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29/03/2018

 

Caso Skripal: da Mosca a Londra passando per Pechino. Intervista a Pierluigi Fagan

 

Il caso Skripal, la ex-spia del KGB tra la vita e la morte dopo un attentato al gas nervino, puzza di "inside job" da un continente all’altro. Una storia che sembra parlarci soprattutto dell’eterna questione russa, terzo polo in bilico nello sconvolgimento secolare degli equilibri geopolitici globali tra Cina e Stati Uniti. Un caso che ci parla anche delle due agende parallele e conflittuali che convivono nella superpotenza americana. Da una parte le caute aperture a Putin del governo Trump, dall’altra un’amministrazione americana ancora fortemente reticente e pronta ad accusare il presidente di russofilia. La trascrizione di un'intervista sul tema a Pierluigi Fagan, autore di “Verso un mondo multipolare”, realizzata ai microfoni di Radio Black out.

 

Cominciamo allora dal caso Skripal, che opinione si è fatto di questo quasi-omicidio che ha scatenato una fortissima reazione da parte del Regno Unita, degli USA e dell’UE?

Tutta quella faccenda è debole, improbabile e incredibile. Debole perché per via del movente perché questo signore stava in Gran Bretagna da 8 anni, per cui quello che aveva da dire l’avrà detto, e in più ha 8 anni di ritardo eventualmente da poter trasferire. E’ improbabile come tesi perché l’attentato è stato eseguito poco prima delle elezioni interne alla Russia ma soprattutto poco prima dei mondiali. I mondiali per la Russia sono un elemento, tra l’altro la Russia ebbe la preminenza nella gara per l’assegnazione rispetto alla Gran Bretagna, quindi se la sono presa. La Russia mette molta importanza in termini di soft power a un evento del genere e quindi sarebbe abbastanza scriteriata ad accettare delle ombre e del fango su se stessa. Ma soprattutto è incredibile per le modalità perché, lo si vede persino nei film, quando uno deve ammazzare una spia, manda uno con i guanti di pelle, con la pistola con il silenziatore e lo ammazza. Adesso, è di stamane la notizia che sarebbe stato spruzzato del gas nervino sulla porta di casa di Skripal, ossia un modo più complicato, più incerto – tant’è che non l’ha ammazzato – e poi soprattutto usando un gas che contiene in sé la traccia di chi è stato. Perché questo gas Novichok rimanderebbe direttamente, secondo gli inglesi, a dei laboratori post guerra fredda della Russia. Insomma, da una parte una sequenza di stupidaggini fatta dai russi che è abbastanza incredibile. Dall’altra, come hanno notato i russi, sembrava tutto molto preparato. La sequenza delle reazioni, anche solo scegliere 60 diplomatici che gli stati uniti poi hanno espulso, non è cosa che di solito si fa in una settimana, evidentemente c’era della preparazione.

C’è una battaglia principale che è quella tra Stati Uniti e Cina. La Russia è geograficamente e politicamente in mezzo, perché è in mezzo al quadrante euro-asiatico, ed è in  mezzo anche essendo una potenza militare, ma non economica. Mentre la Cina è lo sfidante economico, ancora debole militarmente, meno forte dei russi, se non altro per impatto atomico, ma che evidentemente sta crescendo. E quindi la battaglia principale per l’Occidente a guida americana è cercare di capire cosa fare della Russia, perché attualmente la Russia è in una sorta di alleanza difensiva,  strategica e generale con la Cina. Fatto salvo che storicamente la Russia, anche se confinante con la Cina, non è alleata della Cina. I paesi che hanno un confine in comune, in genere sono antagonisti. Però le condizioni, soprattutto le relazioni internazionali di geopolitica portate avanti da Obama,  hanno creato questa situazione: Russia e Cina da una parte; Stati Uniti ed Europa dall’altra. Ma con una contraddizione dentro lo schieramento occidentale, soprattutto americano. Trump vorrebbe riportare la Russia da quest’altra parte dello schieramento, mentre il famoso deep state americano ha bisogno del grande nemico anche per via della Nato, per la corsa agli armamenti, etc. e quindi spinge nell’altra direzione, che è quella dell’ostracismo. Ed evidentemente tutto questo caso, che è stato gestito nei sentieri britannici, segue questa seconda strada.

 

Quindi in qualche modo anche rivelatore di uno scontro interno agli apparati americani…?

Sono agenda parallele più che scontri. Ma questo lo abbiamo già visto con Obama che firmava degli accordi con la Russia e un secondo dopo in Siria con qualcuno si comportava esattamente al contrario degli accordi fissati. Quindi sono agende parallele portate avanti da parti diverse della potenza americana.

C’è contraddizione, ma anche no, nel senso che Trump è famoso per la sua arte di trattare, e della trattativa fa anche parte l’alternanza tra schiaffi e carezze. Per cui se qualcuno preme molto la Russia, forse poi la stessa diventa anche più malleabile in sede di trattativa, quindi tutto sommato Trump lascia anche fare. Molto non può neanche fare perché anche lui a sua volta diventa soggetto di un attacco per presunta russofilia, e quindi deve stare attento a come si atteggia. Però poi tutto sommato può ottenere lui stesso dei vantaggi per la sua strategia. Ad avere una Russia più malleabile, meno forte, e più disponibile a cedere qualche cosa e a riposizionarsi.

