Fonte: Accademia nuova Italia

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08/09/2019

 

Te la do io la piattaforma Rousseau

di Francesco Lamendola

 

Vedere Luigino Di Maio, dopo qualche giorno di batticuore (per la sua poltrona) e di gioco a nascondino col PD, presentarsi alle telecamere e annunciare, col più smagliante dei sorrisi, che la prova è stata brillantemente superata e che la consultazione on-line del popolo dei 5 Stelle ha confermato, con percentuali bulgare, l’inciucio inverecondo e indigeribile (79% di sì contro 21%  di no) è stato uno spettacolo che milioni di italiani avrebbero preferito fosse loro risparmiato. Facciano pure quel che vogliono, i signori del palazzo e delle poltrone, ma per favore, questa farsa della democrazia diretta e telematica ce la potevano e ce la dovevano risparmiare. Tanto, ormai la maschera è scivolata loro dal viso e tutti possono vedere, se hanno ancora occhi per farlo, e tutti hanno capito, se dispongono ancora di una materia cerebrale per pensare. Possono sfuggire i particolari, ma l’essenza della commedia è chiara: il governo 5 Stelle-PD si doveva fare ad ogni costo; le elezioni, orribile sopravvivenza di epoche barbariche e incivili, andavano scongiurate assolutamente; Salvini doveva essere neutralizzato, cacciato dal governo facendolo pure apparire come colui che ha rovesciato il tavolo, e la fiducia del mondo civile ristabilita (insieme a quella delle agenzie di rating). Tutti hanno capito che era solo una ignobile farsa per guadagnare un po’ di tempo e salvare un minimo le apparenze, mettere una foglia di fico sulle pudenda di un oltraggio alla democrazia quale raramente si era visto pefino nella spregiudicata e buffonesca Repubblica di Pulcinella. Che un governo di sinistra dovesse uscire da una manovra di palazzo per la stessa porta dalla quale era entrato un governo di segno opposto, sull’onda delle elezioni del marzo 2018 che avevano dato una indubbia maggioranza allo schieramento di centro-destra, questo era deciso nel copione ancora prima che venisse scritto. Lo volevano tutti, ma proprio tutti: da Mattarella a Bergoglio, dalla UE alla CEI, dalla Merkel a Macron e da Soros a Trump. Può bastare? E pazienza se il popolo italiano aveva espresso tutt’altra volontà e tutt’altro orientamento. La democrazia, in fondo, che altro è, se non il giocattolo che si dà in mano ai popoli-bambini, quando si tratta di questioni irrilevanti? Ma se il gioco si fa serio, allora non lo si può lasciare condurre a dei bambini; ci vogliono i professionisti. E i professionisti autonominati sono i signori del Bilderberg e quelli della Trilaterale; sono i finanzieri ebrei-americani ed è l’asse franco-tedesco nato dal Trattato di Aquisgrana. Del resto, costoro non lo hanno mai nascosto: ci sono dei casi nei quali la volontà popolare deve essere sospesa e le decisioni devono passare agli oligarchi, i quali hanno la scienza per decidere cosa sia meglio fare: nel loro interesse, ovviamente, e non in quello dei popoli. I popoli, le nazioni, le identità, gli stati, le frontiere, le monete sovrane, tutta questa roba è ciarpame del passato. Ora bisogna procedere alla costruzione del Mondo Nuovo; e qualche decina di persone è più che sufficiente.

