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28 giugno 2017

 

Migranti, l'Italia alla Ue: ipotesi blocco alle navi straniere. Mattarella: "Situazione ingestibile"

di Giovanni Gagliardi e Umberto Rosso

 

Il governo ha incaricato il Rappresentante presso Bruxelles di porre formalmente il tema dell'emergenza che sta affrontando il nostro Paese. Il commissario Ue: Nelle ultime ore oltre 12mila arrivi. Dal 1 gennaio +13,43%. Il premier: "La Ue non volti la faccia". La Lega: "Invasione epocale"

 

Sull'immigrazione passo formale dell'Italia con la Commissione Europea. Il governo ha dato mandato al rappresentante presso la Ue, l'ambasciatore Maurizio Massari, di porre al commissario per le migrazioni Dimitris Avramopoulos il tema degli sbarchi nel nostro Paese. Messaggio consegnato dall'Italia alla Commissione: la situazione che stiamo affrontando è grave, l'Europa non può voltarsi dall'altra parte. Massari, nel suo incontro con Avramopoulos ha evidenziato che la situazione è ai limiti della capacità di gestione, con un impatto sulla vita socio-politica del Paese. Per questo potrebbe essere difficile permettere nuovi sbarchi.

Anche il capo dello Stato Sergio Mattarella, in visita in Canada, durante l'incontro con il premier Justin Trudeau ha parlato dell'emergenza migranti: "In questi giorni sono arrivate 12mila persone. La situazione è difficile, se si va avanti con questi ritmi, se gli sbarchi non si fermano, il fenomeno diventa ingestibile". Per il presidente rimane comunque prioritaria l'accoglienza ai migranti. "Un Paese da solo non può farcela. Anche un paese grande e aperto come il nostro. Serve la collaborazione internazionale, ma alcuni Paese dell'Europa restano insensibili". Il fenomeno migratorio, ha aggiunto il presidente "va governato assicurando contemporaneamente la sicurezza dei cittadini".

 "Siamo in queste ore alle prese con la difficile gestione dei flussi migratori. Un Paese intero si sta mobilitando, si sta impegnando per governare i flussi e per contrastare i trafficanti. Non per soffiare sul fuoco ma per chiedere al alcuni paesi europei di smetterla di girare la faccia dall'altra parte perchè questo non è più sostenibile", ha aggiunto il premier Paolo Gentiloni intervenendo al congresso della Cisl.

Un peso insostenibile
È insostenibile, viene spiegato a motivare il passo italiano, che tutte le navi che fanno operazioni di salvataggio approdino in Italia. Il governo starebbe valutando la possibilità di negare l'approdo nei porti italiani alle navi che effettuano salvataggi dei migranti davanti alla Libia ma battono bandiera diversa da quella del nostro Paese. Secondo fonti governative è ormai "insostenibile" che tutte le imbarcazioni che operano nel Mediterraneo centrale portino le persone soccorse in Italia.

L'Italia, sottolineano le fonti, continuerà a salvare vite in mare come sempre ha fatto in questi anni, ma non è più sostenibile che tutto il peso dell'accoglienza debba gravare sul nostro Paese. Salvataggi e accoglienza non possono essere disgiunti e dunque il contributo dell'Ue non dovrà limitarsi alle operazioni di soccorso in mare.

 

L'ipotesi: negare l'approdo alle ong straniere
L'eventuale blocco degli sbarchi di migranti riguarderebbe solo le navi gestite dalle Organizzazioni non governative. Durante l'incontro con il commissario Avramopoulos, l'ambasciatore italiano non avrebbe annunciato alcuna modifica delle operazioni Ue nel Mediterraneo centrale

 

Commissione: regole missioni Ue non in discussione
 "Al di là delle operazioni Ue, che non sono in discussione, la questione degli sbarchi è regolata dalla legge internazionale. La Commissione Ue tuttavia ritiene opportuno che qualsiasi cambiamento nelle politiche sia prima discusso e comunicato nel modo giusto, così da dare alle Ong l'opportunità di prepararsi", ha spiegato all'Ansa Natasha Bertaud, portavoce della Commissione Ue.

Le regole operative delle missioni Triton e Sophia prevedono che i migranti salvati da navi di altri Stati membri che vi partecipano siano sbarcati nei porti in Italia. Secondo una fonte comunitaria, le modalità operative delle due missioni possono essere modificate solo all'unanimità dagli Stati membri partecipanti.

