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6 aprile 2017 

 

La fine della propaganda occidentale

di Mauro Indelicato

 

La propaganda anti Assad proporrà ancora alcuni giorni di ‘rumore’, ma l’obiettivo di far apparire il presidente siriano come nemico appare destinato a fallire sul nascere.

 

La nuova offensiva mediatica contro il governo di Bashar Al-Assad segna la fine di un’epoca, ossia quella della retorica del ‘mondo civile’: lo si vede dall’isteria scatenata sui social e nelle televisioni, con l’ausilio in mezza Europa anche di ‘vip’ che all’unisono ed improvvisamente hanno scoperto dopo sei anni che in Siria si muore per le bombe, lo si nota dalla foga con la quale si è cercato di strumentalizzare un evento estremamente luttuoso, la cui dinamica esatta è difficile costruirla nel giro di poche ore, ed infine lo si nota anche per una propaganda tanto rumorosa quanto sterile. Con la fine della guerra fredda, venuto meno il collante della sfida tra il ‘mondo libero’ ed il ‘mondo comunista’, l’occidente si è aggrappato alla retorica del ‘mondo civile’: le più fallimentari avventure politiche e militari nel medio oriente, sono partite proprio da questo presupposto. Nel confronto tra occidente ed URSS, il ‘noi’ contro ‘loro’ era più facilmente riscontrabile: esistevano due grandi potenze, due blocchi divisi da un muro ed un duello che abbracciava tutti i campi, dalla rincorsa agli armamenti nucleari fino al medagliere delle Olimpiadi; venuto meno questo confronto, ecco che il mondo occidentale diventa portatore di valori universali, gli unici accettabili e gli unici per i quali val la pena sentirsi ancora dentro la categoria di un ‘noi’ (mondo civile, per l’appunto) che si contrappone ad un ‘loro’, adesso trasformatosi in un qualcosa di più eterogeneo e scambiabile a seconda delle esigenze.

L’occidente, in poche parole, si è trasformato dal 1991 in poi nel ‘guardiano del mondo’: qualsiasi cosa accada nel pianeta, USA ed alleati devono intervenire per riportare i valori del mondo civile, contrapposti a quelli del nemico di turno. E’ per questo che si è giustificata la prima guerra del golfo, è per questo che Bill Clinton ha tirato giù il regime di Siad Barre facendo di fatto fallire lo stato somalo, è per questo che la NATO ha ucciso con i suoi bombardamenti 500 civili serbi nel 1999, è per questo che Bush junior ha attuato la guerra preventiva contro Saddam nel 2003 e, ancora, è per questo che Francia e Gran Bretagna si sono sentiti in diritto di far crollare Gheddafi nel 2011; il più delle volte però, gli episodi alla base di queste avventure occidentali, le cui nefaste conseguenze si avvertono oggi nel medio oriente come nella vecchia Europa, sono il frutto di mera propaganda mediatica che, fino ad oggi, ha sempre sortito i suoi effetti: poco importa se non era dimostrabile il rovesciamento delle incubatrici da parte dei soldati iracheni a Kuwait City nel 1990 o se le fosse comuni in Libia durante la ‘primavera araba’ erano il frutto dell’invenzione dei giornalisti di Al Jazeera, noi del ‘mondo civile’ avevamo l’obbligo morale di unirci per combattere contro il ‘nostro’ nemico di turno.

Ma, come detto, tutto questo ad oggi appare se non altro molto più ‘affievolito’; la retorica del ‘mondo civile’ guardiano contro le barbarie, ha stancato i pur distratti telespettatori occidentali e questo sia perché già in passato la storia (anche quella ufficiale) ha poi svelato che molti episodi alla base delle recenti guerre erano palesemente falsi e sia perché l’opinione pubblica odierna è figlia della società di oggi: il ‘noi’ non fa più presa lì dove a comandare, nei rapporti quotidiani, è invece una sfrenata esaltazione dell’io. Ammesso, per assurdo, che in occidente i mass media riescano a far abboccare nuovamente il pubblico e che tutti credano che realmente Assad abbia bombardato usando armi chimiche, dopo due o tre giorni la Siria tornerebbe ad essere considerata lontana dai propri problemi, lontana dal proprio orticello coltivato tanto nella vita reale quanto sui social. Il mondo di oggi è diverso rispetto a quello di un quarto di secolo fa od anche di appena 7 o 8 anni fa: sia per una gamma molto più vasta di fonti d’informazione e sia per l’atteggiamento di un’Europa disinteressata a capire quel che accade fuori dalla propria finestra, amalgamare l’opinione pubblica attorno al ‘noi’ è opera del secolo scorso e si spiega forse così la maggiore isteria usata nell’ultimo tentativo propagandistico anti Damasco.

