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11 luglio 2018

 

La cortina di ferro dell’Europa: la crisi dei rifugiati sta per peggiorare

di Ramzy Baroud

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Si intendeva che un recente summit del Consiglio Europeo  enunciasse una politica unita sulla crisi dei rifugiati  e dei migranti che si va espandendo. E’ servito, invece, a mettere in risalto le tristi divisioni che esistono tra i vari paesi europei. Considerando la gravità della questione, le politiche egoistiche dell’Europa sono destinate a peggiorare  una situazione già tragica.

 

E’ vero, vari leader europei, compreso il Primo Ministro italiano Giuseppe Conte, è tornato in patria per parlare in modo trionfante di una ‘grande vittoria’, ottenuta per mezzo di una posizione europea presumibilmente unita.

 

Il Ministro dell’Interno italiano, Matteo Salvini ha usato parole più dispregiative per spiegare la nuova politica del paese per i rifugiati e i migranti. “Vedranno l’Italia soltanto in cartolina”, ha detto, riferendosi ai rifugiati che sono arrivati in Italia con l’aiuto delle navi per il soccorso umanitario.

 

La prima di queste navi, che trasportava 600persone, sia rifugiati che migranti per motivi economici, cioè l’Aquarius, è stata mandata indietro l’11 giugno, seguita da un’altra che trasportava oltre 200 rifugiati. Quando l’Italia ha portato a termine quella che allora sembrava un’azione eccessiva, la decisione è esplosa provocando una massiccia controversia politica tra Italia, Francia, Spagna, Malta e altri paesi.

 

Il pandemonio si è, tuttavia, placato, da allora, dato che Conte ha dichiarato che, in seguito al vertice di Bruxelles, il suo paese ‘non è più solo’.

 

Quello che intendeva dire Conte, che è a capo di un governo populista di destra, voleva dire, è che l’atteggiamento ostile del paese verso i rifugiati,  sta ora raccogliendo maggiore consenso europeo.

 

Il dibattito sui rifugiati e gli immigrati è arrivato al punto che è diventato una fonte di instabilità politica in paesi come la Germania che non è considerato uno ‘stato di prima linea, come in paesi che è probabile siano la prima destinazione per i rifugiati che scappano dalla guerra o dalla povertà in patria.

 

L’Austria e altri paesi sono anche prigionieri di una crisi, e ognuna con il suo elettorato iroso da calmare.

 

Sulla carta, i rappresentanti dei paesi europei hanno, di fatto, raggiunto un accordo. Il vero problema è seguito non appena le delegazioni sono tornate nei loro rispettivi paesi.

 

Malgrado l’opposizione di Polonia e Ungheria, e le minacce italiane di ‘vietare’ qualunque testo che non sia coerente con le priorità italiane, il Consiglio è stato d’accordo su quattro punti principali:

Primo: stabilire dei centri di sbarco fuori dai territori europei e da collocare per lo più in Nord Africa. In quella fase iniziale i migranti economici verrebbero separati dai richiedenti asilo politico.

 

La prima condizione  è stata resa nulla,  semplicemente perché, come riferisce The Guardian, “nessun paese nordafricano ha accettato di ospitare dei centri di migranti per esaminare le loro richieste”.

 

Secondo: gli Europei sono stati d’accordo a rafforzare il controllo dei confini tramite il sistema Frontex.

 

A parte la tattica discutibile della sua polizia di confine pan-europea, questo sistema è stato in uso per anni, ed è difficile immaginare quanto il “rafforzarlo” si tradurrà in un sistema di controllo dei confini più efficiente e umano.

 

Terzo, il Consiglio ha chiesto la creazione di centri di smistamento ‘controllati’ di rifugiati e migranti all’interno dell’Europa stessa, come i centri nordafricani non esistenti, per separare rapidamente i rifugiati che fuggono dai conflitti, e i migranti per motivi economici.

 

Questa clausola è stata offerta come passo ‘volontario’ da essere esercitato da qualsiasi stato come lo vede adatto, e questo, di nuovo, non contribuirà certo a una politica europea unita riguardo a questo problema. Tuttavia, malgrado la natura volontaria di questa disposizione, ha comunque suscitato una controversia politica in Germania.