I servizi giuridici della Commissione sono al lavoro per valutare le implicazioni giuridiche della decisione italiana. Secondo una prima analisi, sarebbe possibile per le navi che battono bandiera di un altro Paese e che operano fuori dall'area di ricerca e soccorso (Serach and rescue o Sar, ndr) italiana.

Avramopoulos: "Situazione insostenibile"
"Se necessario siamo pronti a aumentare sostanzialmente il sostegno finanziario all'Italia", ha detto Avramopoulos. "L'Italia ha ragione nel dire che la situazione sulla rotta del Mediterraneo centrale è insostenibile", ha aggiunto,  spiegando di aver incontrato il rappresentante italiano presso la Ue "per vedere come migliorare il sostegno al Paese". "Abbiamo l'obbligo di salvare vite", ha aggiunto. Ma "non possiamo lasciare un pugno di Paesi ad affrontare questo. Il luogo per discuterne è la riunione informale dei ministri degli Interni Ue a Tallin, la settimana prossima".

Un flusso continuo
Sono circa 650 i migranti soccorsi e salvati oggi nelle acque del Mediterraneo centrale nel corso di 5 operazioni coordinate dalla sala operativa centrale della Guardia costiera a Roma. I migranti viaggiavano a bordo di quattro gommoni e di un barchino.

Nelle ultime 48, come ha ricordato anche Mattarella, in Italia si stanno facendo sbarcare 12mila migranti, da 22 navi, molte di queste di organizzazioni non governative. Stamane a Pozzallo è arrivata la nave militare Foscari con 673 persone. Tra loro c'è anche il corpicino senza vita di un neonato, era nato sul barcone raggiunto dalla nave militare italiana. Forse un problema respiratorio è stato letale e per i soccorritori non c'è stato nulla da fare.

I dati del Viminale
Sono 76.873 i migranti sbarcati sulle coste italiane dal 1 gennaio a oggi, il 13,43 per cento in più rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso quando gli arrivi furono 67.773. Ad aggiornare il dato è il Viminale, secondo cui i porti maggiormente interessati dagli sbarchi sono, nell'ordine, Augusta (13.000 sbarcati), Catania (9.620), Pozzallo (7.161), Palermo (5.799), Reggio Calabria (5.806), Vibo Valentia (5.299), Lampedusa (5.168), Trapani (4.742), Messina (3.902) e Crotone (3.224). Sempre dall'inizio dell'anno, i minori stranieri non accompagnati sbarcati sono 9.761 (dato aggiornato a ieri).

Le reazioni
"Le persone salvate in mare dovrebbero essere trasferite nel più vicino porto di sbarco in cui le loro necessità e vulnerabilità possano trovare una risposta rapida", è il commento di Medici senza frontiere. L'ong ricorda che da tempo chiede più sostegno dell'Ue alle operazioni di salvataggio, alle quali "dovrebbero partecipare tutti gli Stati". Secondo Msf occorre "distinguere fra le operazioni salvavita di soccorso in mare e le successive attività di accoglienza: riguardo le prime, la nostra preoccupazione principale resta fornire una risposta umanitaria adeguata a coloro che hanno bisogno di essere salvati".

"L'iniziativa dell'Italia è giusta e opportuna", scrive in una nota il presidente della commissione Difesa al Senato, Nicola Latorre. "Una decisione - aggiunge l'esponente Pd - che se sarà formalizzata aiuterà a gestire una situazione che rischia di essere insostenibile. Fermo restando la priorità di salvare vite umane, l'accoglienza non può che essere un impegno condiviso da tutti i Paesi europei anche perché, oltre un certo limite, sarebbe assai difficile garantire i minimi requisiti di dignità e di rispetto della persona". E  fonti Pd sottolineano come ci sia sostegno pieno del segretario, Matteo Renzi, alla linea del presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni e del ministro dell'Interno, Marco Minniti.

Diversa la posizione di Tony Iwobi, responsabile federale Dipartimento sicurezza e immigrazione della Lega Nord: "Diecimila sbarchi di finti profughi in pochissimi giorni. Ancora una volta la Lega di Matteo Salvini aveva ragione. L'invasione di clandestini sta diventando epocale. È del tutto inutile che il ministro Minniti cancelli il viaggio negli Usa. Anzi, prenda Gentiloni e tutto il resto del governo e se ne vada per sempre da questo Paese. Il Pd ha trasformato l'Italia in un immenso campo profughi con la litania trita e ritrita dell'Europa che deve aiutarci e se ne fotte. Un governo serio, non il nostro del tutto folle, smetterebbe da oggi di dare soldi all'Unione europea (8 miliardi di euro all'anno). Basta. Ma basta davvero. Serve una rivolta popolare per cacciare con ogni mezzo, anche con le cattive maniere, questo governo Pd. Renzi non ha capito il segnale delle elezioni: gli italiani sono stufi di lui e dei suoi danni".

