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febbraio 12, 2018 

 

Putin avverte Netanyahu sulla Siria

di Alexander Mercouris

Traduzione di Alessandro Lattanzio

 

Dopo l’abbattimento da parte della Siria di un cacciabombardiere israeliano F-16, il Presidente Putin e il primo ministro Netanyahu avevano una conversazione telefonica. Il riassunto della conversazione del Cremlino è estremamente breve. La discussione si concentrava sulle azioni dell’Aviazione israeliana, che effettuava attacchi missilistici in Siria. Il Presidente della Russia si esprimeva contro qualsiasi iniziativa che portasse a nuovi scontri pericolosi per la regione. Questo rapporto conciso della conversazione tra i leader russo e israeliano corrisponde alle scarse informazioni che i russi fornivano sui colloqui tra Putin e Netanyahu a gennaio. Tuttavia, non è difficile capire l’attuale politica russa sul conflitto tra Siria e Israele, e si pensa che ci sia molta confusione in merito. Il primo punto da sottolineare è che la Russia è ora garante della sopravvivenza del Presidente Assad e del suo governo. La continua speculazione secondo cui i russi siano disposti ad abbandonare il Presidente Assad per raggiungere la pace in Siria, o siano pronti ad imporre la decentralizzazione della Siria che il governo siriano non vuole, è malriposta. Prima dell’intervento della Russia nel conflitto siriano nel settembre 2015, i russi avevano costantemente resistito alla pressione di Stati Uniti ed alleati ad accettare la destituzione del Presidente Assad. La Russia aveva ripetutamente posto il veto alle risoluzioni presentate al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dalle potenze occidentali, allo scopo di spodestare il Presidente Assad. Dopo che la Russia interveniva nel conflitto siriano nel 2015, i russi si opposero ad ulteriori pressioni degli Stati Uniti ad accettare la cacciata del Presidente Assad, in cambio di un posticino nella coalizione anti-SIIL degli Stati Uniti, o della promessa di operazioni militari congiunte tra Russia e Stati Uniti contro al-Qaida. Già fu indicato il fallimentare tentativo dell’ex-segretario di Stato USA John Kerry, a Mosca nel luglio 2016, di convincere i russi ad accettare la cacciata del Presidente Assad. In un articolo successivo, scrissi, “…la storia della diplomazia del conflitto siriano è una continua ripetizione: gli Stati Uniti spingono i russi ad accettare di rimuovere il Presidente Assad, facendo varie offerte o minacce per comprare o forzare l’accordo russo. I russi rispondono che il futuro del Presidente Assad è una questione interna siriana, nella quale non saranno coinvolti. Gli Stati Uniti si allontanano, sconcertati e arrabbiati… In verità, l’incapacità di Stati Uniti ed alleati occidentali e arabi di accettare che l’opposizione russa alla loro politica sulla Siria e altrove sia reale, e che i russi non possano essere vittime di bullismo o corruzione per accettarla, è una delle cose più strane del conflitto siriano. Nonostante i russi abbiano agito ripetutamente in modo diretto nel spiegare la loro politica, Stati Uniti ed alleati sembrano incapaci di credere che siano davvero seri. Sembrano sempre pensare che i russi giochino in modo cinico, e che con la giusta offerta o sottoposti alla giusta pressione, potranno essere piegati accettando d’abbandonare Assad”. Se i russi non erano disposti ad accettare la cacciata del Presidente Assad quando il territorio controllato dal suo governo era ridotto a una piccola striscia lungo le coste siriane, ed Aleppo, la più grande città della Siria, sembrava sul punto di cadere, oggi non accetteranno la cacciata del Presidente Assad, quando l’hanno aiutato a riprendere il controllo delle principali città della Siria, come Damasco e Aleppo, e i suoi eserciti hanno raggiunto il confine iracheno nell’estremo est della Siria. Dopo aver investito così tanto nella sopravvivenza del Presidente Assad e del suo governo, è inconcepibile che i russi l’abbandonino, ed è certo che nessuno a Mosca ci pensa. Allo stesso tempo, nessuno a Mosca vuole vedere la Russia coinvolta nel conflitto siriano-israeliano, che precede di molto l’intervento della Russia in Siria e che risale alla fondazione dello Stato d’Israele nel 1948. Quando, dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967, i sovietici s’impegnarono totalmente nel conflitto arabo-israeliano appoggiando diplomaticamente ed armando intensamente gli arabi, inviando una forte forza militare per difendere l’Egitto nel 1970 dagli attacchi aerei israeliani e rompendo le relazioni diplomatiche