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Il "club dell'euro", un circolo esclusivo che impone rigore ai suoi membri

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16 Maggio 2018

 

I veri estremisti sono gli italiani, non Di Maio e Salvini

di Francesco Cancellato

 

La bozza trafugata dell’accordo Lega-Cinque Stelle, per quanto parziale e non definitiva, rispecchia in pieno l’agenda politica dei loro elettori. È inutile, ora, che ci stupiamo di quel che realizzeranno e delle conseguenze che produrrà: è esattamente quello che volevamo

 

16 milioni, 426mila, 724 italiani. O, se preferite, il 50,2% dei consensi alle elezioni del 4 marzo scorso. Chiedete a loro. Perché sono loro, siete voi, siamo noi, la maggioranza di noi italiani, gli estensori del programma tra Lega e Cinque Stelle, anche della versione parziale, non definitiva e hard apparsa sull’Huffington Post nella serata di ieri. È la maggioranza di noi che ha votato due forze politiche che, in momenti e con intensità diverse, hanno messo in discussione la permanenza italiana nel perimetro della moneta unica. È la maggioranza di noi che vuole mandare a casa i clandestini e respingere tutti i barconi che solcano il canale di Sicilia. È la maggioranza di noi che vuole poter sparare a chi gli entra in casa. È la maggioranza di noi che ha solidarizzato con Luca Traini più che con le vittime della sua sparatoria in centro a Macerata. È la maggioranza di noi che non capisce perché ci dev’essere l’obbligo di vaccinare i bambini. È la maggioranza di noi che vuole abolire la legge Fornero, un taglio radicale delle tasse e un welfare molto più generoso, contemporaneamente. Ed è la maggioranza di noi che è propensa a credere che basti battere i pugni sul tavolo a Bruxelles per tornare a spendere e spandere impunemente come si usava fare nei ruggenti anni ’80.

È la maggioranza di noi e oggi chi si stupisce è uno che fino a ieri è vissuto su Marte. O davvero credevate che gli italiani abbiano votato in massa contro il governo uscente, a dispetto di anni di relativa stabilità economica e sociale, perché non potevano sopportare Renzi? No, anime belle di mamma. Che sia di pancia o di testa, realizzabile o irrealizzabile, portatrice di salvezze o apocalissi, questa è l'agenda del Paese, né più né meno. Gli italiani avevano votato centrodestra e Cinque Stelle perché volevano questa roba qua, perché pretendevano questa roba qua. E adesso, semmai, il problema è un altro. Che i più ragionevoli del mazzo sono con ogni probabilità gli apprendisti stregoni che stanno redigendo l’accordo di governo - e che infatti si sono affrettati a smentire se non altro l’attualità del documento trafugato dall’Huff Post - non i loro elettori. I loro elettori, a geometria variabile, si aspettano molte delle cose contenute in quel programma. Se non le otterranno, almeno in parte, si incazzeranno ancora di più. E la loro domanda politica rimarrà inalterata. 

È la maggioranza di noi e oggi chi si stupisce è uno che fino a ieri è vissuto su Marte. O davvero credevate che gli italiani abbiano votato in massa contro il governo uscente, a dispetto di anni di relativa stabilità economica e sociale, perché non potevano sopportare Renzi? No, anime belle di mamma. Gli italiani avevano votato centrodestra e Cinque Stelle perché volevano questa roba qua, perché pretendevano questa roba qua

Questo è un bel guaio. Perché, per quanto possiate credere in lui, non basterà Mattarella né le sue prerogative presidenziali a evitare che l’argine tracimi, se Lega e Cinque Stelle decideranno di farlo tracimare. Né basteranno i nostri editoriali o le nostre invettive, sui giornali o sui social, a cambiare l’opinione consolidata in anni di crisi e marketing della paura. Né la spocchia di chi, nel cuore della sua bolla di amici che la pensano come lui, sia convinto che ci sia una maggioranza silenziosa che non la pensa così. No, spiacenti. Più che silenziosa, la maggioranza è passivo-aggressiva, ma la pensa esattamente così. Se accordo di governo sarà, e se sarà diverso dalla bozza che abbiamo letto, con i professoroni al potere e un po' di disciplina di bilancio in più, è perché Salvini e Di Maio saranno abbastanza ragionevoli da mitigare quella rabbia repressa nel contesto di un’agenda di governo un po’ meno radicale, un po’ più sostenibile, un po’ più digeribile da chi ci circonda.

Attenzione, però. Perché comunque vada il messaggio è passato forte e chiaro e chi di dovere l’ha capito da tempo, mentre dall’altra parte ancora si discuteva delle affinità e delle divergenze - con tutto il rispetto - tra Renzi e Franceschini. Questo è un Paese che non vede l’ora di incoronare chi ha una soluzione facile per tutto, chi promette che le cose si risolveranno con un colpo di bacchetta magica - o con un colpo di spugna sul debito pubblico in pancia alla Banca Centrale Europea. Se cercate gli estremisti e i populisti, guardatevi allo specchio. Siete voi, siamo noi. Educolreranno, quindi? Sì, probabilmente e pure un bel po'. Se volete una previsione, probabilmente quel che ci verrà presentato è un programma molto meno incendiario, molto più moderato, molto più rispettoso delle istituzioni di quello che abbiamo letto ieri. All'occhio, però: il successo elettorale dei cosiddetti populisti si fonda anche sul fatto che tendono a fare le cose che promettono, anche quelle che agli occhi dei più strenui difensori dello status quo sembrano impossibili. E che se ne fottono dei mercati, delle istituzioni internazionali e delle conseguenze. Volevamo ballare, quindi? Bene, adesso balliamo. Musica, maestro.