http://it.radiovaticana.va/

29/06/2017

 

Perego su chiusura porti:
spero sia solo una provocazione

 

L’Unione Europea non lasci sola l’Italia, perché sull’emergenza sbarchi è in una pessima situazione e fa fronte a pressioni enormi.  Il commissario Ue agli affari interni Avramopoulos torna sulla questione migranti, dopo le dichiarazioni del governo di Roma, pronto a negare l’accesso ai porti italiani alle navi di ong, cariche di migranti, che non battono bandiera italiana.

 

Francesca Sabatinelli audio:

 

L’Italia non si tira indietro, ma tutti facciano la loro parte. Il premier italiano Gentiloni e il ministro dell’Interno Minniti avvertono i partner europei: il limite è raggiunto. L’emergenza sbarchi non può essere solo italiana, è in sostanza quello che si ripete. Che la penisola, e con lei la Grecia, non debba essere lasciata sola è quanto detto anche dal presidente della Commissione europea Juncker. A migliaia continuano ad arrivare sulle coste italiane, mentre l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, Oim, certifica che degli oltre 85 mila tra migranti e profughi entrati in Europa da gennaio, circa il 90% sono entrati dall’Italia. Chiudere i porti significherebbe mettere a rischio i salvataggi. Questa la denuncia di Medici Senza Frontiere, che opera nel Mediterraneo con due navi, una battente bandiera italiana, la Prudence, l’altra l’Aquarius gestita in cooperazione con una ong francese. 

Marco Bertotto, responsabile advocacy di Msf Italia:

R. – Evidentemente, le autorità italiane dovrebbero cercare la disponibilità di un altro Stato ad accettare gli sbarchi e indicarci un porto diverso in cui portare queste persone soccorse. Questo ha delle conseguenze pesanti dal punto di vista umanitario, intanto per le condizioni e le vulnerabilità delle persone soccorse. E’ molto difficile immaginare che una nave di soccorso, spesso caricata all’inverosimile, possa compiere tragitti così lunghi senza aver possibilità di garantire condizioni adeguate, cure mediche e quanto occorre. E poi, soprattutto, c’è una conseguenza legata all’abbandono delle zone di soccorso da parte delle navi, che sarebbero costrette a stare in mare per una settimana, dieci giorni, per portare le persone e rientrare poi nelle zone di soccorso.

D. – Quindi per entrare nello specifico, sarebbe difficile garantire alle persone che voi ospitate sulle vostre barche il giusto aiuto, per quanto riguarda il cibo, le cure mediche e tutto il resto?

R. – Assolutamente. La preoccupazione nostra è questa ed è una preoccupazione esclusivamente umanitaria, dopo di ché ci rendiamo conto che la provocazione del governo italiano è quella di richiamare i partner europei a una compartecipazione nelle attività di accoglienza. Ma un conto è l’accoglienza, un conto è il soccorso in mare, e una proposta così provocatoria e avventata non può non avere, però, conseguenze anche sul soccorso in mare, e sono conseguenze devastanti. Non si può fare politica sulla pelle delle persone, soprattutto sulla pelle di persone così vulnerabili.

D. – La navi che salvano in mare i migranti, per arrivare nei porti italiani dal luoghi di salvataggio ci mettono un giorno, al massimo due. Nel caso in cui si decidesse di chiudere i porti italiani, dove si andrebbe e quale sarebbe la distanza?

R. – Questo non lo sappiamo, non conosciamo il dettaglio della proposta, non sappiamo che cosa abbiano in mente le autorità italiane anzi, siamo molto interessati a conoscere quale sia l’obiettivo ultimo. Quello che ci appare irrealistico è pensare di trasportare queste persone, che sono persone e non cose, a un porto a una distanza di tre-quattro giorni di navigazione in quelle condizioni e, soprattutto, ripeto, privando il sistema di soccorso di unità navali che sarebbero a questo punto impegnate ad attraversare il Mediterraneo invece che a soccorrere i barconi al largo della Libia.

D. – C’è chi rilancia l’ipotesi Malta e Tunisia …

R. – L’ipotesi Malta e Tunisia è un’ipotesi che era già stata discussa ma che al momento non ha alcun fondamento, da un lato per l’indisponibilità dei rispettivi governi a garantire questa attività, e poi per l’assenza di condizioni. Le persone che noi soccorriamo sono persone che hanno diritto a richiedere protezione internazionale, che hanno necessità di un sistema di assistenza umanitaria e di protezione che difficilmente in quei contesti potrebbe essere garantito.

