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 20 Ottobre 2019

 

L’ebollizione in Catalogna deciderà il destino della UE

di Anatoly Wasserman

Traduzione e Nota di Luciano Lago

 

La Catalogna, a più di due anni dal referendum sulla sua indipendenza, ribolle di nuovo.

 

Nelle più grandi città della regione catalana, sono scoppiate le rivolte. La polizia disperde migliaia di manifestazioni con gas lacrimogeni e manganelli di gomma. In risposta, la folla blocca aeroporti e agenzie governative. Le barricate fatte da pneumatici stanno bruciando a Barcelona.

 

I dimostranti manifestano apertamente contro il verdetto pronunciato contro gli organizzatori del referendum: da 9 a 13 anni di carcere. Secondo stime approssimative, almeno un milione di persone provenienti solo dalle cinque maggiori città catalane si stanno radunando nella capitale dell’autonomia – Barcellona. Lo sciopero generale catalano è previsto a breve. E questo è già cosa molto seria: la Catalogna costituisce quasi un quarto del prodotto interno lordo della Spagna.

 

Ma il governo spagnolo, non solo per motivi di denaro, ha dichiarato illegale il referendum, quello di due anni fa e ha cercato di prevenirlo con la forza. Fatto che, per inciso, ha contribuito notevolmente al voto per l’indipendenza: secondo stime preliminari, la maggioranza inizialmente intendeva mantenere l’unità con la Spagna, vantaggiosa per l’agricoltura. Ma all’interno dell’Unione Europea, il ragionamento sull’Europa delle regioni, sull’Europa delle nazioni e non sull’Europa degli stati è molto di moda. Beh, in effetti, sembra più conveniente per Barcellona o Edimburgo (Scozia) presentarsi direttamente a Bruxelles, piuttosto che attraverso Madrid o Londra.

 

Ma bisogna ricordare in chiaro: più grande è l’unità manageriale, più questa ha la capacità di resistere agli errori di un’autorità centrale superiore. Dicono che la Germania controlla l’UE in misura prevalente rispetto alla stessa UE -la Germania. Ma Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo, anche insieme, non sono in grado di influenzare le decisioni in cui non è richiesta l’unanimità.

 

Madrid ha già chiarito: se Bruxelles sostiene Barcellona, tutta la Spagna, compresa la Catalogna, verrà ritirata dall’UE. Solo perché né la Catalogna senza la Spagna, né la Spagna senza la Catalogna potrebbero mantenere neppure l’attuale grado di indipendenza.

 

Si scopre che il destino dell’UE è ormai deciso non tanto nel dibattito del parlamento britannico, ma per le strade delle città catalane.

Anatoly Wasserman, RenTV

 

Nota:

Non è un mistero che la rivolta catalana è appoggiata da quelle stesse centrali finanziarie che hanno interesse a disgregare le singole nazioni europee e questo si può ottenere sia con le “rivoluzioni colorate” sia con la destabilizzazione sociale derivante dall’afflusso massiccio di migranti dall’Africa e dal Medio Oriente. Varie inchieste hanno dimostrato che la Open Society di George Soros ha finanziato il movimento secessionista catalano attraverso Jordi Vaquer, il finanziere catalano che dirige il ramo spagnolo dell’organizzazione di Soros, la Open Society Initiative for Europe (OSIFE) che svolge nello stesso tempo la funzione di megafono del movimento secessionista. Questo spiega l’appoggio dei settori globalisti alla secessione catalana che in alcuni paesi, è vista erroneamente come un movimento autonomista.