con Israele, il risultato per Mosca fu una catastrofe. La grande comunità ebraica dell’URSS si alienò, l’URSS scoprì che facendosi nemico Israele aveva ulteriormente avvelenato i rapporti con le potenze occidentali proprio nel momento in cui cercava un’intesa con esse, e scoprì rapidamente anche che gli alleati arabi, nei quali aveva investito così tanto, erano ingrati e traditori, tanto che nel 1980 la posizione dell’Unione Sovietica in Medio Oriente era crollata. L’ultima goccia fu dopo l’intervento sovietico in Afghanistan nel 1979, quando volontari provenienti da tutto il mondo arabo si precipitarono a combattere i russi in Afghanistan, in un modo che non avevano mai mostrato di voler fare contro Israele in nome dei palestinesi. Non sorprende che i russi abbiano quindi deciso di non farsi mai più coinvolgere direttamente in alcun conflitto arabo-israeliano dalla metà degli anni ’80. Così, mentre la Russia ha buoni rapporti con gli Stati arabi e sostiene i palestinesi, la Russia si è sempre sforzata di mantenere buoni rapporti con Israele, con cui ha stretto importanti legami economici.
Oltre a ciò, dato che la Russia è già impegnata in Siria, combattendo terroristi e ascari per conto del Presidente Assad e del suo governo, non ha alcun desiderio di complicare ulteriormente un compito già estremamente complesso affrontando Israele, il gigante militare del Medio Oriente con armi nucleari e la più forte aeronautica del Medio Oriente, sempre a nome della Siria. A condizione quindi che gli attacchi israeliani contro la Siria non vadano oltre la routine degli israeliani contro la Siria da decenni, di molto precedenti l’intervento della Russia in Siria, senza dare agli israeliani alcuna possibilità di minacciare il governo siriano o le sue operazioni militari contro i jihadisti che i russi combattono, i russi non faranno nulla. Al contrario, se gli attacchi israeliani contro la Siria minacciano il governo siriano o interferiscono nelle operazioni militari siriane contro i gruppi jihadisti che i russi combattono, i russi risponderanno in modo netto, come fecero nel marzo dell’anno scorso quando convocarono l’ambasciatore israeliano al Ministero degli Esteri dopo l’attacco aereo israeliano contro la base aerea di Tiyas, con l’intenzione d’interferire nell’offensiva dell’Esercito arabo siriano contro lo SIIL. All’inizio dell’intervento russo in Siria, il 21 settembre 2015, il Presidente Putin ebbe una serie di incontri e conversazioni col primo ministro israeliano Netanyahu nel corso del quale la politica russa fu attentamente spiegata al leader israeliano, e furono stabilite delle regole base. Che i russi abbiano chiarito in quell’incontro che non erano interessati ad interferire negli “ordinari” attacchi aerei israeliani contro la Siria fu confermato dall’accordo di “deconfilitto” che i leader russo e israeliano concordarono durante tale vertice. Ecco cosa riportò Reuters, “Israele e Russia hanno deciso di coordinare le azioni militari sulla Siria per evitare incidenti, ha detto il primo ministro Benjamin Netanyahu durante la visita a Mosca. Il recente sostengo russo al Presidente Bashar al-Assad, che secondo fonti regionali include aerei da guerra e sistemi antiaerei, preoccupa Israele, i cui jet hanno bombardato il vicino Paese arabo per sventare sospetti trasferimenti di armi ad Hezbollah, alleato libanese di Assad. Secondo rapporti israeliani, dopo aver incontrato il Presidente Vladimir Putin, Netanyahu disse che era venuto con l’obiettivo di “impedire incomprensioni tra unità delle IDF (Forze di Difesa Israeliane) e forze russe” in Siria, dove Assad combatte gli insorti islamisti in una guerra civile. Netanyahu aggiunse che lui e Putin “hanno concordato un meccanismo per impedire tali malintesi”, senza dare spiegazioni. Non ci furono commenti immediati dal Cremlino. In precedenti osservazioni, mentre accoglieva Netanyahu nella residenza presidenziale di Novo-Ogaryovo, fuori Mosca, Putin affermava che le azioni russe in Medio Oriente saranno sempre “responsabili”. Sottolineando l’importanza della visita di Netanyahu a Mosca, il premier israeliano aveva portato con sé il capo delle forze armate e il responsabile dell’intelligence militare israeliana. Putin, che condivide la preoccupazione occidentale per la diffusione dell’influenza dello Stato islamico, s’impegnava a continuare il sostegno militare ad Assad, l’assistenza che la Russia dichiara in linea col diritto internazionale. La Russia concentrava le forze sulle coste della Siria, dove Mosca ha una grande base navale. Gli Stati Uniti, che insieme agli alleati hanno compiuto missioni contro i ribelli dello Stato islamico in Siria, avevano anche dei colloqui di “deconflitto” con la Russia”. Questo rapporto sull’accordo che Putin e Netanyahu raggiunsero il 21 settembre 2015, conferma che i russi chiarirono agli israeliani che non avevano alcun interesse ad impedire attacchi israeliani “ordinari” contro la Siria e che il loro intervento in Siria non era inteso ad impedirli. Si notino in particolare le parole evidenziate da Reuters, che confermano e mostrano la natura dell’accordo che russi ed israeliani avevano preso.
