Il testo integrale de I dibattiti sui Furti di legna di Karl Marx, scritto nel 1842


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17 marzo 2018 

 

Siamo tornati alla legge sui furti di legna. Licenziamento a Collegno, multe ai poveri a Genova

di Sergio Cararo

 

La ruota della civiltà sta regredendo velocemente, di almeno 176 anni, mentre la criminalizzazione dei poveri procede con passo pesante e inaccettabile per legittimare i prossimi e dolorosi tagli al welfare.

 

A Genova martedi della prossima settimana il consiglio comunale discuterà una delibera che prevede una sanzione di 200 euro a chi verrà sorpreso a frugare nei cassonetti della spazzatura. Ancora più gravemente a Collegno, Lisa una lavoratrice di 41 e con tre figli, è stata licenziata dalla sua azienda – la Cidiu società per la raccolta dei rifiuti urbani – perché durante la raccolta dell’immondizia aveva prelevato da un cassonetto un monopattino lì buttato, per regalarlo al proprio figlioletto di otto anni.

 

Il giudice chiamato ad esprimersi sul ricorso della lavoratrice contro il licenziamento, ha sentenziato solo un indennizzo pari a 18 mensilità ma nessun reintegro sul lavoro, e questo pur riconoscendo che il licenziamento, è stato eccessivo. Secondo il giudice, il comportamento della donna è stato comunque sanzionato come scorretto. Equiparabile a un furto, hanno detto i giudici del Tribunale del Lavoro. Quindi, anche se la causa del licenziamento non pare giusta, va considerato impossibile il ritorno sul posto di lavoro mentre a Lisa va riconosciuta solo una riparazione di 18 mensilità arretrate. E’ la bizzarria di un giudice o di un tribunale? No è la legge dello Stato attualmente vigente. La decisione del Tribunale è stata infatti resa possibile in ragione della riforma della disciplina dei licenziamenti senza giusta causa: anche in presenza di un licenziamento illegittimo e ingiustificato, come in questo caso, si può non ricorrere al reintegro se sussistono motivi oggettivi, e sostituirlo con un indennizzo. Questa legge – la 92/2012-  è stata proposta e approvata dalla ministra “sabauda” Fornero nel 2012.

 

Nella situazione specifica di Lisa, si è ritenuto che il “furto” di quello che va considerato un bene aziendale – il monopattino buttato nel cassonetto – ci sia stato materialmente, e che ciò abbia minato il rapporto di fiducia. In base alla legge 92/2012 anche se l’episodio è di piccola entità e non avrebbe meritato il licenziamento, la legge ha reso impossibil per il giudice ristabilire la relazione di lavoro tra Lisa, 41 anni e tre figli, e l’azienda per cui lavorava.

 

Ancora un caso di evidenza della contraddizione tra legalità – le leggi – e la giustizia sociale, anzi addirittura contro qui minimi requisiti di buonsenso che ormai la legge nega anzi sanziona.

 

Su questo carattere di classe della legalità e sulla legislazione posta a tutela delle disuguaglianze sociali (cosa del tutto in contrasto con i principi della Costituzione, ndr), stiamo assistendo ad una regressione della civiltà in tutti i sensi: da quella giuridica a quella del lavoro, da quella umana a quella sociale. La storia , e la storia della lotta di classe, ci presenta il conto.

 

E’ il 25 ottobre del 1842 quando Karl Marx scrive sulla “Gazzetta Renana” un articolo contro la Legge sui furti di legna approvata dal Landtag (il parlamento del Land ndr). 

Ci siamo presi la libertà di pubblicare uno stralcio del lungo articolo di Marx e di paragonarne in alcuni punti la “materia” del conflitto, per dimostrare come le leggi contro i poveri stiano tornando in vigore, facendo regredire la ruota della storia:

(…..) “Tra le discussioni del Landtag sulla legge sul furto, prima di tutto poniamo i dibattiti che dimostrano il suo talento nel legiferare. 

 

Subito, in principio di discussione, un deputato s’oppose alla denominazione della legge che allarga la categoria «furto», al semplice delitto forestale (sostituire con rovistare nei cassonetti, ndr).

 

Un deputato della nobiltà rispose; che appunto perché non si riteneva per furto il delitto forestale questo avveniva di frequente: «Secondo tale analogia avrebbe dovuto concludere: «poiché uno strappo di orecchie non si ritiene per un colpo mortale, perciò gli strappi d’orecchie sono frequenti. Si decreti quindi che uno strappo d’orecchie è un colpo mortale». 

