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04/07/2019

 

L’imperialismo dei diritti umani ha bisogno di mostri inumani (come Salvini)

 

Il predecessore di Matteo Salvini al Ministero degli Interni, Marco Minniti ha dichiarato che sarebbe stato in grado di risolvere il caso Sea Watch in cinque minuti. Lo stesso Minniti non ha però chiarito bene il “come” l’avrebbe risolto. Per farsene un’idea occorre andare a quanto accaduto quasi due anni fa, nel novembre del 2017, quando la stessa Sea Watch ebbe una sorta di scontro con la Guardia Costiera libica, il cui risultato fu la perdita in mare di circa quaranta migranti. In quell’occasione il solito Roberto Saviano accusò in un tweet l’allora ministro degli Interni Minniti di avere le mani sporche di sangue per aver sostenuto, finanziato e addestrato la Guardia Costiera libica. 
Più sbirro che politicante, Minniti aveva fatto la scelta di allontanare il controllo delle frontiere dalle coste italiane, mentre Salvini ha imbroccato decisamente la strada della spettacolarità per gasare i suoi elettori. Il controllo dei confini è sempre brutale, lo era anche col precedente governo a guida del PD, ma Salvini potrebbe invocare a sua discolpa il fatto che la linea più spettacolare non sempre è la più cruenta. 
Il problema è che Salvini, interpretando la parte del macho e del fascista, favorisce la presentazione mediatica del proprio Paese come uno Stato canaglia, esponendolo a rischi sicuramente più gravi di quelli che, secondo lui, sarebbero rappresentati dal passaggio di qualche migrante. Le questioni di immagine sono spesso considerate secondarie, come se si trattasse di un mero timore del giudizio altrui. Va invece considerato che c’è il precedente del Buffone di Arcore nel 2011. Anche allora l’immagine internazionale di un Presidente del Consiglio pagliaccio gaudente venne usata come pretesto per attuare un colpo di Stato ed una spremitura finanziaria dell’Italia. Anche allora l’aggressione esterna trovò una sponda in una parte dell’opinione pubblica, che salutò quell’aggressione come una liberazione, senza neppure accorgersi che il vero bersaglio del colpo di Stato non era il Buffone, bensì la soluzione costituzionale delle elezioni anticipate. 
L’Italia è da otto anni oggetto di un mobbing; e a livello internazionale le modalità di un mobbing non sono diverse da quelle che si verificano in un posto di lavoro. Reazioni sbagliate ad un mobbing sono sia la sottomissione, stile Buffone di Arcore, sia la voce grossa alla Salvini, poiché entrambe agevolano la prosecuzione e l’inasprimento del mobbing stesso. Il fatto che la proposta di procedura d’infrazione per debito eccessivo sia stata ritirata dalla Commissione Europea, cambia poco il quadro; anzi conferma il rischio che i pretesti di aggressione si spostino dal piano economico a quello umanitario, dove si può fare maggiormente leva sull’emotività e l’indignazione. 

La concezione gerarchica secondo cui esistono intoccabili Stati di serie A e poi reietti Stati di serie B e di serie C, con cui si può far quel che si vuole, è entrata ormai nel senso comune. Dispiace che anche uno scrittore/giornalista con un passato di battaglie civili come Andrea Purgatori, si sia fatto portatore di una concezione analoga. Secondo Purgatori la Libia non sarebbe affidabile per tutelare la vita dei migranti poiché li tiene in campi di concentramento ed anche perché la Guardia Costiera libica è tra le più corrotte. Bisognerebbe capire perché brutalità e corruzione nella gestione dei confini siano uno scandalo squalificante se riguardano la Libia e non se riguardino la Spagna, la Francia o gli USA. Il fatto che uno Stato sia troppo forte per essere accusato di qualcosa, diviene sinonimo di superiorità morale. 
In base ad un discredito dello stesso tipo, nel 2011 la Libia è stata oggetto di un’aggressione militare che l’ha gettata nel caos. Oggi questo caos viene strumentalizzato per impedire all’attuale governo libico di rientrare nei rapporti internazionali. Si crea così una sorta di circuito chiuso per cui un’emergenza umanitaria, vera o presunta, autorizza la destabilizzazione di un Paese, poi, dato che quella stessa destabilizzazione crea altre emergenze umanitarie, allora quel Paese non può più essere considerato un interlocutore. 
L’imperialismo dei diritti umani si legittima attraverso le emergenze umanitarie e non solo non le risolve, ma pone le condizioni per altre emergenze croniche che legittimano altro imperialismo dei diritti umani. La questione se le ONG siano propaggini dei servizi segreti, è persino secondaria rispetto al ruolo di simbolo della superiorità morale dell’Occidente che le stesse ONG svolgono. 

Salvare vite diventa infatti un ottimo pretesto per ammazzare gente e farci pure sopra degli affari. L’ideale umano non si realizza mai, bensì ha il solo effetto di creare un contrario, un nemico-simbolo: il mostro inumano, contro il quale tutto diventa lecito. Oggi anche l’Italia ha il suo bravo “mostro” sempre in prima pagina. Non è da escludere che questo possa diventare per le lobby commerciali e finanziarie un pretesto per ogni genere di aggressione all’insegna dei diritti umani. 
Il problema è che il “mostro” della xenofobia è stato generato dalla stessa propaganda dell’imperialismo umanitario. Il fantasma della sostituzione di popolazione infatti non è stato creato dai naziskin o da CasaPound. Quando Romano Prodi afferma che nei prossimi anni l’Europa avrà bisogno, a causa della denatalità, di cinquanta milioni di immigrati, le sue parole inevitabilmente sono percepite da gran parte dell’opinione pubblica come una minaccia di sostituzione di popolazione. Per la propaganda xenofoba non c’è neppure lo sforzo di inventare niente, ma basta usare le dichiarazioni di Prodi, della Bonino o della Boldrini. 
Prodi passa per persona preparata ma, a quanto pare, è un credulone passivo nei confronti delle boutade dei centri studi della Trilateral. Come si può pensare di spostare cinquanta milioni di persone senza destabilizzare i loro Paesi di provenienza? A quel punto andrebbe in secondo piano la questione migratoria, visto che bisognerebbe gestire una guerra mondiale. Il fantasma della sostituzione di popolazione è però utile a creare il mostro della xenofobia e quindi a mettere dalla parte del torto i Paesi che si vogliono colpire.

 

 

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