L’insostenibilità economica e sociale del nuovo trattato franco-tedesco

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Italia News: breve analisi del trattato di Aachen/Aquisgrana

di Fabio Lugano

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21 Gen 2019

 

Francia: dal Trattato di Aquisgrana a quello del Quirinale

di Jean-Pierre Darnis

 

Il nuovo trattato franco-tedesco che viene firmato ad Aquisgrana rinnova il Trattato dell’Eliseo. Firmato nel 1963, ha rappresentato un passo importante nella riconciliazione tra le due nazioni, illustrando anche la volontà di Charles De Gaulle di rilanciare la costruzione europea in chiave inter-statale.

Due tipi di misure hanno conosciuto una particolare fortuna. Prima di tutto, il trattato ha promosso con grande impegno l’insegnamento delle lingue reciproche e lo sviluppo di relazioni culturali con l’opera dell’Ufficio per la gioventù franco-tedesca. Il trattato ha anche istituito sistematiche riunioni bilaterali a livello ministeriale, nonché procedure di scambio di informazioni e di alti funzionari.

Molti attori governativi francesi e tedeschi sottolineano l’importanza degli scambi e del modus operandi bilaterale: si è creato un circuito di cooperazione poi rafforzato dal vero e proprio ‘Erasmus di alti funzionari’ sviluppato da Francia e Germania, con i dirigenti di un Paese che lavorano in modo integrato nell’altro, e non in rappresentanza del loro Paese di origine. Con il passar degli anni, una tale cooperazione ha contribuito a consolidare la conoscenza dei meccanismi del partner, rinforzando la capacità di elaborare posizioni comuni.

Il rapporto Parigi-Berlino come motore dell’Europa
La Francia e la Germania sono due Paesi assai diversi dal punto di vista politico e istituzionale: una repubblica presidenziale centralizzata la prima, mentre la seconda ha un carattere parlamentare e federalista. Rappresentando due culture politiche divergenti, la cooperazione non è automatica e molto spesso si presentano tensioni, anche a causa di una storia passata particolarmente difficile. Però possiamo constatare quanto il rapporto fra Francia e Germania sia strutturale per l’Europa.

La chiave sta nella ricerca quasi obbligata di un compromesso fra i due Paesi, una posizione mediana spesso capace di trascinare l’intera Europa, sia per il peso specifico dei due Stati membri, sia per la possibilità di esprimere una sintesi fra Europa del Nord ed Europa del Sud. Siamo ben lontani, quindi, da quello che viene descritto da alcuni analisti italiani come un “asse franco-tedesco”, ovvero una specie di intesa ferrea mirante a spartirsi il potere escludendo gli altri. In Francia o in Germania si usa il termine “motore” per descrivere questo rapporto, insistendo quindi sul suo carattere dinamico.

Il nuovo Trattato di Aquisgrana si presenta in grande continuità con la versione precedente. Possiamo rilevare l’aggiunta di una clausola di difesa comune:una novità dal punto di vista bilaterale, che non dovrebbe però cambiare l’atteggiamento francese e tedesco all’interno della Nato, ma che potrebbe segnare un’ulteriore volontà di proseguire la costruzione della difesa europea, anche tramite l’integrazione differenziata.

Molti avrebbero voluto un nuovo trattato più ambizioso. Invece, il nuovo Trattato di Aquisgrana rimane fondamentalmente un meccanismo di cooperazione senza una vera e propria convergenza politica, il che illustra l’attuale equilibrio fra tendenze europeiste integrazioniste e spinte nazionaliste.

Italia: la grande esclusa verso un accordo con la Francia?
Il rinnovo del trattato franco-tedesco pone con forza la questione della posizione italiana in materia. Per decenni l’Italia si è sentita esclusa da questa relazione privilegiata e non ha perso occasione per stigmatizzare il rapporto tra Francia e Germania. Il ciclo negativo di relazioni fra Parigi e Roma, iniziato negli anni Duemila, ha portato a un accumularsi di problematiche che richiedono soluzioni più durature del semplice vertice bilaterale annuale franco-italiano. Per questo motivo è stata lanciata durante il summit bilaterale di settembre 2017 l’idea di un trattato detto “del Quirinale”, che avrebbe ripreso il meccanismo franco-tedesco adattandolo alla relazione franco-italiana.

All’inizio del 2018 è stata istituita una commissione bilaterale di esperti incaricati di elaborare questo testo, ma l’iniziativa si è poi completamente arenata con il cambio di maggioranza in Italia nella primavera del 2018. Fino ad allora, le numerose difficoltà settoriali, come ad esempio il problema dell’acquisto della francese Stx da parte di Fincantieri, vedevano i governi Macron e Gentiloni opporsi senza tuttavia diventare nemici politici.

Con l’avvento in Italia della maggioranza M5S/Lega, abbiamo assistito alla crescita di un’opposizione politica spesso espressa da dichiarazioni critiche fra Emmanuel Macron e Matteo Salvini. Entrambi i leader hanno utilizzato il rigetto dell’altro come cemento ideologico per il proprio campo. Così siamo anche giunti a uno dei momenti più difficili in termini di relazioni fra i due Paesi, con l’assenza di un vertice bilaterale nel 2018.

Anche se le acque si sono parzialmente calmate, perlomeno da parte francese, dove Macron si trova impegnato a gestire la crisi dei gilets jaunes – un fattore che porta ormai il governo e le forze politiche a una posizione europea più circospetta anche dal punto di vista delle future alleanze nel Parlamento europeo -, non si percepiscono segnali di rianimazione di un Trattato del Quirinale ormai quasi in uno stato di morte  clinica.

Un accordo vantaggioso per entrambe le parti
La situazione è assai contraddittoria. La firma di questo trattato sarebbe estremamente utile, anche per meglio gestire i numerosi dossier in sofferenza fra Parigi e Roma. Non va dimenticato che l’alto numero di problemi tra i due Paesi corrisponde a una relazione di particolare e crescente intensità nel contesto post Brexit. La firma permetterebbe a Roma di accedere allo stesso tipo di rapporto che esiste tra Francia e Germania, riducendo quindi il risentimento italiano ogni volta che Parigi e Berlino si muovono insieme su determinati dossier.

Sarebbe inoltre auspicabile che Francia e Italia potessero meglio coordinare le loro strategie di politica economica europea, largamente convergenti, anche in una chiave di maggiore dialettica con Berlino, ad esempio per ottenere più flessibilità budgetaria dall’Unione europea. Politicamente, però, sembra difficile pensare oggi che i governi di Roma e Parigi accettino di sedersi intorno a un tavolo per firmare un trattato che altro non può essere che di amicizia e collaborazione.

Paradossalmente, gli interessi nazionali italiani – ma anche quelli francesi – dovrebbero logicamente portare alla firma di un’intesa che però la difesa di nazionalismi dubbiosi sembra rendere inconcepibile. Per il momento, il Trattato del Quirinale rimane nel coma, anche se basterebbero un paio di scosse per rianimarlo. Speriamo che qualcuno usi il defibrillatore al più presto.

 

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