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14 Maggio 2018

 

Ciao ciao populismo: si scrive Lega - Cinque Stelle, si legge Monti bis

di Francesco Cancellato

 

Professoroni al governo, riforme fiscali da manuale del perfetto liberista, istituzionalizzazione del lavoro flessibile, tagli alla spesa pubblica per finanziare “quota 100”. Se questa era la rivoluzione populista, forse abbiamo sbagliato qualcosa

 

E se non avessimo capito nulla? Se quello che avessimo davanti non fosse la nemesi populista alla dittatura tecnocratica, il governo dei cittadini contro le élite, la tremenda vendetta di Montezuma contro le politiche degli ultimi vent’anni, ma, al contrario, un governo ancora più tecnico, ancora più elitario, più che in linea con l’agenda (virgolette e grida di terrore) neoliberista degli ultimi anni?

Lo diciamo dopo aver letto le indiscrezioni sui nomi - politico a Chigi, tecnico all'economia, dicono alcuni, mentre altri lanciano come premier un “professorone” come il rettore dell’università statale di Milano Gianluca Vago. E, soprattutto, quelle sul programma di governo che gli sherpa di Lega e Cinque Stelle stanno predisponendo. Un programma che si fonda su due grandi riforme: quella fiscale, con la (non) flat tax - saranno due o tre aliquote, si dice - e quella degli ammortizzatori sociali, con il (non) reddito di cittadinanza - sarà un reddito minimo garantito condizionato all’accettazione di un posto di lavoro entro tre offerte o due anni.

Milton Friedman sarebbe fiero di loro, dei nostri thatcheriani mascherati da rossobruni: mentre non c’è traccia di Tennesseee Valley e moltiplicatori keynesiani, soprattutto nel Mezzogiorno, si profila all’orizzonte un robusto taglio delle tasse, con annessa sforbiciata al castello di deduzioni, detrazioni e bonus fiscali. I poveri ringraziano, i ricchi e i super ricchi pure di più, mentre la classe media si dovrà accontentare degli 80 euro, se mai rimarranno. E sempre stando alle indiscrezioni, dovrà rinunciare a un bel po' di bonus, da quello per la ristrutturazione della casa, e quello per l’acquisto di mobili. Giusta o sbagliata che sia, nemmeno Mario Monti si era sognato una manovra tanto impopolare. Chapeau.

Mentre non c’è traccia di Tennesseee Valley e moltiplicatori keynesiani, soprattutto nel Mezzogiorno, c’è all’orizzonte un robusto taglio delle tasse, con annessa sforbiciata al castello di deduzioni, detrazioni e bonus fiscali. I poveri ringraziano, i ricchi e i super ricchi pure di più, mentre la classe media si dovrà accontentare degli 80 euro, se mai rimarranno

Lo stesso vale per il reddito minimo garantito condizionato, che attende invano da decenni di vedere la luce. Misura, questa, che sottende - non ve l’hanno spiegato, vero? - una rivoluzione copernicana degli ammortizzatori sociali. Di fatto, la nascita di un sussidio di disoccupazione universale - di questo stiamo parlando - è il preludio all’istituzionalizzazione di un mondo del lavoro a porte girevoli, che cessa di essere “il male”, proprio perché esiste un’ammortizzatore universale in grado da fare da sostegno al reddito durante le transizioni tra un posto di lavoro e l’altro: non è un caso se si chiama flexecurity, del resto. Magari non oggi, magari non domani, ma è difficile che la cassa integrazione e la contrattazione nazionale di categoria resistano, di fronte alla distruzione dell’ultimo caposaldo che faceva del lavoro flessibile un’anomalia. Altro che articolo 18, insomma. Così a occhio, i sindacati qualche piazza la riempiranno.

«Eh però, la Fornero», direte voi. Già, la sostituzione dell’innalzamento automatico dell’età pensionistica con l’ormai celeberrima “quota 100” come somma di età anagrafica ed età contributiva dovrebbe essere un buon terreno di scambio con le confederazioni, in linea teorica. E, in parallelo, la prova della natura intrinsecamente populista del nuovo governo giallo-verde. Oddio, ne siamo sicuri? Perché se le indiscrezioni non mentono, la fedeltà all’Unione Europea e ai suoi parametri non sembra essere messa in discussione. Non bastasse, Mattarella ha già detto che ne sarà supremo guardiano dei vincoli di bilancio e degli impegni internazionali presi.

Niente deficit sopra il 3%, pare di capire, con sommo dispiacere di Borghi e Bagnai. Per abbassare l’età pensionistica toccherà tagliare altrove, possibilmente dove fa meno male, sperando non tocchi alla scuola e alla sanità. Ed ecco allora, presumibilmente, altri ministri tecnici che conoscano a menadito o quasi il bilancio dello Stato e sappiano dove e come intervenire. Spiacenti, niente referendum tra iscritti di Rousseau per decidere dove sforbiciare, quindi: anche oggi la democrazia diretta la facciamo domani. Per fortuna.

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