Ed è così che nascono le carriere strane, velocissime, inspiegabili, come ha fatto notare anche l’ottimo Francesco Amodeo: è così che dei signori nessuno improvvisamente escono allo scoperto, baciati dalle luci della ribalta, mietono successi e simpatie, trovano il consenso internazionale e quello dei poteri finanziari (visto come è subito ridisceso lo spread, non appena Conte ha annunciato l’intenzione di formare il suo nuovo governo?; neanche avesse la bacchetta magica). Carriere politiche, carriere amministrative, carriere professionali: questi Renzi e questi Monti, queste Gruber e queste Maggioni, queste scalate spettacolari al successo, al potere, alla popolarità, che ci vengono presentate come naturali, anzi che non vengono spiegate affatto, ma presentate come dati di fatto, alla faccia del giornalismo serio, che dovrebbe spiegare alla gente cosa succede e  perché. Di Mario Monti, ad esempio, cosa fu detto dai mass-media  nel 2011, quando fu messo (come poi si è capito) dalla BCE a sottomettere e distruggere l’economia italiana? Che era un professore della Bocconi; e “bocconiano” fu l‘appellativo abituale che gli venne riservato, per metà scherzoso e per metà ammirativo. Ma non dissero la cosa principale, che era un Bidlerberger; e sussurrarono come cosa incidentale e quasi secondaria che fosse stato direttore della Goldman Sachs. La stessa banca che aveva innescato la crisi mondiale da cui l’Italia fu investita e travolta nel giro di pochi anni. Curioso, vero? Sarebbe come presentare Adolf Hitler come ex caporale dell’esercito tedesco o magari come ex pittore da strada, e non come capo del Partito Nazionalsocialista. E di Giuseppe Conte, cosa ci hanno detto i mass-media? Che è un avvocato di Foggia, un professore universitario, nonché un devoto di Padre Pio da Pietrelcina. Benissimo. Ma cosa non hanno detto? Che è sempre stato un uomo di sinistra, già vicino al PD e presente in Parlamento dal 2013, cioè da sei anni, con un incarico piuttosto importante, quello di vicepresidente del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa; e inoltre un protetto del cardiale Achille Silvestrini, recentemente scomparso: il quale Silvestrini, per chi ancora non lo sapesse, era il regista della mafia di San Gallo, quella che ha mandato a casa Ratzinger e taroccato l’elezione di Bergoglio. Non dicendo queste cose, si è fatto in modo che ciò che poi è accaduto, il ribaltone dell’estate e la nascita del Conte Bis, non più sovranista ma europeista e immigrazionista, non più populista ma progressista, fosse impensabile e imprevedibile, e che il campo rimanesse libero per la doppia capriola mortale del premier, passato da turista della politica, digiuno di giochi e giochetti, a espertissimo e scaltrito navigatore dei meandri più oscuri del Palazzo, rotto alle astuzie più raffinate. Che strani questi giornali che non informano, questi telegiornali che non dicono, questi giornalisti che non fanno il loro dovere. Oppure lo fanno? Dipende da cosa s’intende per fare il proprio dovere. Se è quello di servire fedelmente il proprio datore di lavoro, sono tutti eccellenti professionisti. E tanto peggio per il popolo bue che compra il giornale e ascolta il telegiornale credendo e sperando che gli verranno dette le cose, tutte intere, in modo che possa orientarsi e comprendere, e non le cose che qualcun altro vuole che lui sappia o non sappia. Si vede che vive ancora nel mondo di Biancaneve e di Cappuccetto Rosso: e non ci sono attenuanti per chi vive al di fuori del principio di realtà.

E ora torniamo al “voto” grillino sulla piattaforma Rousseau. Che Di Maio abbia presentato quell’evento come il non plus ultra della pratica democratica, è scritto nel gioco delle parti; ma che i mass-media lo abbiano ripetuto e che l’opinione pubblica lo prenda per buono, questo va oltre i limiti della decenza, oltre che della verità. La democrazia di un Paese di sessanta milioni di abitanti è appesa alla consultazione di qualche migliaio di persone: ma stiamo scherzando? Gli elettori che hanno votato per il Movimento 5 Stelle alle ultime consultazioni politiche sono stati oltre 10 milioni; ma quelli che si sono espressi sulla piattaforma Rousseau erano circa sessantamila, e quelli che lo hanno fatto effettivamente, non si sa quanti siano. Si sa che trattandosi di un programma informatico privato, non c’è alcuna possibilità di controllo da parte di terzi: bisogna stare a quel che dicono loro. E questa sarebbe trasparenza? Si sa anche che il sì plebiscitario premia l’entrata a gamba tesa di Beppe Grillo, che sempre più si rivela non solo come l’ideatore e il fondatore, ma come l’eterno padre padrone del movimento: una strana coincidenza, non è vero? Vogliamo dire: fino a qualche giorno fa non c’era un parlamentare grillino che non escludesse categoricamente qualsiasi alleanza, qualsiasi inciucio (erano loro ad usare questa parola) col PD; lo hanno definito il partito di Bibbiano, il partito dei delinquenti che ha portato l’Italia alla rovina. E adesso ci vanno insieme, d’amore e d’accordo, per il bene del Paese e per senso di responsabilità. Davvero i dieci milioni di elettori che hanno votato per il Movimento nel marzo del 2018 desideravano questo? Non c’è per caso una truffa, un imbroglio, un tradimento colossale della volontà degli italiani, un oltraggio mai visto al concetto stesso di democrazia? Con quale faccia si presenteranno ancora al voto, dopo una simile capriola? Logico che facciano di tutto per scansarlo: ne hanno paura. Ma chi ha paura di andare a votare, non crede nella democrazia; crede, come i signori del Bilderberg, che la democrazia vada pilotata, instradata, e, se necessario, un tantino manipolata, per condurre i popoli là dove hanno deciso quelli che sanno cosa è bene per il mondo: gli oligarchi della finanza internazionale. Quelli del Britannia, a bordo del quale c’era anche – e la  notizia non è mai stata smentita – Beppe Grillo. E allora, di che meravigliarsi, ora? Il Movimento 5 Stelle è stato pensato e creato per catturare il malcontento degli italiani verso la classe politica, per neutralizzarlo e anestetizzarlo, e riciclarlo in un rinnovato sostegno nei suoi confronti: una vera operazione di magia (nera). E infatti Gianroberto Casaleggio era un genio in materia, il vero genio del Movimento; Grillo era il comico smaliziato, ci metteva la faccia a trascinava le folle. La massoneria, dietro le quinte, annuiva e benediceva.

