IL SECOLO XIX

25/05/2004

 

“La democrazia è morta”

Andrea Casazza Intervista José Saramago

 

Il ciclo “Nobel fra letteratura e teatro” che il Teatro dell'Archivolto ha inventato, impreziosendo questo 2004, anno della cultura genovese, si chiude con una delle voci più alte della narrativa moderna: José Saramago. A dare avvio ai “Ritagli nell'ombra” a lui dedicati è stata ieri sera un'intervista pubblica al Teatro Modena condotta da Ernesto franco, sottolineata dalle musiche della Banda Osiris e segnata dalla lettura di “Embargo”, rivelatore racconto giovanile del Nobel portoghese, affidato alla voce di Fabio De Luigi. [...] Rosanna Danndeo sarà invece protagonista di una lettura di “Riflusso”, che segna l'apertura del cimitero di Staglieno come un inedito spazio teatrale. [...]

Saramago, che cosa ne pensa di questa ambientazione di “Riflusso”?

All'inizio ero sorpreso e perplesso poi mi sono convinto che sì, Staglieno poteva essere davvero un luogo appropriato. Di fatto il racconto parla di un re che ha orrore della morte. Tanto da decidere di far erigere un unico ed enorme cimitero e a costringere tutti i suoi sudditi a portare sin lì, da ogni angolo del regno, i loro morti. Quello che questo monarca non può immaginare è che ben presto, proprio per ospitare i pellegrini, attorno all'immenso mausoleo inizia a fiorire la vita: ben quattro città. Perché è impossibile e inutile separare la vita dalla morte.

Il suo nuovo romanzo è appena uscito in Portogallo. In Italia lo leggeremo a settembre. Ce ne può parlare?

Si intitola “Saggio sulla lucidità” e forma una sorta di dittico con “Cecità” (il cui titolo originale era, appunto, “Saggio sulla cecità”). Racconta la storia di un paese immaginario in cui alle elezioni si contano, fra lo sconcerto generale, il 73% di schede bianche. Cadono le teste dei leader dei partiti e il panico si diffonde nel governo. Ma poiché il giorno delle elezioni ha piovuto molto, ci si appella alla calamità naturale e si indicono nuove elezioni. Risultato: le schede bianche sono l'80%. A questo punto, al governo, restano due cose da fare: o cercare di capire che cosa è successo o trovare una spiegazione qualsiasi che giustifichi una svolta repressiva. Che è appunto quanto succede lasciando il Paese in un delirio di violenza.

Come è stato accolto in Portogallo?

Ne sono state vendute 100 mila copie in meno di un mese determinando una reazione sugli organi di informazione che definirei ridicola se non fosse tragica. Mi si è accusato di voler distruggere la democrazia. Il libro è in realtà una satira violentissima contro il sistema democratico che ci governa. Per questo si conclude in tragedia.

Intende dire che la democrazia è malata?

Non è questo il problema. La vera domanda è: viviamo in democrazia? La mia risposta è no. Viviamo in una specie di involucro democratico in cui solo gli elementi formali della democrazia (i partiti, il parlamento eccetera) funzionano. Il potere, quello vero, non è democratico. Non lo sono gli istituti che governano per davvero: il Fondo Monetario Internazionale, l'Organizzazione Mondiale del Commercio, la Banca Mondiale. I governi “democratici” sono i commissari politici dei poteri economici per i quali confezionano le leggi.

La guerra in Iraq si inserisce in questo scenario?

Sulla guerra in Iraq tutto è già stato detto e visto. E' ormai accertato che le ragioni per l'intervento armato erano false, a partire dal possesso iracheno di armi di distruzione di massa. E sono sotto gli occhi di tutti le mostruosità delle torture messe in atto non da pochi militari ammalati di sadismo ma decise e deliberate dall'alto. E' vero che la tortura è stata praticata, viene e sarà praticata da molti Paesi e servizi segreti del mondo. Però in Iraq c'è una guerra e, anche se pare una contraddizione, in guerra vigono delle regole. Ma le regole sono ormai saltate, i limiti sono stati da tempo valicati. Il conflitto israelo palestinese è una vergogna che dura da 30 anni. In Palestina si vive quotidianamente l'umiliazione dell'annullamento della persona che si viveva nei campi di concentramento nazisti. E tutto ciò ad opera del governo israeliano con la complicità attiva e materiale degli Stati Uniti.

La sua opera letteraria è segnata dall'impegno politico. Ora ha deciso di entrare in politica candidandosi alle europee nelle fila del partito comunista portoghese. Ritiene che sia giunto il momento per gli intellettuali di scendere direttamente in campo?

Non mi permetto di dire che cosa deve o non deve fare un intellettuale. Rifletto semmai sul fatto che è facile dire che gli intellettuali devono intervenire senza tener conto che sono figli di una società sempre più apolitica. Credo che un intellettuale debba in primo luogo rispondere della serietà del suo lavoro. Personalmente, però, non riesco a scindere la mia attività di scrittore da quella di cittadino e questo comporta una diretta assunzione di responsabilità.

 

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