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29/08/2019

 

Due donne guidano la rivolta contro BoJo. Le dimissioni di Davidson e la battaglia legale di Miller

By Giulia Belardelli

 

La leader dei conservatori scozzesi Ruth Davidson lascia il partito dopo la decisione di Johnson di sospendere il Parlamento. E l'avvocata Gina Miller torna alla carica in Tribunale

 

Ha il volto di due donne la resistenza di chi nel Regno Unito si sta opponendo alla spregiudicata mossacon cui Boris Johnson ha deciso di sospendere il Parlamento per sabotare i tentativi di evitare una “no deal Brexit”. Da un lato c’è Ruth Davidson, la leader dei conservatori scozzesi, che oggi ha annunciato le sue dimissioni dal partito menzionando “il conflitto vissuto sulla Brexit”. Dall’altro Gina Miller, l’avvocata già nota per le sue battaglie legali che avevano ridato al Parlamento voce in capitolo sull’uscita del Paese dall’Unione europea.

 

Davidson, che nel referendum del 2016 si era schierata a favore della permanenza nell’Ue, ha spiegato in una lettera le ragioni private delle sue dimissioni: la preoccupazione, da madre di un bambino piccolo, di non riuscire a svolgere al meglio la campagna elettorale per le elezioni del 2021.

 

Ma la tempistica con cui ha deciso di rendere pubblica la sua decisione è già di per sé una dichiarazione politica. E poi c’è un passaggio della lettera che merita di essere sottolineato:

“Mentre non ho mai nascosto il conflitto che ho provato sulla Brexit, ho cercato di tracciare per il nostro partito un percorso che riconoscesse e rispettasse il risultato del referendum, cercando al tempo stesso di massimizzare le opportunità e minimizzare i rischi per i settori chiave dell’economia scozzese. Spero e credo che industrie così diverse come la pesca e i produttori di whisky si siano sentiti ben rappresentati dai conservatori scozzesi durante questo periodo”.

 

Ma quel tempo è finito, è il proseguo implicito della lettera di Davidson, il cui passo indietro – scrive il Guardian – è considerato un duro colpo non solo per il suo partito, ma per il futuro dell’unione.

Dopo aver conquistato la leadership del partito nel 2011, all’età di 32 anni, Davidson ha condotto un rimodellamento completo dei Tories scozzesi, cambiandone la narrazione e portando ai vertici del partito persone di talento.

Alle elezioni parlamentari scozzesi del 2016, il partito ha raggiunto la sua migliore prestazione in un quarto di secolo, spingendo i laburisti scozzesi al terzo posto. Un successo che si è ripetuto l’anno dopo nelle elezioni generali, quando i 13 parlamentari scozzesi eletti nelle fila dei Tories sono stati determinanti per il prosièguo dell’esperienza di governo di Theresa May.

Del resto, Davidson aveva già messo in chiaro che non avrebbe mai sostenuto una Brexit senza accordo con l’Ue durante la prima visita di BoJo in Scozia. In conferenza stampa ha ribadito il concetto. “Il modo più semplice per evitare una Brexit senza accordo, è votare un accordo”.

“Avete avuto tre opportunità e le avete respinte tutte, non respingete la quarta”, ha ammonito rivolgendosi ai parlamentari. “Chiarite che se un accordo tornerà ai Comuni, voterete a favore, e fate sapere all’Ue che lo farete in modo che capiscano che c’è una ragione per riaprire i negoziati”, ha suggerito Davidson.

L’altra protagonista di questa giornata è Gina Miller, l’avvocata, attivista e filantropa che già nel 2016 era riuscita, attraverso i tribunali, a imporre un passaggio in Parlamento prima dell’attivazione dell’articolo 50 sulla Brexit. Miller ha presentato una richiesta urgente all’Alta Corte per una revisione giudiziaria della richiesta di Johnson di sospendere il Parlamento. La sua contestazione non è nella forma – l’istituto della “prorogation” è infatti perfettamente legale – ma negli “effetti” che la mossa produce in questo particolare momento storico, a un passo dalla deadline del 31 ottobre.

 

“Si tratta di un tentativo sfacciato, di portata davvero storica, di impedire che l’esecutivo venga considerato responsabile della sua condotta davanti al Parlamento”, ha tuonato Miller, citata dal Guardian.

La Miller aveva già chiesto spiegazioni all’ufficio legale del governo britannico in merito a una possibile sospensione del Parlamento, ma nella risposta ricevuta il 27 agosto, ovvero il giorno prima dell’annuncio di Johnson, si ribatteva che si trattava solo di una ipotesi “accademica”. “Ora è chiaro che si tratta di una “realtà”, ha detto Miller. L’attivista ha chiesto all’Alta Corte di pronunciarsi prima del 9 settembre, dato che la sospensione comincerà fra quella data e il 12 settembre.

Analogamente gli avvocati del partito nazionalista scozzese saranno domani in tribunale a Edimburgo per chiedere alla Corte civile scozzese di anticipare l’udienza che era già stata fissata il 6 settembre. Già a metà agosto l’Snp aveva infatti chiesto al tribunale di pronunciarsi sulla possibilità di una sospensione dei lavori del Parlamento.

Intanto, la petizione online sul sito petition.parliament.uk contro la sospensione del Parlamento ha raccolto quasi 1,4 milioni di firme, a meno di un giorno da quando è stata lanciata. Il testo della petizione afferma che “il Parlamento non deve essere prorogato o sciolto a meno che e fino a quando” il divorzio del Regno Unito dall’Ue non sarà rimandato o annullato. Il fronte anti-Boris non è mai stato così compatto.

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