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30 ottobre 2018

 

La grande finanza sovrasta gli interessi legittimi dei popoli

di  Luciano Lago

 

Non sappiamo se avrà successo e in che termini il tentativo del governo giallo/verde di Conte/Salvini/Di Maio di imporsi con una propria linea di manovra economica, nonostante i veti e le minacce della Commissione Europea di Bruxelles ed il forte attacco di tutti i media contro le decisioni di questo governo.

 

Come se non bastasse, si erano mosse tempestivamente alcune Procure a mettere sotto inchiesta le azioni del ministro degli Interni Salvini con incriminazioni strumentali che dimostrano la parzialità di una parte della Magistratura che fa politica con le incriminazioni.

 

Per quanto riguarda i poteri esterni, tra i tanti attacchi lanciati all’indirizzo dell’Italia da parte dei tecno burocrati di Bruxelles, risulta molto significativo considerare quanto dichiarato dal tedesco Günter Oettingeril, il quale, dimostrando grande “sensibilità democratica”, all’indomani delle elezioni del quattro marzo, volle ricordarci che «i mercati insegneranno agli italiani a votare in modo giusto».

 

In effetti il fulcro della questione si trova esattamete in questo dilemma: come un governo nazionale eletto possa reclamare il diritto di varare provvedimenti di carattere sociale a favore dei propri cittadini senza tenere conto dei grandi potentati economici che esercitano le loro pressioni sui governi nazionali per favorire i loro interessi.

 

Si tratta non soltanto di un primato della sovranità di uno Stato che viene sacrificata da organismi transnazionali ma anche del più generale principio di primato della politica sull’economia che rovescerebbe l’attuale paradigma.

 

Quello a cui assistiamo in queste settimane non è da interpretare soltanto come un contenzioso di natura tecnico contabile sulle differenze di qualche punto di 0,.. sul bilancio di previsione dello Stato ma piuttosto uno scontro di principio fra la preminenza delle direttive economiche e finanziarie sul diritto/dovere di uno Stato sovrano di gestire una politica volta a privilegiare la piena occupazione o il supporto alle fasce deboli della popolazione, piuttosto che alla conformità dei conti all’assetto finanziario della UE e agli interessi delle grandi banche estere (quelle che detengono i titoli Italiani).

La costituzione italiana è piuttosto chiara su questo (nel principio di sovranità e piena occupazione) ma viene elusa dalle forze politiche che si richiamano ad “europeismo di facciata”.

 

Il vero significato del contenzioso sta esattamente in questo: stabilire il primato della politica sull’economia, cambiare quindi il paradigma imposto dalla ideologia neoliberista che ha privilegiato gli interessi della finanza sulla società civile.

 

Si tratta di una vecchia questione di carattere etico oltre che politico a cui sono state date risposte differenti secondo la Storia e le ideologie dominanti.

 

Si deve decidere se, nella determinazione delle scelte di fondo di uno Stato debba prevalere l’elemento volontaristico – la volontà, volta per volta, del popolo tramite i suoi rappresentanti, della classe politica eletta – oppure la soverchiante forza degli interessi economici e finanziari rispetto ad uno Stato che appare disarmato”, non disponendo della facoltà di emissione monetaria.

 

Sembra chiaro che in tutti questi anni di dominio assoluto dell’ideologia neoliberista, a cui si sono prostrati tutti i partiti di sinistra e di centro destra, il criterio scelto sia stato quello della preminenza degli interessi economici e della grande finanza (dietrol’alibi europeista) rispetto alle esigenze dei popoli e dei cittadini. Se non fosse stato così non si spiegherebbero le privatizzazioni di tutte le aziende pubbliche fatte in forma massiccia dagli anni 90 in poi, inclusi buona parte dei servizi pubblici, dalle autostrade ai telefoni alle Poste all’Energia, ecc..

 

Le privatizzazioni, fatte in nome dello snellimento dello Stato, sono state una forte opera di smantellamento del patrimonio pubblico che ha avvantaggiato i profitti delle grandi corporations bancarie e delle multinazionali che hanno profittato delle svendite fatte dai governi di centro sinistra, di contro del tutto nulli i vantaggi per i cittadini italiani che hanno vito calare occupazione e subire l’aumento dei costi dei servizi. Nessun beneficio per il debito dello Stato che ha continuato ad aumentare sotto il peso degli interessi passivi pagati alle istituzioni bancarie.

 

Accade quindi che chiunque oggi voglia contraddire i postulati economici, veri e propri feticci, dettati dal neoliberismo e voglia adoperarsi per soddisfare prioritariamente le esigenze sociali e di incremento della domanda interna, venga tacciato di sovranista, populista o reazionario.

 

Non è un caso che il Commissario europeo, il francese Pierre Moscovici, abbia affermato di vedere in giro, se non proprio un Hitler, bontà sua, tanti piccoli Mussolini in giro per l’Europa. In definitiva risulta piuttosto evidente che sia in atto, più o meno consapevolmente, uno scontro tra due concezioni della politica, una sottomessa ed una sovrapposta al potere economico.

 

Da questo deriva l’interesse della elite finanziaria e dei potentati economici a mettere in riga il governo italiano per evitare uno “strappo alle regole”, ritenuto foriero di devastanti conseguenze per l’assetto della Unione Europea oltre che per la stabilità dei mercati.

I potentati finanziari mandano precisi segnali all’Italia con il rialzo dello spread e con le classificazioni negative a mezzo delle agenzie di rating. Il potenziale conflitto fra la struttura antidemocratica dell’Unione Europea con le sue regole che vengono imposte da una oligarchia non eletta da nessuno rischia di emergere in modo clamoroso (dopo il caso Grecia) nel prossimo confronto tra l’Italia e la Commissione UE.

 

Come altre volte accaduto nella Storia, l’Italia sarà il più importante campo di sperimentazione in Europa dove si confronteranno il diritto dei popoli ad essere padroni del proprio destino con gli interessi delle oligarchie finanziarie globaliste.

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