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Aleppo, 14 settembre 2017

 

Le croci di suor Arcangela

Festa dell'Esaltazione della Santa Croce

 

  Contemplando questo volto, con quelle scie di sangue, riviviamo la passione, una passione attuale, silenziosa, che si è consumata nel giro di sei anni di Via Crucis, con la guerra in Siria.

 

 I proiettili facevano un orribile fragore, cadevano senza sosta senza misurare dove arrivavano, ferendo persone di tutte le età, sembrava non avessero una meta da raggiungere.

 

 Quel Volto misterioso aveva una meta, è rimasto sempre lì, le cartucce ferivano i volti umani causando spesso la morte, ma Quel Volto è rimasto sempre lì, per un solo obbiettivo: rinnovare l'adesione di amore al Padre, di gridare con la Sua Voce "Perdona loro perché non sanno quello che fanno”.

 

 Quel corpo mutilato indica che era in mezzo al popolo Siriano, ne condivideva le lacrime, le ferite e l'attesa di una nuova speranza, che c'è... lo indica quell'unico braccio rivolto verso il Cielo.

 

 Quel volto delicato sereno, quel corpo insanguinato, ha raccolto, come i proiettili, il grido degli innocenti, ridando perdono, amore e speranza.

 

Buona festa della nostra salvezza, in Cristo Crocifisso dimora la nostra forza!

Suor Arcangela, ospedale Saint Louis - Aleppo

 

Chi è suor Arcangela:  Ad Aleppo, Siria, suor Arcangela Orsetti coltiva una forma di arte dal riciclo che potremmo definire anti-bellica. Religiosa lucchese delle suore di San Giuseppe dell’Apparizione, vive nella città siriana da più di 40 anni e con cinque consorelle gestisce l’ospedale Saint Louis. Nel suo inesistente tempo libero in lunghi anni di guerra, suor Arcangela si è ingegnata a «trasformare oggetti di morte in simboli di vita e riscatto». Un enorme bossolo metallico contiene un ramo d’ulivo. Le mani della suora («fervide come la sua fantasia», osserva sorridendo suor Thèrese) hanno unito proiettili a formare scritte di pace in varie lingue, simboli cristiani classici, rosari, una colomba. Arredi sui muri e sulle finestre dell’ospedale. Pezzi di ordigni e ferraglia assortita si sono trasformati in portacandele, assai utili in questi ultimi anni di black-out, quando l’ospedale era interamente affidato al generatore a diesel – e nelle settimane più difficili non arrivava nemmeno quello, in città.....

 


Tratto da http://www.vietatoparlare.it/

22 agosto 2017

 

Suor Arcangela e le altre: le eroine di Aleppo

di Marinella Correggia

 

«Ho cominciato all’inizio della guerra, perché erano piovuti sulla terrazza dell’ospedale, in giardino e nei dintorni proiettili e pezzi di mortaio sparati dai musallahin(così in arabo sono definiti gli uomini armati che non fanno parte di un esercito regolare, ndr). Poi il personale ospedaliero, visto cosa stavo facendo, nel tragitto fra la casa e qui ha cominciato a raccogliere per me pezzi non pericolosi». 

L’ospedale nasce nel 1912, ma le prime suore arrivano in Siria dalla Francia nel 1856, a dorso di asinello. Sono obbligate a partire durante la prima guerra mondiale. Ma durante quest’ultima guerra mondiale a pezzi, le suore di San Giuseppe non si sono mai mosse da Aleppo in questi anni di pericolo talvolta estremo, a partire dal 2012: «Mi dicevano: “Tu che non sei siriana sei rimasta qua mentre tanti sono andati via”. Del resto, Gesù ci ha detto “non c’è gioia più grande che donare la vita per coloro che amiamo. E io amo questo popolo. E poi San Giuseppe là sul tetto ci ha protetti al meglio», dice semplicemente suor Arcangela. Negli ultimi anni, di guerra, ad Aleppo «abbiamo sofferto, sì, e rischiato; non andavamo nel rifugio, nelle ore più pericolose, per rispetto verso gli ammalati in corsia».
Al Saint Louis, il programma «Feriti di guerra» portato avanti insieme all’organizzazione dei Fratelli Maristi ha curato negli anni centinaia di persone. Si calcola che nel Paese gli amputati di guerra siano ormai 30mila. E in questa parte occidentale di Aleppo, che essendo sotto il controllo governativo non è mai stata sotto i riflettori internazionali, 15mila persone sono morte dal 2012 colpite dai razzi, dalle esplosioni, dalle bombole del gas ripiene (chiamate «bombe dell’inferno») lanciate dai jihadisti asserragliati in Aleppo Est; là, interi quartieri sono distrutti da una guerra i cui fronti erano ravvicinati, dentro la città.

 

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