 

Un altro deputato della nobiltà trova «ancora pericoloso non dire la parola «furto» poiché la gente che venga a conoscere la discussione su questa parola, facilmente potrebbe credere che il furto della legna anche dal Landtag non venga ritenuto per tale». Il Landtag deve decidere se un delitto forestale deve ritenersi quale furto, ma se il Landtag non dichiarasse quale furto un delitto forestale, la gente potrebbe credere che esso non ritenga questo per un furto. È meglio d’ogni cosa finirla con questa capziosa controversia. Si tratta di un eufemismo e un eufemismo si deve evitare. Il proprietario di foreste non lascia parlare il legislatore; le pareti possono avere orecchie. 

 

Lo stesso deputato va più innanzi. Egli riguarda questo completo esame sulla espressione «furto» quale «una scrupolosa funzione della adunanza plenaria per i miglioramenti alla redazione della legge. 

 

Con tali chiare dichiarazioni il Landtag votò il titolo della legge. 

 

Dal punto di vista raccomandato, che per trascuranza di redazione confonde un cittadino con un ladro e che respinge tutta l’opposizione come un purismo grammaticale, si capisce da sé che anche il rubare trucioli di legna (materiale di risulta cioè non più utilizzabile, ndr) od il raccogliere legna secca (materiale inerte già a terra perché secco, ndr)viene posto sotto la rubrica «furto» e quindi verrà punito come il furto di legna verde. 

 

Il citato deputato a dir vero notò: «Si potrebbe crescere la pena fino a una troppo lunga prigionia; potrebbe avvenire che molti i quali sono ancora sulla buona strada, fossero spinti direttamente in quella del delitto: ciò avverrebbe, poiché in carcere converrebbero ladri abituali». Egli quindi ritenne che il raccogliere od il rubare pezzi di legna secca sia punito con semplici misure di polizia (la multa prevista dalla delibera del Comune di Genova, ndr) Ma un altro deputato lo confutò con citazioni profonde: «che nelle foreste del suo paese di sovente giovani alberi vengono tagliati e con ciò si guastano; più tardi vengono raccolti come pezzi di legna». 

 

È impossibile che si possa lasciar cadere in modo più elegante e nel tempo stesso più semplice il diritto degli uomini innanzi al diritto dei giovani alberi. Da una parte, secondo coloro che accettano il paragrafo, una massa di uomini, senza sentimenti iniqui, viene falciata dal verde albero della moralità e cacciata nell’inferno del misfatto, della miseria, dell’infamia: dall’altra parte, secondo coloro che rigettano il paragrafo, v’è la possibilità dell’oltraggio ad alcuni giovani alberi e l’immediata necessità della citazione! Gli idoli di legno vincono, le vittime umane cadono! 

 

La giustizia criminale comprende sotto il furto di legna solo il rubare legna tagliata, il raccogliere furtivamente. Sì, il nostro Landtag non lo crederà. «Se qualcuno però prende di pieno giorno frutti mangiabili, e coll’asportarli quindi produce grave danno, egli è secondo la qualità delle persone e delle cose, civilmente (dunque non penalmente) punito»: davanti all’accusa di umanità esagerata, la giustizia criminale del secolo XVI ci invita ad assumerne la protezione contro un Landtag del XIX secolo, e noi questo invito seguiamo. 

 

Raccoglier legna e il premeditato furto di legna! Ad ambedue le azioni è comune una definizione; quindi nell’un caso e nell’altro si tratta di furto. In ciò si riassume la logica limpida che diede la legge. 

 

Ma facciamo innanzi tutto attenzione alla differenza; e, se si conviene che il fatto si deve distinguere secondo la sua essenza, si dovrà affermare di conseguenza che la legge deve essere formata a seconda di esso fatto. 

