica internazionale, come pure dal Magistero (10). Tale corresponsabilita' e' da interpretare in accordo col principio di sussidiarieta', "che conferisce liberta' per lo sviluppo delle capacita' presenti a tutti i livelli, ma al tempo stesso esige piu' responsabilita' verso il bene comune da parte di chi detiene piu' potere" (11). Fare giustizia significa anche riconciliare la storia con il presente globalizzato, senza perpetuare logiche di sfruttamento di persone e territori, che rispondono al piu' cinico uso del mercato, per incrementare il benessere di pochi. Come ha affermato Papa Benedetto, il processo di decolonizzazione e' stato ritardato "sia a causa di nuove forme di colonialismo e di dipendenza da vecchi e nuovi Paesi egemoni, sia per gravi irresponsabilita' interne agli stessi Paesi resisi indipendenti" (12). A tutto cio' bisogna riparare.

In secondo luogo, vi e' un dovere di civilta'. Il nostro impegno a favore dei migranti, dei profughi e dei rifugiati e' un'applicazione di quei principi e valori di accoglienza e fraternita' che costituiscono un patrimonio comune di umanita' e saggezza cui attingere. Tali principi e valori sono stati storicamente codificati nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, in numerose convenzioni e patti internazionali. "Ogni migrante e' una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione" (13). Oggi piu' che mai e' necessario riaffermare la centralita' della persona umana, senza permettere che condizioni contingenti e accessorie, come anche il pur necessario adempimento di requisiti burocratici o amministrativi, ne offuschino l'essenziale dignita'. Come ha dichiarato san Giovanni Paolo II, "la condizione di irregolarita' legale non consente sconti sulla dignita' del migrante, il quale e' dotato di diritti inalienabili, che non possono essere violati ne' ignorati" (14). Per dovere di civilta' va anche recuperato il valore della fraternita', che si fonda sulla nativa costituzione relazionale dell'essere umano: "la viva consapevolezza di questa relazionalita' ci porta a vedere e trattare ogni persona come una vera sorella e un vero fratello; senza di essa diventa impossibile la costruzione di una societa' giusta, di una pace solida e duratura" (15). La fraternita' e' il modo piu' civile di rapportarsi con la presenza dell'altro, la quale non minaccia, ma interroga, riafferma e arricchisce la nostra identita' individuale (16).

C'e', infine, un dovere di solidarieta'. Di fronte alle tragedie che "marcano a fuoco" la vita di tanti migranti e rifugiati - guerre, persecuzioni, abusi, violenze, morte -, non possono che sgorgare spontanei sentimenti di empatia e compassione. "Dov'e' tuo fratello?" (cfr Gen 4,9): questa domanda, che Dio pone all'uomo fin dalle origini, ci coinvolge, oggi specialmente a riguardo dei fratelli e delle sorelle che migrano: "Non e' una domanda rivolta ad altri, e' una domanda rivolta a me, a te, a ciascuno di noi" (17). La solidarieta' nasce proprio dalla capacita' di comprendere i bisogni del fratello e della sorella in difficolta' e di farsene carico. Su questo, in sostanza, si fonda il valore sacro dell'ospitalita', presente nelle tradizioni religiose. Per noi cristiani, l'ospitalita' offerta al forestiero bisognoso di riparo e' offerta a Gesu' Cristo stesso, immedesimatosi nello straniero: "Ero straniero e mi avete accolto" (Mt 25,35). E' dovere di solidarieta' contrastare la cultura dello scarto e nutrire maggiore attenzione per i piu' deboli, poveri e vulnerabili. Per questo "e' necessario un cambio di atteggiamento verso i migranti e rifugiati da parte di tutti; il passaggio da un atteggiamento di difesa e di paura, di disinteresse o di emarginazione - che, alla fine, corrisponde proprio alla "cultura dello scarto" - ad un atteggiamento che abbia alla base la "cultura dell'incontro", l'unica capace di costruire un mondo piu' giusto e fraterno, un mondo migliore" (18).

A conclusione di questa riflessione, permettetemi di richiamare l'attenzione su un gruppo particolarmente vulnerabile tra i migranti, profughi e rifugiati che siamo chiamati ad accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Mi riferisco ai bambini e agli adolescenti che sono forzati a vivere lontani dalla loro terra d'origine e separati dagli affetti familiari. A loro ho dedicato il piu' recente Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, sottolineando come "occorre puntare sulla protezione, sull'integrazione e su soluzioni durature" (19).

Confido che questi due giorni di lavori porteranno frutti abbondanti di buone opere. Vi assicuro la mia preghiera; e voi, per favore, non dimenticate di pregare per me. Grazie.

*

Note

1. Messaggio per la 100a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, 5 agosto 2013.

2. Discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 12 gennaio 2015.

3. Cfr Benedetto XVI, Messaggio per la 92a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, 18 ottobre 2005.

4. Lett. ap. in forma di Motu proprio Humanam progressionem, 17 agosto 2016.

5. Cfr Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 373-374.

6. Cfr Benedetto XVI, Messaggio per la 99a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, 12 ottobre 2012.

7. Cfr Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale delle Migrazioni, 15 agosto 1986.

8. Cfr Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale delle Migrazioni, 5 agosto 1987.

9. Messaggio per 47a Giornata Mondiale della Pace, 8 dicembre 2013, 9.

10. Cfr Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 9;163;189;406.

11. Lett. enc. Laudato si', 196.

12. Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 33.

13. Ibid., 62.

14. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale delle Migrazioni, 25 luglio 1995, 2.

15. Messaggio per 47a Giornata Mondiale della Pace, 8 dicembre 2013, 1.

16. Cfr Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al convegno inter-accademico "L'identita' mutevole dell'individuo", 28 gennaio 2008.

17. Omelia al Campo sportivo "Arena" in Localita' Salina, 8 luglio 2013.

18. Messaggio per la 100a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato.

19. Messaggio per la 103a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, 8 settembre 2016.

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