Così, eccoci arrivati alla nuda essenza del potere: dopo tante speranze e tante illusioni, dopo tante giravolte e piroette, siamo arrivati alla verità nuda e cruda: il popolo può pensare quel che vuole, può dire quel che vuole, ma alla fine decidono sempre loro, i rappresentanti dell’oligarchia. Che non è nemmeno un’oligarchia nostrana, è un’oligarchia internazionale, che si serve dei nostri uomini politici per sottomettere l’Italia attraverso degli uomini di paglia. Vi ricordare quando Mattarella si rifiutò di firmare la nomina di Savona a ministro dell’Economia - gesto irrituale, mai visto, al limite della costituzionalità, oltretutto presentato agli italiani come dettato dalla preoccupazione di difendere i loro risparmi -, e il Conte 1 rischiò di naufragare? C’era stata una telefonata di Attali, il deus ex machina di Macron, a Napolitano: tra fratelli di loggia ci s’intende; poi una telefonata di Napolitano a Mattarella: Questo ministro non s’ha da fare. E non si fece. Alla faccia della democrazia. Anche allora, chi voleva capire, aveva gli elementi per capire; per chi voleva vedere, lo spettacolo era chiaro. In tema di telefonate, c’è poi la telefonata di Angela Merkel all’ex premier Gentiloni. Nel bel mezzo dei capricci e delle bizze del PD per arraffare più poltrone possibili, cosa che stava per far saltare l’intesa con i 5 Stelle, la cancelliera ha preso il telefono e ha chiamato il suo amico del PD per dirgli, chiaro e tondo: Questo governo s’ha da fare. E lo si è fatto, in tempi da record. Le resistenze sono cadute, il PD ha moderato le pretese, ha persino fatto un po’ di spazio a tavola per i compagni di L.E.U., purtroppo necessari per strappare una risicata maggioranza numerica, e anch’essi vogliosi di poltrone, e Di Maio ha superato felicemente lo scoglio della votazione interna, ottenendo il mandato del suo “popolo”. Secondo la volontà di Beppe Grillo. Perfetto: tutto fila come un meccanismo ben oliato, non c’è una nota fuori posto, un elemento che sfugga alle previsioni. I brutti e i cattivi, Lega e Fratelli d’Italia, sono messi all’angolo, esclusi, ininfluenti, irrilevanti: anche se, insieme, se si votasse oggi, raggiungerebbero la maggioranza dei voti, probabilmente da soli e senza bisogno dell’apporto, eternamente ricattatorio, di Forza Italia. Ma questo è appunto quel che non deve accadere e che non accadrà. Intanto, come premio ai fedeli vassalli che hanno prontamente eseguito i voleri della Merkel e di Macron, lo sperad è gentilmente, dolcemente sceso in giù, come non accadeva da mesi, fino a quota 150. Lo zuccherino che si dà al cagnetto per premiarlo della sua obbedienza. Bravo Fido, continua così; la prossima volta te ne do un altro. Anche Moscovici è felice e contento come una pasqua, brinda a champagne per la caduta di Salvini e per l’avvento del Conte Bis, il governo perfetto dell’Italia perfettamente infeudata alla BCE: cosa chiedere di più alla vita?

Quanto alla corte del signor Bergoglio, dei vari Parolin, Paglia, Galatino, Bassetti & Co., si potrebbe immaginare un giorno più lieto di questo, una più felice congiunzione di circostanze? E se a quelle tali circostanze è stato dato un aiutino; se i cardinali massoni hanno sponsorizzato e benedetto l’intera operazione, dando una spinta al premier e creando l’atmosfera adatta (misericordiosa e inclusiva) e i teologi di sinistra e i direttori dei giornali ex cattolici – Spadaro, Rizzolo, Tarquinio – hanno lavorato bene, dispiegando tutte le loro risorse dialettiche e pubblicitarie, allora ciò vuol dire che il Vaticano è pur sempre una squadra, una quadra efficiente, che porta a casa il risultato, mica scherzi: fatti e non parole. E intanto Bergoglio, per blindare anche il post-Bergoglio, nomina 13 nuovi cardinali (neppure l’ascensore rotto è riuscito a fermarlo), di cui 10 destinati al collegio degli elettori del futuro conclave, per esser certo, assolutamente certo, che indietro non si tornerà. Dopo di lui ci sarà un altro Bergoglio, così come dopo il Conte 1 è risorto dalla ceneri, senza perdere neanche una battuta, il Conte Bis (e pazienza se Conte 1 aveva detto, testualmente: la mia esperienza politica finisce qui. Non sarò a capo di un altro governo, con una maggioranza diversa). Tanto, le parole non costano niente, specialmente in Italia. Si può dire tutto e il contrario di tutto: si fa per dare aria alla bocca. Anche Giggino Di Maio aveva giurato e spergiurato che l’inciucio con i Dem, lui, non l’avrebbe fatto manco a morire. E infatti non ha perso un minuto a farlo: con un sorriso a trentadue denti, e una luce di soddisfazione negli occhietti furbi. Evviva, bisogna suonare le trombette e tirare un po’ di coriandoli: tutto va secondo il copione della Repubblica di Pulcinella...

 

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