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28 Giugno 2018

 

Caos migranti, basta chiacchiere: bisogna stabilizzare la Libia o sarà sempre peggio

di Alberto Negri

 

Usa, Francia e Gran Bretagna hanno bombardato la Libia gettando nel caos l'intera regione e ora cercano di spartirsi i guadagni degli investimenti militari. Ma se non si normalizza la situazione, flussi incontrollati e terrorismo prospereranno. È ora che ognuno si assuma le proprie responsabilità

 

Alla vigilia del vertice europeo sui migranti bisogna dire come stanno le cose o continueremo a ragionare su un equivoco. La Francia - come del resto gli Usa e la Gran Bretagna - non è un Paese del tutto amico, è anche un temibile concorrente. In Italia ha importanti investimenti bancari, assicurativi e industriali, quindi tende a proteggerli, ma sulla questione della Libia e dei migranti Macron fa i suoi e interessi anche perché continua a temere di essere messo sotto pressione dalla destra lepenista: per lui Le Pen e Salvini sono la stessa cosa.

Quindi, è incline a rifiutare un accordo che non preveda il respingimento da noi dei migranti che arrivano dall’Italia, esattamente come la signora Merkel, ormai una sorta di ectoplasma tremebondo che deve essere tenuta in piedi e preservata dagli stati europei timorosi di un crollo che forse sarebbe la fine dell’Unione.

In poche parole nessuno vuole prendersi i migranti che sbarcano in Italia e questa tendenza si accentuerà con la presidenza austriaca dell’Unione. Quindi al governo Conte non resta che contrattare un maggiore contributo europeo per le spese di accoglienza: 4,1 miliardi nel 2017 secondo gli ultimi dati la Corte dei Conti, di cui soltanto il 2 per cento attualmente è coperto da contributi dell’Unione (cifra tratta del rapporto Ispi sui migranti).

I tedeschi, forse anche i francesi e altri, potrebbero dare il via all’idea di finanziare i Paesi della sponda Sud, come Marocco, Algeria e Tunisia, perché aprano dei campi di accoglimento, così come l’Unchr diretta dall’italiano Filippo Grandi può avanzare la proposta di hot spot nel Sahel dando dei contributi in denaro ai migranti per invogliarli a tornare indietro. In Niger, ad Agadez, esiste un centro per altro finanziato proprio dal ministero degli Interni italiano. A proposito: qualcuno ha notizie della missione militare italiana in Niger che qualche mese fa sembrava così essenziale? Da quelle parti i francesi, dove guidano un contingente africano per la lotta Isis e al Qaida, non ci vogliono tra i piedi.

Ma veniamo al punto, a quella che potremmo definire la “Libia francese”, come del resto tendeva ad affermare proprio il vertice di fine maggio a Parigi all’Eliseo, dove l’Italia era presente, in piena crisi di governo solo con l’ambasciatrice in Francia. In quella sede, nonostante la presenza delle fazioni di Tripoli e del governo Al Sarraj, Macron ha dato il via libera al suo protetto il generale Khalifa Al Haftar, sostenuto anche da Russia ed Egitto, per impadronirsi dei terminali petroliferi della Cirenaica.

Mentre Macron vedeva a Roma Conte e il Papa, il generale Haftar in Libia stava tentando di controllare i terminali di esportazione del greggio a Est: questo significa mettere le mani su 400mila barili al giorno e sottrarre al governo di Tripoli il 40% delle entrate di bilancio. Cosa significa è immaginabile: l’economia della Tripolitania entrerà ancora più in crisi e incoraggerà i traffici illeciti, come quello dei migranti. Secondo l’Organizzazione internazionale dei migranti (Oim), sono circa 400mila i profughi contati dalle autorità di Tripoli ma fonti italiane di intelligence affermano che in Libia stazionano dagli 800mila al milione di africani.

Non ci vuole uno stratega per capire che serve un accordo con Haftar, la Francia, la Russia e l’Egitto, cosa che i governi italiani precedenti non hanno voluto o saputo realizzare nonostante le offerte di mediazione avanzata da Mosca che tende in ogni caso a preservare gli interessi in Fezzan di un partner importante come l’Eni. Naturalmente nella partita devono essere coinvolti gli Usa e la Gran Bretagna che insieme alla Francia nel 2011 hanno bombardato Gheddafi, raid ai quali l’Italia si accodò con una decisione disgraziata e basata sul ricatto della Nato di colpire i terminali dell’Eni.

Visto che gli Stati Uniti sostengono ufficialmente, come del resto la comunità internazionale, il governo di Tripoli dovrebbero contribuire alla stabilizzazione del Paese e non soltanto continuare a usare Sigonella come base di partenza di aerei e droni. Oppure bisogna citofonare a Erdogan perché si occupi della questione?

Gli Stati autori della destabilizzazione nel Mediterraneo, che hanno innescato le ondate di migranti e il terrorismo li conosciamo fin troppo bene: saranno pure nostri alleati ma sono stati anche quelli che hanno fatto saltare i nostri confini e ora vorrebbero portarsi a casa gli “utili” dei loro investimenti militari. Ci diano una mano a riprenderci dalla peggiore sconfitta subita dal Paese dalla seconda guerra mondiale che ha sconvolto il Nordafrica ma anche il quadro politico italiano. Altrimenti al prossimo vertice europeo dopo la Merkel dovranno salvare pure il ministro Salvini, perché al peggio non c’è mai fine.

 

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