 

Continuando a definire i contorni dei pezzi di questo “puzzle multipolare”. Da una parte l’incontro, piuttosto inatteso per alcuni, tra Kim Jong Un e Xi Jinping in Cina, colpo che in qualche modo smentisce il muso duro che Washington aveva fatto con la Corea del Nord… 

Kim è dentro un processo che da una parte potrebbe giungere a una qualche forma di rapporto organico, disarmato, amichevole e “solare”. Si chiama infatti Sunshine Policy la politica che venne iniziata da due presidenti prima dell’attuale presidente sud coreano Moon e che prova a trovare una forma di convivenza organica tra le due coree, quindi con scambi, con l’apertura dell’industria del sud verso il nord, dove la mano d’opera costa meno ecc ecc., questa è la partita principale di Kim. Chiaramente questo riassetta un po’ anche tutte le questioni in quel quadrante, perché poi invece la Corea del Sud, è stata vista dagli Stati Uniti come pied-a-terre e quindi è stata riempita di missili. Quindi c’è tutta una partita sul come proseguire questo progetto, cosa chiedere in cambio e cosa dare. Ad esempio una moratoria, un blocco della ricerca atomica della Corea del Nord, la non presenza della forza americana nel mare antistante, la de-missilizzazione della Corea del Sud, e poi tutta questa partita come si chiude? E’ chiaro che questa partita Kim deve giocarla con il conforto, l’alleanza e la cointeressenza con la Cina. Sennò, se è da solo contro tutti non va da nessuna parte.

E credo che la Cina abbia il suo stesso interesse che è quello di militarizzare moderatamente la regione, dall’altra parte di favorire quest’apertura, questo dialogo tra le due Coree.

 

Altro pezzo del puzzle quello della ridefinizione dei rapporti atlantici, sia rispetto agli equilibri interni all’Unione europea, in particolare con la Brexit, sia il rapporto tra Europa e USA messo in crisi dai dazi di Trump che colpiscono pesantemente l’industria siderurgica del vecchio continente…

La questione del fronte occidentale è molto più complessa perché da una parte c’è l’Europa, però ricordiamoci sempre che l’Europa esiste solo nelle nostre ossessioni economico-monetarie. L’Europa non esiste geopoliticamente, non è un soggetto, non ha una politica estera. L’agenda tedesca è un conto, quella francese un’altra e quella Italiana ancora un’altra, ancora un’altra è l’agenda dei paesi dell’Est Europa o della Scandinavia, dove le questioni stanno crescendo in tensione anche per via del nuovo quadrante che è l’Artico.

Poi c’è la Gran Bretagna che si sta staccando dall’Europa, più o meno l’anno prossimo dovrebbe diventare un’entità a sé. May fece una famosa conferenza parlando di “Global Great Britain” alludendo alla possibilità di andare a giocare su tutti  i tavoli del mondo.  Nel frattempo si è riformattato il Trans Pacific Partnership, cioè quell’accordo che doveva unire gli Stati Uniti e parte dell’America del Sud lato Pacifico, Asia che si affaccia sul Pacifico, Australia e Nuova Zelanda. Trump ha ricusato quell’accordo, che era già in parte avviato, e loro adesso però l’hanno fatto, senza gli Stati Uniti. La Gran Bretagna pare che immediatamente abbia avviato le procedure per entrare in questo accordo di libero scambio, e l’intenzione dei Brexiters che non c’entra tanto con l’Europa, l’euro, quanto col recupero dell’autonomia, della sovranità geopolitica della Gran bretagna con la sua esigenza di poter agire in tutto il mondo. Loro sono una potenza finanziaria, il loro posizionamento è quello e la finanza va a disposizione di tutti i mercati che crescono. Hanno quindi un’agenda particolare.

Poi appunto gli Stati Uniti che sono un soggetto bicefalo tra in genere il Presidente e l’amministrazione e il cosiddetto deep state, la grande organizzazione storica, diciamo, degli interessi americani.

Non solo questi tre attori devono coordinarsi tra di loro, ma devono anche discutere i propri pesi interni. Per cui Trump/gli americani da una parte richiamano l’ordine di scuderia della Nato, ma contemporaneamente Trump fa l’operazione dei dazi, sulla quale probabilmente si aspettava o auspicava una reazione immediata da parte dell’Europa in modo da fare una escalation, lui l’aveva già detto, lui voleva applicare i dazi sulle auto tedesche questa era la finalità ultima, e gli europei hanno iniziato di gran carriera dicendo che avrebbero messo i dazi sulle moto, sul bourbon, poi è tutto sparito ovviamente. Sono state sospese i dazi sull’alluminio e l’acciaio, sospesi però non ritirati, quindi come spada di Damocle per trattative interne su chi comanda,  chi ha il potere e chi decide le cose.

In linea generale Trump ha bisogno di trovare soldi per finanziare il piano infrastrutturale interno che è quello su cui lui fa promessa di occupazione che è l’unica cosa che gli può far vincere le elezioni di mid term, che saranno a novembre di quest’anno. Se perde una delle due camere, se non ha tutte e due le camere, diventa la famosa anatra zoppa. Già un presidente anatra zoppa è poco significativo, poi per Trump sarebbe una tragedia perché ha un’agenda abbastanza “rivoluzionaria”, cioè inedita per gli standard del potere americano, e quindi se non può contare su tutte e due le camere, evidentemente la sua azione politica perde di senso e di significato.

Quindi è un quadro molto articolato che bisognerà seguire evitando semplificazioni, perché tenderà a complicarsi sempre di più.

Multipolare non significa solamente Cina o Stati Uniti, la Russia in mezzo e l’Europa che non si sa bene che fa. Poi c’è il Giappone che è quello che ha promosso il Trans Pacif Partnership e ha firmato un trattato di libero scambio con l’Europa, che da una parte si appoggia agli Stati Uniti ma poi questi ultimi chiedono dazi perché esportano troppo. Insomma, è una situazione molto complessa e articolata.

 

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