 

Per tagliare un albero giovane è necessario usare la forza; questo è un aperto attentato all’albero, attraverso tale attentato viene colpito pure il proprietario dell’albero; il legno abbattuto viene rubato da un terzo; il legno abbattuto è un prodotto della proprietà; in esso, in luogo della connessione naturale, v’è quella del lavoro. Chi adunque ruba legno tagliato, ruba alla proprietà. In altre parole: Io possiedo un albero e ne abbatto una parte in questa v’è incorporato il mio lavoro; dunque chi ruba il legno abbattuto, ruba il mio lavoro, ruba la mia proprietà (quindi non potete prendere monopattini buttati nei cassonetti perché la sua proprietà è transitata dal proprietario che l’ha gettato all’azienda che raccoglie i rifiuti. In nessun caso, anche se il monopattino sarebbe finito inutilizzato in una discarica,  viene previsto dalla legge un uso diverso da parte di un soggetto non proprietario, ndr).

 

Non così può dirsi dei rami caduti, e chi li raccoglie non offende la proprietà. I rami sono caduti senza alcun sforzo esterno; ossia per la loro caduta non fu necessario alcun lavoro del proprietario, il quale quindi possiede l’albero ma non quanto d’esso è caduto. Il ladro di legna abbattuta emette un vero giudizio contro la proprietà: chi raccoglie all’incontro rami caduti non fa che eseguire una sentenza della natura, la quale sola determinò la caduta dei detti rami. (quindi il cibo che alcuni raccolgono dal cassonetto, non è una sottrazione di proprietà verso chi, satollo di quanto ha mangiato, ha ritenuto di poterne addirittura buttare nell’immondizia quanto è avanzato dai suoi pasti, ndr)

 

Il raccogliere legna caduta ed il rubare sono due cose quindi sostanzialmente diverse: l’azione in rapporto all’oggetto non è punto diversa: il sentimento deve essere diverso. E come possiamo noi regolarci se non in rapporto al contenuto, alla forma dell’azione? E nonostante questa sostanziale differenza voi volete chiamare furto i due fatti e come furto condannarli. Sì voi, più rigorosamente che il rubare, condannate il raccogliere pezzi di legna caduta, poiché avete dichiarato ciò un furto e per esso avete stabilita una pena la quale, come ‘è notorio, non avete neppur stabilito per lo stesso furto di legna. Voi avreste dovuto chiamarlo assassinio del legname e come tale dovreste punirlo: a dire il vero la legge non è sciolta dall’obbligo pubblico di dire la verità; essa lo ha doppio, essa è il pubblico ed autentico oratore sulla natura giuridica delle cose. La natura giuridica non può prendere norma la legge, la legge deve adattarsi su quella. Ma se la legge chiama furto un’azione che non è nemmeno un delitto forestale, di conseguenza la legge mente ed il povero sarà vittima della bugia legalizzata. «Il y a deux genres de corruption — dice Montesquieu — l’un, lorsque le peuple n’observe point les loix lautre lorsqu’il est corrumpu par les loix: mal incurable parce qu’il est dans le remède même». 

 

Voi non riuscirete a convincere con la forza: per voi v’è un ladro dove un ladro non v’è; così voi otterrete di mutare lo stesso delinquere in un fatto naturale. Voi avete confusi i confini, vai errate se credete di averli confusi solo nel vostro interesse. Il popolo vede la pena, ma non vede il delinquente così non vedrà alcun delinquente ove vedrà la pena. Dunque voi adoperate la categoria «furto» anche dove non deve essere adoperata: voi l’avete anche coonestata dove essa deve venire applicata. 

 

E come si toglie il fatto brutale per cui azioni diverse hanno una definizione comune senza riguardo appunto alla loro diversità? Se ogni offesa alla proprietà privata, senza distinzione alcuna, è furto, non sarebbe per avventura pure un furto la proprietà privata? Non escludo io i terzi in nome della mia proprietà da questa proprietà? Quindi non ledo io questi terzi nel loro diritto di proprietà? Se voi negate la distinzione necessaria tra i diversi modi dello stesso delinquere, voi negate pure il delinquere quale distinzione dal diritto; così voi togliete il diritto stesso, poiché ogni crimine ha una parte comune con il diritto”. 

(Quindi il vero furto è la proprietà privata che esclude gli altri dal beneficiare di un bene esistente e dunque disponibile. L’illegalità sta dunque nella legge sui licenziamenti applicata contro la lavoratrice a Collegno – la Fornero in questo caso – e nelle delibere comunali come quella di Genova. Anche 176 anni dopo avere scritto queste pagine, Karl Marx dimostra di essere un gigante dell’umanità, in tutti i sensi, ndr). 

Per favore si abbia la decenza di non nascondersi dietro lo schermo della legalità per giustificare queste aberrazioni.

 

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