I russi all’epoca avrebbero anche detto la stessa cosa al Presidente Assad e al governo iraniano: la Russia interveniva in Siria per salvare il governo siriano attaccato dai terroristi e minacciato dal cambio di regime dagli Stati Uniti; non per perseguire il conflitto con Israele. Tuttavia, l’altra faccia della medaglia è che proprio se i russi non agiranno per fermare gli attacchi aerei israeliani “di routine” contro la Siria, non agiranno per fermare qualsiasi azione intrapresa dai siriani per difendersi da tali attacchi. Sia le ‘azioni di routine’ israeliane, sia le reazioni siriane, fanno parte del conflitto arabo-israeliano ed Israele-Siria a cui la Russia non è interessata. Certamente i russi non furono coinvolti nel recente abbattimento dell’F-16 israeliano ma nessuno è interessato a dirlo. Allo stesso tempo, e coerentemente con la loro politica, mentre i russi non fermarono gli israeliani che effettuavano attacchi aerei “ordinari” contro la Siria, o i siriani che abbattevano gli aerei israeliani che li attaccavano, i russi reagiranno a qualsiasi azione israeliana che minacci il governo siriano o interferisca nelle operazioni siriane contro i jihadisti, proprio come fecero lo scorso marzo. Che Putin l’abbia ricordato a Netanyahu nell’ultima telefonata è confermato dal sommario del Cremlino, “Il Presidente della Russia si è espresso a contro qualsiasi iniziativa che porti a nuovi scontri, che sarebbero pericolosi per tutti nella regione”. In altre parole, Putin ha detto a Netanyahu di moderare la reazione all’abbattimento dell’F-16, e la reazione relativamente blanda d’Israele, attacchi aerei di rappresaglia dopo l’abbattimento, non andava oltre l’attacco “di routine” e non minacciava le operazioni siriane contro i jihadisti (che continuano senza sosta) o l’esistenza del governo siriano, dimostrando che, nonostante la nomea, Netanyahu aveva ascoltato Putin. I russi hanno quasi sicuramente bilanciato l’avvertimento a Netanyahu con avvertimenti equivalenti a Damasco e Teheran sull’escalation da evitare. Dato che non è nell’interesse di Siria o Iran, con la Siria ancora in stato di guerra e vaste aree ancora controllate da curdi e jihadisti, minacciata dalla presenza di truppe statunitensi e turche sul suo territorio, trovarsi in conflitto aperto con Israele, c’è la certezza che gli avvertimenti russi siano stati ascoltati. Se la Russia non prende posizione nel conflitto arabo-israeliano o tra Israele e Siria, gli ultimi eventi mostravano come la semplice presenza russa in Siria comunque cambiasse le dinamiche del conflitto. Come appena scritto, il successo della Siria, abbattendo un F-16 israeliano, conferma che l’equilibrio militare in Medio Oriente cambia. Qualcosa che andava oltre le capacità della Siria fino a poco tempo prima, l’abbattimento di un aviogetto da combattimento israeliano nello spazio aereo israeliano è accaduto. E grazie all’intervento della Russia nel conflitto siriano, senza di cui i militari siriani non avrebbero abbattuto aerei israeliani, e non ci sarebbero stati addestramento, consiglieri e supporto tecnico russi per le Forze Armate siriane, dandogli la possibilità di abbattere aerei israeliani. Spostare la bilancia militare in Medio Oriente non era intenzione dell’intervento della Russia in Siria; tuttavia ne è il prodotto. Allo stesso modo, l’avvertimento della Russia ad Israele a non reagire all’abbattimento dell’F-16, aggravando la situazione, non fa schierare la Russia nel conflitto tra Israele e Siria; tuttavia l’effetto è proteggere la Siria dalle azioni israeliane che sarebbero avvenute in risposta all’abbattimento dell’F-16, se la Russia non fosse presente in Siria e non avesse avvertito Israele. Il risultato è che la Siria ha abbattuto un F-16 israeliano e non ha subito conseguenze. Sebbene il conflitto arabo-israeliano continui, ed Israele e Siria continuino a prendere provvedimenti contro l’altro, la dinamica del conflitto è cambiata.

 

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