Sull’episodio in sé poi, i dubbi sulla ricostruzione fornita da gran parte dei media sovrastano le certezze con cui esso è stato presentato; si parla, in particolare, di un bombardamento con armi chimiche avvenuto nella provincia di Idlib appena tre giorni fa. La regione in questione, è dal 2012 controllata da gruppi islamisti arrivati dal confine turco ed ha visto, nelle scorse settimane, anche una vera e propria guerra nella guerra, con i gruppi jihadisti in lotta tra loro e gli scontri molto forti con protagonisti soprattutto gli ex di Al Nusra, filiale di Al Qaeda in Siria; è bene ricordare che questi gruppi non hanno nulla di moderato e che perseguono la stessa ideologia dell’ISIS, con gli stessi mezzi del terrore usati dal califfato: pochi giorni fa, l’avvicinamento dei gruppi islamisti in questione verso la cittadina cristiana di Muhradah (a nord di Hama), ha dato il pretesto sul web a molti seguaci dei cosiddetti ‘ribelli’, di iniziare a parlare di vera e propria ‘pulizia etnica’ da attuare con l’uccisione indiscriminata di tutti i civili presenti. Appare quindi assodato che, dare per scontato tutto ciò che viene narrato da Idlib, è operazione, nella migliore delle ipotesi, frutto di disonestà intellettuale: la provincia in questione è controllata dai terroristi, dunque le notizie da lì provenienti devono essere meticolosamente vagliate prima di essere date in pasto all’opinione pubblica.

Appurato questo, anche la logica non pare stare dalla parte di chi sostiene senza se e senza ma la colpevolezza di Assad sull’accaduto: le truppe dell’esercito siriano stanno riconquistando terreno su tutti i fronti, specie dopo la liberazione di Aleppo e la ripresa di Palmira. Perché quindi attuare un attacco del genere proprio in questo momento? Perché attirarsi addosso i media quando l’esercito avanza e l’alleanza con la Russia dona i suoi risultati più importanti? Ma non solo: giova ricordare che Assad, dopo l’accordo con le Nazioni Unite, ha smantellato tutto il proprio arsenale chimico tra il 2013 ed il 2014. Tale accordo, è arrivato a seguito di un altro episodio analogo, rivelatosi poi artatamente falsificato nel racconto fornito all’epoca dai media, ossia l’attacco nel Ghouta Est: in quel settembre 2013, l’allora presidente USA Barack Obama era in procinto di attaccare la Siria per via delle notizie di un attacco avvenuto con armi chimiche nella zona del Ghouta, non lontano da Damasco. L’azione diplomatica russa prima ed un’inchiesta che dimostrò la non colpevolezza delle truppe di Assad poi, hanno impedito il proposito bellico dell’amministrazione americana.

Anche quattro anni fa, Obama aveva fatto affidamento alla retorica del ‘mondo civile’: “Davanti a questi fatti, gli USA hanno il dovere di intervenire”, affermò davanti al Congresso. Ed anche oggi, con una giravolta compiuta in poche ore, la nuova leadership di Washington parla di intervento unilaterale per ‘dovere morale’; pur tuttavia, il contesto appare diverso: il pubblico occidentale non si schiererà facilmente in massa contro Assad, né contro Putin. Il mondo è cambiato rispetto a pochi anni fa, è sempre distratto ma anche più stanco e, forse, nemmeno così tanto convinto di essere ‘civile’: prima tutto ciò si capisce e prima si eviteranno macabre strumentalizzazioni di macabri eventi interni ad una guerra che appare infinita.

 

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