 

Subito dopo che il Consiglio ha emesso la sua dichiarazione finale, Horst Lorenz Seehofer, ministro degli Interni della Germania, ha minacciato di abbandonare il governo di coalizione di Angela Merkel.

 

La Cancelliera tedesca è ora sotto doppia pressione: dall’interno della sua coalizione insofferente, ma anche dall’esterno: una massiccia campagna sostenuta dal partito di estreme destra, ‘Alternativa per la Germania’. Infatti la popolarità questo secondo gruppo è in gran parte attribuita al suo sentimento anti-immigrati.

 

E’ stato raggiunto un compromesso, chiedendo la creazione di ‘centri di transito’ per i migranti al confine tra Germania e Austria. Tuttavia, invece di risolvere un problema, questa decisione ne ha creato un altro, suscitando una nuova controversia nella stessa Austria.

 

L’Austria che ha anche essa il suo elettorato anti-immigrati da calmare, teme che la vicinanza dei ‘centri di transito’ tedeschi la costringerebbero a ricevere i rifugiati indesiderati della Germania.

 

“Se Berlino ha introdotto misure nazionali, il che avrebbe una reazione a catena, potrebbe significare che l’Austria dovrebbe reagire,” ha osservato il Cancelliere austriaco Sebastian Kurz durante una conferenza stampa. La rilevanza di questa ‘reazione’ deve, naturalmente, essere determinata in seguito, in base alla natura della contr-pressione che emana dall’Austria stessa.

 

L’Austria, ha, infatti, già minacciato di chiudere il Passo del Brennero che collega l’Italia all’Austria.

 

La quarta, e ultima decisione del Consiglio Europeo, ha chiesto di sostenere le economie nordafricane e di offrire addestramento per la guardia costiera libica.

 

Per quanto altruistica possa sembrare l’ultima clausola, in effetti è la più ridicola, specialmente perché è stata messa nell’agenda con l’entusiasmo dei francesi. Anche se si ignora la storia coloniale della Francia – basata sulla nozione di usurpare le risorse africane sotto la minaccia militare – non si può certo ignorare il ruolo attuale che Emmanuel Macron sta svolgendo nel conflitto libico in corso.

 

Vari servizi giornalistici indicano che il governo di Macron sta andando avanti con l’eredità dell’intervento, iniziata dal governo di Nicolas Sarkozy, soprattutto nell’intervento militare del marzo 2011.

 

La Libia, uno stato fallito per antonomasia, sta ora combattendo guerre per procura in cui la Francia e l’Italia sono le protagoniste principali.

 

Tenendo a mente questo, sarebbe assurdo suggerire che Macron ci tenga a rispettare la sovranità e a sostenere le economie della Libia e di altre nazioni nordafricane.

 

Considerando i passati fallimenti dell’Europa e i ritardi circa il problema dei rifugiati, è difficile immaginare che una delle più grosse sfide dell’Europa deve essere risolta come risultato del summit di Bruxelles e del suo fiacco ‘accordo’.

 

L’Europa continua a considerare la crisi dei rifugiati in termini di sicurezza, pressioni populiste e identità nazionale, invece che di una crisi umanitaria provocata da guerre, da lotta politica e da disuguaglianza economica, di cui l’Europa non è certo innocente.

Fino a quando l’Europa continuerà ad operare con una distorta definizione della crisi, questa continuerà a crescere, portando a conseguenze molto tristi per tutti coloro che vi sono coinvolti.

 

(Romana Rubeo, una scrittrice  italiana,  ha contribuito a questo articolo).

 


Ramzy Baroud è un giornalista, scrittore e direttore di Palestine Chronicle. Il suo prossimo libro è: ‘The Last Earth: A Palestinian Story’ (Pluto Press). Baroud ha un dottorato in Studi Palestinesi dell’Università di Exeter ed è Studioso  Non Residente presso il Centro Orfalea per gli Studi Globali e Internazionali all’Università della California, sede di Santa Barbara.  Visitate il suo sito web: www.ramzybaroud.net.


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/europes-iron-curtain-the-refugee-crisis-is-about-to-worsen

Originale: non indicato

 

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