D. – Voi ritenete – appunto – che questa sia una provocazione, ma se chiudere i porti non è una soluzione, a vostro giudizio come intervenire nella crisi che vive l’Italia?

R. – E’ difficile parlare di una unica soluzione, quello che ci sembra è che l’Italia faccia bene, che sia legittima la mossa del governo italiano a richiamare le autorità europee e gli Stati membri dell’Unione Europea a una maggiore compartecipazione, a una maggiore collaborazione. Dopodiché continuiamo a ribadire da tempo che quello che occorrerebbe è un meccanismo dedicato e proattivo di soccorso in mare. Ci sono canali umanitari e vie legali di accesso che consentono alle persone di richiedere protezione internazionale, senza dover mettere a rischio le loro vite, senza alimentare il criminale traffico di esseri umani. Quello che crediamo è che si dovrebbero radicalmente cambiare le politiche europee e che se ci fosse un’effettiva volontà delle istituzioni, degli Stati membri dell’Unione Europea di affrontare in maniera responsabile questo tema, i numeri non sarebbero problematici, perché i numeri sono ridicolmente bassi se paragonati alla quantità di persone, di profughi, di rifugiati, di richiedenti asilo che sono – ad esempio – ospitati nei Paesi vicini alle zone di crisi, nel Medio Oriente, in Asia e in Africa.

A sperare che la posizione del governo italiano sia solo una sfida nei confronti dei partner europei, è anche mons. Giancarlo Perego, direttore generale uscente della Fondazione Migrantes della Cei:

R. – Io credo che sia una provocazione, una provocazione che può essere anche utile in questo momento in cui l’Europa, oltre ad aver fatto degli annunci, non ha fatto seguito con una serie di azioni che sono importanti. Sappiamo tutti come, di fatto, dopo la fine di “Mare Nostrum”, la nuova operazione “Triton” legata a “Frontex” è stata un’operazione sottodimensionata rispetto all’esigenza di un salvataggio in mare. Questo ha portato la crescita di navi di ong che hanno fatto un lavoro sussidiario che ormai è il 50 per cento di tutte le operazioni di salvataggio. Quindi, un primo elemento importante è che l’Europa non ha saputo presidiare il Mediterraneo per quanto riguarda il salvataggio di vite umane. Il secondo aspetto è che la politica dell’Europa sull’asilo è una politica monca, perché se anche c’è questa operazione, attualmente, di salvataggio in mare, manca il ricollocamento che è rimasto sostanzialmente lettera morta. Se questa provocazione non diventa ancora una volta uno strumento che penalizza i più deboli, cioè coloro che stanno attraversando il Mediterraneo in situazione grave, ma diventa uno strumento perché finalmente il ricollocamento, che è una responsabilità di tutti i 27 Paesi, possa avvenire da subito, allora questa provocazione può essere un aspetto importante. Comunque, che questa minaccia, questa provocazione non debba esaurirsi poi, di fatto, nel far crescere i morti in mare e nell’indebolire i salvataggi in mare.

D. – Sembra quanto mai difficile che alcuni Paesi dell’Unione Europea intendano rispettare quelle che erano le regole per i ricollocamenti …

R. – Non si possono penalizzare i Paesi per delle quote latte maggiori o per altri aspetti legati all’economia, al commercio, e non intervenire per tutto quello che riguarda, come per l’aspetto dei rifugiati, la salvaguardia della persona umana. Occorre un intervento forte perché l’Unione Europea o sarà un’Unione con un forte carattere anche di solidarietà sociale, che sarà il carattere che la distinguerà anche nei prossimi anni, anche alla luce di ciò che sta capitando al di là del Mediterraneo, oppure l’Unione europea diventerà un “vulnus” e torneremo a nazionalismi e particolarismi e questo sarebbe ulteriormente un aspetto grave che ancora una volta penalizzerà i più deboli. E quindi il vero sforzo, oggi, è innescare un meccanismo nuovo che faccia dell’Europa un unico Paese che condivide soprattutto alcune politiche sociali, tra cui quella del diritto d’asilo che è uno degli strumenti, una cartina di tornasole, fondamentale. Anche la ventilata idea di riaprire il discorso non tanto sul ricollocamento quanto su campi profughi in Libia o altro, è un ripiego che ancora una volta penalizzerebbe le persone più deboli e negherebbe un diritto fondamentale che è il diritto d’asilo.

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